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NBA Finals 2019, Nick Nurse stupisce tutti: la sua box-and-one sorprende e diverte

NBA

Mauro Bevacqua

Utilizzata dall'allenatore di Toronto nell'ultima metà del quarto quarto per provare "a cambiare ritmo", ha fermato l'attacco di Golden State e confuso più di un giocatore: "Non la vedevo dai tempi di Davidson", ammette Steph Curry, marcato faccia-a-faccia da Fred VanVleet

GARA-3: DURANT FUORI, OTTIMISMO PER THOMPSON

OAKLAND — Meno di 6 minuti da giocare in gara-2, Golden State avanti di 12, speranze di vittoria che per Toronto sembrano sempre minori. Coach Nick Nurse chiama time out e chiede ai suoi: “Hey, sto pensando di fare una box-and-one: cosa ne dite voi?”. Il racconto arriva dalle parole stesse dell’allenatore esordiente dei Raptors, che racconta: “Mi hanno chiesto come l’avremmo eseguita in campo, così l’ho disegnata sulla lavagna segnando chi sarebbe stato dove. L’idea di avere Marc [Gasol] e Kawhi [Leonard] dietro, Kyle [Lowry] davanti [insieme a Pascal Siakam, dimenticato da Nurse nel racconto, ndr] e Fred [VanVleet] sulle tracce di Curry è piaciuta. Kyle è stato quello che ha detto subito: ‘OK, può funzionare’, e così l’abbiamo schierata. Eravamo tutti convinti potesse dare buoni risultati, e questo è fondamentale: i tuoi giocatori devono crederci per primi, e io sono uscito dal time out con l’idea che ne fossero convinti”. E se è vero che i Raptors non sono riusciti nel (semi) miracolo di recuperare 12 punti agli Warriors in meno di mezzo quarto di gioco, il punteggio sembra dimostrare che la box-and-one ideata da coach Nurse abbia funzionato nel disorientare l’attacco dei californiani: 1/7 al tiro da lì in avanti per Golden State, 2 palle perse, solo 3 punti segnati contro i 10 dei Raptors. “Solitamente anche in stagione regolare abbiamo usato molto delle zone quando il ritmo della partita non era quello che volevamo e in quel momento sentivamo di avere problemi a schierare la nostra difesa, problemi sotto canestro, problemi proprio col ritmo di gara. Così abbiamo scelto di provarla per rallentare un po’ il gioco, per cercare di subire meno i loro tagli: credo abbia funzionato proprio nel darci più protezione al ferro e sui tagli”. Un’intuizione non da poco, con la gara ancora da decidere, sul palcoscenico più importante — quello delle finali NBA — per un allenatore esordiente: “Ho solo provato a farmi venire un’idea per fermarli”, prova a minimizzare Nick Nurse. Ma già nel dopo partita, e ancora di più a 48 ore di distanza, la box-and-one rispolverata dal cassetto diventa argomento di discussione, anche perché Steph Curry a caldo non trova di meglio che definirla “janky defense”.

Una “janky defense”, per Steph Curry: ma che vuol dire?

Letteralmente janky si traduce come “scadente, di basso valore”, si potrebbe equiparare alla zonetta che spesso viene schierata anche sui campetti di periferia quando non si ha troppa voglia di difendere duro. Curry però prova a chiarire: “Non so bene neanch'io cosa volessi dire, forse è un termine di slang del nord o del sud Carolina che mi è tornato in mente dal mio passato; il vero significato non lo so neppure io ma suonava bene. Si è trattata di una mossa innovativa, sicuramente inaspettata, perché era da un bel po’ che non affrontavamo una difesa del genere. Le finali sono anche questo, bisogna aspettarsi di vedere in campo qualsiasi cosa perché in certi momenti la pura disperazione porta a suggerire chiamate del genere. Dobbiamo migliorare nell’adattarci a qualsiasi difesa, avremmo potuto fare meglio, creare tiri migliori: da gara-3 saremo ancora più preparati a tutto”. Anche Steve Kerr rende merito al collega avversario, definendo la box-and-one con Fred VanVleet francobollato a Steph Curry “molto efficace”. “La chiave di ogni zona è far cambiare il ritmo all’attacco avversario ed è quello che è successo, anche se riguardando la partita abbiamo avuto tiri smarcati che abbiamo soltanto sbagliato. Di solito una box-and-one è qualcosa su cui non puoi contare per lunghi periodi all’interno di una partita, la si vede più spesso in gare liceali che nella NBA. Anzi, non mi ricordo neppure l’ultima volta che l’ho vista, a questo livello”.

Ricordi sbiaditi per le ultime box-and-one

E così la domanda, “ma qual è stata l’ultima volta che vi siete ritrovati davanti una box-and-one?” è diventata quasi un tormentone: “Posso dirvi con certezza che quando avevo 15 anni ne schierarono una contro di me, per limitarmi, proprio come Toronto ha fatto con Steph. Per cui vuol dire che questo tipo di zona è in giro da parecchio…”, scherza lo stesso Kerr, tiratore mortifero da giocatore (“Contro di me invece non l’hanno mai schierata, non ero certo quel tipo di giocatore, questo ve lo posso assicurare”, gli fa eco Nick Nurse). “Con ogni probabilità l’ultima volta che l’ho dovuta affrontare avevo ancora la maglia dei Wildcats di Davison indosso”, dice Curry. “Alle medie, in qualche torneo AAU, forse al liceo”, azzarda DeMarcus Cousins, ma come al solito a mettere la parola fine a sorrisi e scherzi ci pensa Kawhi Leonard, replicante che esegue gli ordini ricevuti dal proprio allenatore e non si preoccupa del resto: “Cerchi solo di ascoltare quello che ti dice di fare e portare a casa la partita, per cui sono sceso in campo provando a eseguirla al meglio”. L’esperimento però non sembra averlo troppo convinto: “Un paio di volte in transizione ci siamo dimenticati che avremmo dovuto schierarla, per cui ci siamo messi ognuno al nostro posto in corsa, ma in generale non penso sia una difesa che possa funzionare per lunghi periodi. Ad esempio loro non avevano Klay [Thompson] in campo, e se dovesse tornare anche KD… Non penso che funzionerebbe”. Nick Nurse è avvisato.