“Attorno al proprio punto fermo, Kawhi Leonard, i Raptors continuano a dimostrare di avere il controllo mentale della serie”: male in gara-4 l’attacco di Golden State, capace di segnare solo 62 punti a difesa schierata
OAKLAND — Gara-4 conferma quanto visto finora in queste finali NBA: seppure “entrando in questa serie si pensava che Golden State potesse avere un vantaggio per via della propria esperienza — dice Davide Pessina, una delle voci di Sky Sport — la netta sensazione è che il controllo mentale ce l’abbia Toronto, perfetta dall’inizio alla fine per attenzione, applicazione, capacità di mettere in pratica il piano partita e soprattutto capacità di rintuzzare gli attacchi di Golden State ogni volta che è stata aggredita”. I campioni in carica — “dopo una gara-3 molto piatta, soprattutto dal punto di vista difensivo” — sono scesi in campo in gara-4 con tutt’altro atteggiamento, “mettendo pressione, mettendo fisicità e in qualche modo provando a a spaccare la partita da subito”. Toronto ha reagito bene, dice Pessina, ma quello che stupisce è la difficoltà offensiva incontrata dagli Warriors: solo “92 punti di cui 30 in contropiede, che non sono pochi, ma questo vuol dire 62 a difesa schierata. Meno movimento di palla, meno capacità di servire i tiratori — soprattutto Curry — nei momenti giusti e poco contribuito dal supporting cast”, troppo poco per battere un avversario motivato e incredibilmente ispirato. Perché i Raptors, afferma Pessina, sembra la squadra del destino, perché sta giocando con un’attenzione e una lucidità straordinaria e perché continua a trovare grandi protagonisti intorno ovviamente al punto fermo, Kawhi Leonard”. In gara-4 ha funzionato ancora una volta la difesa: “da lì è nato tanto del loro successo in questa serie, ma anche in attacco stanno continuando a costruire tiri buoni e le percentuali salgono di conseguenza. Nel primo tempo hanno sbagliato tanti tiri aperti ma ben costruiti; giustamente non han perso fiducia nel loro modo di giocare, hanno continuato a costruire buoni tiri e nel secondo tempo sono andati invece a bersaglio — e questo ha spaccato la partita”, anche grazie al contributo “di quelli che ingiustamente vengono chiamati giocatori di ruolo, gli Ibaka e i Gasol del caso”, capaci di far male all’interno di un sistema di squadra che continua a funzionare alla perfezione.