Please select your default edition
Your default site has been set

NBA Finals 2019, scoppia il caso Lowry: le parole di LeBron James, la decisione della lega

NBA

Mauro Bevacqua

A mettere le mani addosso e insultare Kyle Lowry in gara-3 non è stato un semplice tifoso bensì un proprietario di minoranza degli Warriors, Mark Stevens. Pronta la condanna di giocatori, squadre e lega: squalifica e multa di mezzo milione di dollari per lui

SCARIOLO E LA RICETTA PER BATTERE GOLDEN STATE

DURANT FUORI ANCHE IN GARA-4, THOMPSON C'E'

OAKLAND — Sul momento soltanto il diretto interessato, Kyle Lowry, sembrava aver dato un certo peso — e una certa gravità — a quanto appena successo. Lanciatosi su una palla vagante che stava uscendo verso la linea laterale, la point guard dei Raptors era atterrato sulle prime file della Oracle Arena, travolgendo uno spettatore. Due posti più in là, un altro tifoso aveva pensato però bene di approfittare della confusione per assestare una spinta al giocatore di Toronto, un contatto (fisico) che aveva mandato su tutte le furie lo stesso Lowry, che tra i fischi della Oracle aveva a lungo protestato con gli arbitri dell’incontro, arrivando nel post-partita a chiederne “l’espulsione a vita da qualsiasi arena NBA”. Fast forward neppure 24 ore dopo e l’episodio ha finito per sollevare una enorme discussione, per vari motivi. Il primo: il tifoso in questione non è un semplice fan in prima fila bensì un proprietario di minoranza degli Warriors stessi, tale Mark Stevens. Secondo: sempre attento e vigile, anche LeBron James — che ha assicurato di aver seguito attentamente tutte le partite di playoff — è intervenuto sulla questione con toni molto decisi attraverso un messaggio sul suo account Instagram: “Non c’è ASSOLUTAMENTE spazio nel nostro BELLISSIMO sport per comportamenti del genere”, si legge all’inizio del suo post, in cui la superstar dei Lakers afferma che qualsiasi tifoso — a maggior ragione un proprietario di minoranza di una squadra — sa benissimo le implicazioni (e i potenziali) rischi di sedersi in prima fila, a pochi metri dall’azione di gioco. “Pensateci un attimo: cosa sarebbe successo se Kyle Lowry avesse reagito mettendo anche lui le mani addosso a questa persona? La gente sarebbe impazzita, arrivando probabilmente a chiedere di mandarlo in prigione, oltre che di squalificarlo per il resto delle finali solo per il suo tentativo di proteggersi da sé […] Non posso restare in silenzio su un fatto del genere e non ho nessuna intenzione di farlo”, promette “King” James chiudendo il suo post con gli hashtag #ProtectThePlayers e #PrivilegeAintWelcomeHere, come a far capire di attendersi una punizione esemplare verso il signor Stevens anche (se non soprattutto) visto il ruolo ricoperto all’interno della società.

Il primo provvedimento degli Warriors

E la punizione, infatti, arriva — almeno la prima in ordine temporale — direttamente dai Golden State Warriors, che in un comunicato ufficiale condannano quanto accaduto: “Il comportamento di Mr. Stevens non si confà agli alti standard che speriamo di incarnare come organizzazione. Siamo profondamente delusi dalle sue azioni e, unendoci a Mr. Stevens, vogliamo offrire le nostre scuse a Kyle Lowry e ai Toronto Raptors per quanto successo”, legge il comunicato, che nelle ultime righe lascia spazio al provvedimento adottato dalla società californiana: “Mr. Stevens non sarà più tra il pubblico da qui fino alla fine della serie”. Una punizione che però non soddisfa completamente ancora LeBron James, pronto a far sentire nuovamente la sua voce: “OK, bene, ma non abbastanza”, scrive. “Hanno fatto quello che dovevano fare ma bisogna schierarsi in prima fila, esponendosi di più, anche perché ci sono solo 4 partite al massimo rimaste (e solo 2 in casa di Golden State)”. Se James è in prima fila a far sentire la propria voce, l’intera associazione giocatori sceglie di far sapere con un proprio comunicato “di seguire da vicino l’intera faccenda, aspettando la conclusione e le conseguenti decisioni sia degli Warriors che della lega”, ricordando come la NBPA si sia da tempo schierata “verso una tolleranza-zero per comportamenti del genere che riguardano abusi fisici o verbali nei confronti dei giocatori. Lo status di Mr. Stevens come membro del gruppo di proprietà non cambia minimamente il nostro punto di vista al riguardo”.

