La NBA nella sua lega di sviluppo proverà una novità epocale: un solo tiro dalla lunetta che vale per uno, due o tre punti in base al fallo subito. Un tentativo di velocizzare ancora di più il gioco e aggiungere ancora più imprevedibilità alle partite
Nel mondo contemporaneo tutto si evolve e tutto si trasforma ad altissima velocità. E anche la NBA vuole rimanere al passo, senza fossilizzarsi su tradizioni che sembrano inscalfibili solo perché "si è sempre fatto così". La decisione che è stata rivelata ieri da ESPN rischia di essere davvero epocale: nella prossima stagione di G-League (la lega di sviluppo della NBA) verrà implementata una nuova regola per i tiri liberi. Indipendentemente dal fatto che il fallo precedente valga uno, due o tre punti, il giocatore tenterà un solo tiro libero dalla lunetta: se segna vengono assegnati tutti i punti, se sbaglia rimane ovviamente a zero. L’obiettivo è quello di velocizzare il flusso del gioco e ridurre la lunghezza delle partite, scendendo sotto il muro delle due ore che da anni ormai è l’obiettivo della NBA per motivi principalmente televisivi. Secondo le stime rivelate da Brad Walker, capo delle operazioni cestistiche della G-League, questo cambiamento permetterà di limare dai sei agli otto minuti per ogni partita della lega di sviluppo, che attualmente durano in media 2 ore e 5 minuti. La regola tradizionale dei tiri liberi verrà mantenuta per gli ultimi due minuti dei regolamentari e dei supplementari, in modo da non incentivare i falli nei finali di gara – anche se ovviamente la varianza data dagli errori ai liberi nei minuti precedenti del quarto periodo potrà aumentare l’imprevedibilità dei finali di partita, specialmente con le squadre in rimonta.
Cosa dicono i dati sui tentativi dei tiri liberi
L’idea di un solo tiro libero per tutti i punti non è necessariamente nuova: già da anni se ne discute, anche solo come spunto giornalistico per migliorare il gioco. Una delle rimostranze principali riguarda la diminuzione di riposo per i giocatori durante le partite, visto che spesso i viaggi in lunetta (che potevano durare anche nell’ordine dei 60 secondi) venivano utilizzati per riprendere fiato dai protagonisti in campo. Un’altra riguarda le statistiche dei giocatori, che risulterebbero decisamente peggiori con un solo tiro libero a disposizione: i dati studiati dalla lega indicano che negli ultimi 20 anni il primo libero a disposizione è stato segnato con il 73.3% di precisione, con la percentuale in crescita di tentativo in tentativo, salendo al 78% per il secondo e addirittura l’85.7% per il terzo (spesso preso da tiratori da tre, notoriamente più precisi degli altri). Non a caso Steph Curry su Twitter ha commentato con un laconico "Bisognerebbe cambiare il traguardo del 50/40/90" e una emoji del "facepalm", indice che probabilmente non è così a favore della regola.
Si tratta ovviamente di un tentativo per capire come potrebbe cambiare il gioco con una novità così radicale (lo stesso Walker ha detto "Non sappiamo quanto sarà importante a livello di G-League fino a quando non lo proveremo"), ma la direzione in cui la NBA vuole andare è chiara: ridurre la durata delle partite sotto le due ore. Già negli ultimi anni la lega ha diminuito il numero di timeout complessivi da 18 a 14, richiedendo alle squadre di tornare in campo velocemente dopo le pause e, soprattutto, disincentivando i falli "Hack-a-Shaq" fino a farli sparire quasi del tutto. Così come altre regole sperimentate in G-League e poi implementate anche in NBA – come i "Challenge" sulle chiamate arbitrali per gli allenatori, novità della prossima stagione – anche quella del "tiro libero che vale per tutti i punti" un giorno potrebbe essere utilizzata nella NBA. A fine stagione nella G-League si tireranno le somme sul primo tentativo e sugli effetti che avrà sul gioco, decidendo se mantenerla per l’annata 2020-21 e successive oppure se accantonarla.