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Finals NBA: Golden State Warriors, il tiro da tre punti non fa più la differenza

NBA

Steph Curry e Klay Thompson viaggiano con oltre il 43% dall'arco combinato, mentre il resto del roster sta tirando con pessime percentuali, incapace di allargare il campo e di garantire agli Warriors una delle armi principali che hanno segnato i successi degli ultimi anni

CURRY E KERR: "NON È ANCORA FINITA"

TORONTO TRAVOLGE GOLDEN STATE: 3-1

Gara-4 è ormai in archivio, anche se gli Warriors potrebbero ricordarla a lungo come l’ultima deludente partita giocata alla Oracle Arena nella loro storia. Il copione della seconda sfida casalinga ha ricalcato in maniera molto simile quello degli episodi precedenti della serie, in particolar modo guardando all’andamento e alle medie tenute nelle conclusioni con i piedi oltre l’arco. Steph Curry ha tirato male (soltanto 2/9), ma assieme a un chirurgico Klay Thompson al rientro (6/10) è stato l’unico in grado di muovere la retina dalla lunga distanza. Una carestia di canestri per il resto del roster che ha segnato in maniera fondamentale il testa a testa contro Toronto: Splash Brothers a parte infatti, Golden State ha raccolto un misero 0/8 da tre punti Iguodala, Green, Cook e McKinnie. Errori che hanno spuntato una delle armi fondamentali nel meccanismo offensivo degli Warriors, nonostante Curry&Thompson stiano viaggiando nella serie con un convincente 28/64 dall’arco combinato – 43.7%, una resa ben al di sopra della media. Il problema però è tutto ciò che gli sta attorno: il resto del roster infatti ha messo insieme 17 canestri in quattro partite, a fronte di 62 errori. In soldoni il 27.4% di squadra, un vero e proprio affare per la difesa dei Raptors che ha continuato a concedere quel tipo di conclusioni, disinteressandosi così spesso e volentieri degli avversari che gravitavano sul perimetro. Il ritorno in quintetto di Thompson dopo l’infortunio ha ridato ampiezza soltanto in parte al gioco dei bi-campioni in carica, spesso collassati in area a causa della pericolosità nulla dei vari Livingston, Looney e Bogut sul perimetro. Se a loro si aggiungono un Andre Iguodala in continua altalena quando si tratta di fare canestro, un Draymond Green che non guarda mai il canestro e pensa soltanto al passaggio per i compagni e un DeMarcus Cousins che non ha tentato neanche una conclusione da lontano nei 15 minuti disastrosi trascorsi sul parquet, la frittata è fatta. Il tiro da tre punti non fa più la differenza per gli Warriors e questo è davvero un’enorme problema per una squadra costretta a vincere tre partite in fila.

La tripla di Iguodala in gara-2 e la box-and-one dei Raptors

È certamente riduttivo riportare tutto alla capacità di fare o meno canestro da lontano, ma alcuni dei passaggi fondamentali in questi nove giorni di Finals sono stati scanditi proprio dalla freddezza nel muovere la retina al momento opportuno. Toronto ha massacrato gli Warriors in gara-3 mandando a segno ben 17 triple – record per una squadra in trasferta alle finali NBA – e anche nel secondo match della Oracle Arena ha trovato il bersaglio grosso quando più contava: le due triple di Leonard a inizio terzo quarto, l’unica nella partita di Danny Green dall’angolo che ha chiuso definitivamente i conti. Dall’altra parte invece Golden State in gara-2 ha sperimentato cosa voglia dire poter fare affidamento sulle conclusioni di chi non ti aspetti: la sfida di Toronto, vinta in volata, è stata marchiata dalla tripla a sei secondi dalla sirena di Iguodala. Uno di quelli che ha dimostrato più volte di saper far male quando conta di più, come accaduto ad esempio anche nel terzo quarto di gara-3 nel momento di massimo affanno degli Warriors. Due canestri dall’arco e Golden State si era riportata per l’ennesima volta a contatto, ma quando nel quarto periodo serviva una risposta definitiva ai tentativi di fuga dei Raptors le sue conclusioni si sono fermate soltanto sul ferro (ogni riferimento a Quinn Cook non è puramente casuale). In ragione di tutto questo, coach Nick Nurse ha potuto sperimentare tra le tante varianti difensive anche la box-and-one: quattro giocatori a zona agli estremi del pitturato e Fred VanVleet battitore libero in giro per il parquet a rincorrere Curry in lungo e largo. Protezione del ferro che ha funzionato perché i Raptors hanno scommesso sul tiro da tre punti degli Warriors – non a caso, anche in gara-4, dopo due possessi del genere con il ritorno in campo di Thompson la strategia difensiva è cambiata. “Se vuoi, battimi con il tiro dalla lunga distanza di quelli che non si chiamano Steph Curry”: una forzatura che ha pagato i suoi dividenti, anche perché Golden State non è riuscita a trovare la contromossa. Si è arresa di fronte all’evidenza: i tiri dall’arco “degli altri” non vogliono proprio saperne di entrare.