Interviene la lega: condanna esemplare

Non tarda molto ad arrivare — sempre tramite un altro comunicato ufficiale — anche la decisione della NBA stessa al riguardo, che “in accordo con i Golden State Warriors”, annuncia “di impedire l’accesso a Mr. Stevens per un anno intero (prossimi playoff inclusi) a qualsiasi arena NBA, imponendogli una multa di 500.000 dollari”. Una decisione forte, attesa e caldeggiata da tanti, anche alla luce di una serie di episodi simili (il più famoso quello che aveva visto l’accesa interazione tra Russell Westbrook e un tifoso dei Jazz nello Utah) che già in passato avevano fatto preoccupare tanto la lega quanto i giocatori stessi. Giocatori che si sono schierati in gruppo a difesa di Kyle Lowry, apertamente elogiato ad esempio da Draymond Green: “Va ammirato il comportamento che è riuscito a tenere in una circostanza del genere. Sono le finali NBA, l’adrenalina è a mille, le emozioni sono fortissime: la sua reazione dice molto di che persona sia, un uomo di grandi valori che sa sempre come agire al meglio. Bisogna rendergli il giusto merito, si è comportato da vero professionista”, riconosce Green, aggiungendo come “se Lowry avesse reagito, le conseguenze sarebbero state ben più di una multa”.

Le parole di Kyle Lowry e il ringraziamento a LeBron

Appena prima di scendere in campo per allenarsi con la squadra, arrivano anche le parole di Kyle Lowry, che per prima cosa ringrazia gli Warriors e la lega per la loro posizione pubblica: “La lega ha un dovere: proteggere i propri giocatori, e così ha fatto”. Ma la sua riflessione si spinge più avanti: “Se fossimo stati in un altro contesto, magari avrei reagito differentemente — magari mettendogli anch’io le mani addosso — ma sono un uomo adulto, sono un padre di due bambini, so quanti ragazzini guardano la NBA e quindi capisco di dovermi comportare secondo determinati standard, che io stesso cerco di mantenere i più alti possibili”. Facile da dire, meno però da fare, soprattutto nei momenti decisivi di una partita di finale, vissuta sul filo del rasoio: “Non lo nascondo, ero furioso, mi ci è voluto un po’ per sbollire… Forse c’è stato un fallo, o abbiamo chiamato un time out, Marc [Gasol] è stato il primo a dirmi di riportare la mia concentrazione sulla partita, perché la mia squadra aveva bisogno di me”. Ma oltre alla voce di Gasol, a Lowry non è sfuggita neppure quella (via social) di LeBron James: “Gli ho scritto un messaggio e l’ho ringraziato per aver preso posizione pubblicamente. Mi ha risposto ringraziandomi a sua volta. LeBron è sempre stato molto attivo su qualsiasi questione sociale, è uno degli atleti più in vista e anche questa volta non ha mancato di far sentire la sua voce, schierandosi dalla parte di un suo collega. La cosa incredibile di LeBron è che fa sempre la cosa giusta, sempre: non ha sbagliato nulla in tutta la sua carriera. E per me significa molto il suo appoggio così come quello che ho ricevuto da tanti altri giocatori”. Poi le ultime parole di Lowry sono dedicate proprio a Mark Stevens: “Non ho ricevuto nessuna scusa e non mi importa riceverle ora: quello che doveva fare e dire lo ha già detto in quel momento, insultandomi e mettendomi le mani addosso. Non mi interessa conoscerlo né sentire le sue scuse: gente come lui non dovrebbe far parte della nostra lega, in nessun ruolo. Avrebbe potuto finire male, non ci sono dubbi. Ma sono una persona migliore di lui, i miei figli sono più importanti di quanto lo sia lui”.