La Lega ha vietato al giocatore dei Nets di proseguire nell'operazione finanziaria che gli avrebbe permesso di rendere il suo contratto un asset a disposizione di investitori. Nei prossimi giorni Dinwiddie incontrerà dei rappresentanti NBA per provare a convincerli: "Siamo partner, non impiegati"
Partiamo dalla fine, per fare chiarezza in una storia da ripercorrere a ritroso. La NBA ha notificato a Spencer Dinwiddie il divieto di utilizzare il suo contratto come un “veicolo di investimento digitale”. Un’operazione finanziaria che avrebbe spacchettato parte dello stipendio del giocatore dei Nets, venduto direttamente da lui attraverso un token a degli investitori che avrebbero così scommesso sulla sua resa in campo. A garanzia di tutto i 34.4 milioni di dollari previsti dal triennale firmato in estate con Brooklyn. Dall’annuncio diffuso dalla NBA e pubblicato dal New York Times però si legge: “Stando ai recenti report pubblicati, Spencer Dinwiddie è intenzionato a vendere agli investitori degli asset che saranno garantiti dal suo contratto da giocatore. Questa tipologia di accordo è vietata dal CBA, che prevede che “gli atleti non possono trasferire in alcun modo a una terza parte il diritto di ricevere dei compensi dalla propria squadra”. Al momento l’associazione giocatori ha scelto di non commentare, mentre il diretto interessato ha raccontato di aver già chiesto un incontro con dei rappresentati della Lega per provare a cambiare la loro opinione riguardo un’operazione a detta sua perfettamente legittima. “Quando ho parlato a telefono con la NBA ho cercato di spiegare la situazione: loro mi hanno invitato a presentarmi e dettagliare il tipo di offerta che ho in mente. Questo è quello che farò il prima possibile”. Ulteriori sviluppi non sono dunque esclusi, né possibili limitazioni a un’idea che potrebbe cambiare il modo di intendere e vivere la pallacanestro NBA da parte di giocatori e tifosi.
Come funziona l’investimento immaginato da Dinwiddie
Alla base della decisione di Dinwiddie, c’è un assunto tanto semplice quanto legittimo: “So che guadagnerò 34 milioni di dollari nei prossimi tre anni: preferisco averne un po’ di meno subito a disposizione da poter investire e gestire, rinunciando a una piccola percentuale di essi nel medio periodo e scommettendo assieme a chi crede in me nel mio futuro contratto”. Troppo complicato? Andiamo con ordine. $SD8 è il nome del token scelto da Dinwiddie: una chiave per accedere direttamente (senza alcun tipo di intermediario o broker) a una parte di quello che guadagnerà. L’investimento minimo previsto è da 150.000 dollari: per i primi due anni, il ritorno garantito è del 3% - ben più remunerativo di quanto un’economia in stagnazione come quella occidentale possa offrire attraverso depositi bancari ad esempio (la probabilità che i Nets falliscano nelle prossime due stagioni è comparabile a quella di una grande banca di Wall Street). Il terzo anno, quello che prevede una player option da 12.3 milioni di dollari, diventa una scommessa (con un tetto minimo al di sotto del quale non si scende, la perdita è assicurata e permette che l’investimento non cada nel vuoto). In sostanza: se le cose sul parquet vanno male, il terzo anno il tuo asset non genera interesse, ma non porta perdite. Se invece Dinwiddie dovesse uscire dal suo accordo e firmarne uno più remunerativo, il maggiore guadagno ricadrebbe anche nelle tasche degli investitori - ai quali viene garantita anche una percentuale sul primo anno del nuovo accordo. “Quale modo migliore da parte di un tifoso per dimostrare di credere in un giocatore - spiega il diretto interessato - Se gioco bene nel mio ultimo anno di contratto, i ricavi nella prima stagione del nuovo accordo vengono raccolti anche da chi ha scommesso su di me. Stiamo parlando di un guadagno del 15%. Difficile trovare qualcosa di paragonabile sul mercato azionario al momento”. A garanzia di tutto questo, Dinwiddie ha già messo in piedi un piano di copertura finanziaria: un milione di contanti sempre a disposizione, un milione investito in Bitcoin e uno di oro. Insomma, un progetto in grande stile, in cui nulla è lasciato al caso.
Dinwiddie: "Siamo degli artisti, giusto scommettere su di noi"
Un visione, prima ancora che un modo per racimolare più denaro possibile: “Gli atleti in NBA spesso immaginano loro stessi come degli impiegati - racconta Dinwiddie - è una visione limitata del nostro ruolo, perché fino a quando siamo dentro la NBA in realtà rappresentiamo degli asset. Siamo dei proprietari di specificità intellettuali che hanno una partnership con la NBA. La Lega è il nostro broker che distribuisce i suoi asset agli appassionati e raccoglie i ricavi. Il lavoro fatto da loro è fantastico, come dimostrano i risultati economici. Ma ogni notte che una squadra scende in campo, siamo come degli artisti che cercano di dipingere la loro tela migliore. Non siamo degli impiegati, ma dei partner. E ogni asset può ambire ad avere la sua classe di investimento in base al proprio talento”. Chi investe in LeBron James o Steph Curry ha maggiori garanzie (e minori ricavi) che venga fuori un Picasso sul parquet, chi vuol rischiare invece può immaginare che il giovane bottegaio Dinwiddie in futuro potrà magari superare il maestro e diventare un artista affermato. Scegliere di raccogliere subito tutti i soldi del contratto inoltre è un modo per andare incontro alla gestione dei propri risparmi: “Molti giocatori tengono i soldi in banca, incassando un interesse tra il 7 e il 12%. Spesso si finisce senza contanti ben prima che il guadagno arrivi. Altri invece si fanno male dopo quattro anni e finiscono fuori dalla NBA: in quel caso diventa complicato continuare ad avere un certo stile di vita quando sei fuori dalla Lega. Avere tutto subito semplifica le cose: rinunciando a un tasso modesto del 3%, puoi settare la tua vita in funzione di quello che già sai di avere a disposizione. Gestire al meglio il tuo ritmo di spesa ed evitare di ritrovarti sul lastrico, anche nel caso le cose non vadano per il verso giusto”.