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Mercato NBA, la free agency 2019 incorona Jerry West: in campo e fuori 60 anni di successi

NBA

A 81 anni è ancora l'uomo che sposta gli equilibri della lega. Lo ha fatto da giocatore prima, dirigente poi (suoi i colpi Shaq&Kobe ai Lakers) e ora da consulente esterno: ha portato Kevin Durant agli Warriors, ora regala Kawhi Leonard e Paul George ai Clippers

LEONARD E GEORGE AI CLIPPERS

LA RIVICITA DI NETS E CLIPPERS, ETERNI SECONDI

La giuria è divisa: chi ha vinto la free agency 2019? C’è chi dice i Clippers. C’è chi dice i Nets. Potrebbero essere entrambe risposte sbagliate (o quanto meno, inesatte). Perché il vero trionfatore della free agency 2019 potrebbe tranquillamente rispondere al nome di Jerry West, il cui titolo all’interno dell’organizzazione dei Clippers è riassunto con una semplice parola, “consultant”. Un consulente prezioso, fondamentale, come già lo era stato ai Golden State Warriors, dal 2011 al 2017, nella costruzione di quella squadra poi capace di vincere tre titoli in quattro anni dal 2015 al 2018. Jerry West oggi ha 81 anni e a un’età in cui la maggior parte delle persone si gode (ormai da anni) una meritata pensione, lui continua a inanellare trionfi personali, lui continua a vincere. Ha iniziato esattamente 60 anni fa, nel 1959. Non ha ancora smesso. Quel primo successo – miglior giocatore delle Final Four NCAA con i suoi Mountaineers di West Virginia – è significativo non solo per essere il primo di molti riconoscimenti, ma anche perché (come accadrà poi nella NBA), West viene incoronato Most Oustanding Player di quelle Final Four senza vincerle, costretto ad arrendersi 71-70 in finale contro California. Un anno più tardi, durante le Olimpiadi di Roma, Jerry West è in campo (con Oscar Robertson, che nel 1961 gli ruberà il titolo di rookie dell’anno nella NBA) con la nazionale USA che oggi viene ricordata come il primo vero Dream Team, precedente a quello storico del 1992 a Barcellona con i professionisti della NBA. West e compagni vincono l’oro, poi dà inizio alla sua carriera nella lega: è un All-Star fin dal suo primo anno (nel 1961), lo resterà ininterrottamente fino al termine della sua avventura NBA, nel 1974. Con i suoi Lakers perde, anno dopo anno, una serie quasi infinita di battaglie con i Boston Celtics in finale NBA (sei volte, nel 1962, nel 1963, nel 1965, nel 1966, nel 1968 e poi ancora nel 1969) ma il suo destino di vincente trova comunque il modo di manifestarsi. Nel 1969 diventa il primo (e ancora unico) giocatore a essere votato MVP delle finali NBA pur perdendole, dopo aver viaggiato a quasi 38 punti di media nelle sette gare di finale contro i Celtics. L’anno successivo trova ancora il modo di essere il n°1, stavolta nella classifica marcatori (31.2 di media), due anni più tardi in quella degli assist (9.7 a sera). È il 1972, ed è l’anno in cui finalmente crolla la maledizione che sembrava dover condannare la carriera da giocatore di Jerry West: l’incapacità di mettersi al dito un anello di campione NBA. La vittoria invece arriva, in finale contro i Knicks, mettendo un ideale punto a una carriera sul parquet che si concluderà due stagioni più tardi, aprendo un altro capitolo della sua vita e del suo ruolo all’interno della NBA.

Jerry West dirigente: i successi con i Lakers, la sfida Grizzlies

Dei Lakers diventa prima allenatore (per tre anni, tutti conclusi ai playoff), poi scout (altri tre) e quindi general manager prima del via della stagione 1982-83. È quindi lui il cervello di quella squadra che ha Pat Riley in panchina e la coppia Magic-Kareem in campo, e che prima della fine del decennio aggiunge ai titoli del 1980 e del 1982 quelli del 1985, 1987 e 1988. Dopo una decade di successi la natura della NBA – anche se ti chiami Lakers – richiede un ciclo di ricostruzione: arriva nei primi anni ’90, ma Jerry West già nel 1995 vince il premio di Executive of the year NBA destinato al miglior dirigente (lo rivincerà nel 2004): grazie al suo lavoro alla scrivania, Los Angeles è pronta a tornare protagonista e l’anno successivo compie due dei suoi grandi capolavori. Prima arriva lo scambio al Draft 1996 con Charlotte che porta in gialloviola un diciottenne liceale di nome Kobe Bryant; poi, un mese dopo, strappa Shaquille O’Neal agli Orlando Magic, gettando le basi di un rapporto odio/amore tra Kobe&Shaq che però porterà in dote ai Lakers tre titoli NBA consecutivi, dal 2000 al 2002. Completato il threepeat, West a sorpresa lascia L.A. per Membhis, accettando una sfida da molti considerata folle, quella di rendere competitivi i Grizzlies. Alla guida tecnica mette un altro veterano, stavolta delle panchine, come Hubie Brown, che nel 2004 – quando West è ancora votato miglior dirigente NBA – vince il premio di allenatore dell’anno. Sotto la leadership West-Brown i Grizzlies si qualificano per i primi playoff della loro storia, confermandoli poi nei due anni successivi. Nel 2007 l’uomo che tutti chiamano “Mr. Logo” (perché sua è la silhouette a cui la NBA si ispira per creare il proprio logo) si ritira – a 69 anni – dal ruolo di general manager, ma non riesce a restare a lungo lontano dai parquet. Quattro anni dopo, infatti, è di nuovo in pista.

In California ma non in gialloviola: Warriors e Clippers

A convincerlo nell’estate del 2011 sono gli ambiziosi piani di Joe Lacob, da solo un anno proprietario dei Golden State Warriors. Riporta unicamente a lui, il grande Jerry West, che in quell’estate dà già sfoggio di quella capacità nel valutare talento che lo ha reso unico: vede il provino di Klay Thompson (non certo un nome di punta del Draft 2011) e intima a Lacob di non lasciarselo scappare. “Lui è il nostro uomo”. Non sarà la prima volta che la sua opinione – e la sua presenza – faranno le fortune degli Warriors: c’è West dietro al pitch di successo con cui Golden State convince Kevin Durant a lasciare l’Oklahoma per unirsi agli Warriors nell’estate 2017, al termine della quale (dopo aver vinto il suo ottavo titolo NBA, il settimo da dirigente) decide di firmare per i Clippers. Da qui in poi è storia recente: Steve Ballmer costruisce un ottimo front office e lo impreziosisce facendo di Jerry West il consulente a cui chiedere l’ultima, decisiva opinione. Come sempre lui si muove nell’ombra, e a 60 anni esatti dal primo trionfo della sua carriera, solo pochi giorni fa mette a segno il doppio colpo che ancora una volta lo consacra come il n°1 assoluto: i Clippers non solo mettono le mani sul free agent più ambito dell’estate, l’ultimo MVP delle finali NBA Kawhi Leonard, ma riescono a convincere anche Paul George a lasciare i Thunder per trasferirsi nella sua L.A.. A Oklahoma City Jerry West potrebbe essere persona non gradita (dopo Durant, anche il furto di George), ma “Mr. Logo” ancora a 81 anni si conferma il deus ex machina di tutta la NBA. Che ieri come oggi comanda a suo piacimento.