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NBA, rivoluzione alle porte: meno gare e un secondo torneo. Già ad aprile l'approvazione?

NBA

Nel Board of Governors previsto per il prossimo aprile la NBA - d'accordo con l'associazione giocatori - potrebbe già mettere ai voti cambiamenti rivoluzionari nell'assetto e nella struttura del campionato. Eccoli spiegati 

Se ne è parlato a lungo, non è una novità assoluta, ma quel che è nuovo è che ora si sembra essere mai così vicini a una piccola-grande rivoluzione nel mondo NBA, il cui calendario potrebbe cambiare sensibilmente già a partire dalla stagione 2021-22, quella in cui la lega festeggerà il suo 75° anniversario. Sul piatto — nelle trattative tra NBA e associazione giocatori, mai così intense e avanzate come negli ultimi tempi — parecchi cambiamenti: la riduzione del numero di partite in calendario, dalle attuali 82 fino a un minimo di 78; l’introduzione di un secondo torneo in aggiunta al campionato stesso (la coppa Italia rispetto allo scudetto, per fare un esempio calcistico, italiano) da disputare tra la fine di novembre e la prima metà di dicembre; la possibilità di incrociare le quattro squadre rimaste in lizza per il titolo NBA senza più tener conto dell’appartenenza alle due conference.

La riduzione delle partite

Da sempre osteggiato da squadre e giocatori (al numero delle gare sono collegati anche gli stipendi dei giocatori, una riduzione del numero delle prime porterebbe a una naturale contrazione dei secondi), il numero minimo di partite previste nella stagione regolare NBA resterebbe di 78 (lontanissimo dal 66 “ideale” a cui per esempio aveva più volte fatto riferimento il coach degli Warriors Steve Kerr). In più, con la creazione e la introduzione di un secondo torneo stagionale, il numero delle gare disputate da alcune squadre/giocatori potrebbe finire per avvicinarsi sostanzialmente a quello attuale (fino a un massimo di 83 gare).

Un secondo torneo durante la stagione

Prevederebbe la partecipazione di tutte e 30 le squadre NBA e di una prima fase iniziale a gironi (delineati secondo l’appartenenza di division) costituita da partite che farebbero comunque parte del normale calendario di regular season. Soltanto che, invece che contare solo per il record stagionale, queste prime gare conterebbero anche per stabilire — division per division — le sei squadre vincenti di questi nuovi mini-gironi. A queste sei si andrebbero poi ad aggiungere altre due squadre, quelle con i record migliori, formando un campo di otto partecipanti a una fase finale a eliminazione diretta. Questa fase finale — quarti, semifinali e finali — si svolgerebbe a partire dalla data della festa del Ringraziamento americano (ultimo giovedì di novembre) fino a metà dicembre circa, incoronando — al termine della fase a eliminazione diretta — la squadra campione. Pur prevedendo una certa reazione iniziale all’introduzione di una seconda competizione, la NBA si augura che col tempo la nuova manifestazione possa affermarsi, stabilire una propria prestigiosa tradizione e — cosa non meno importante — garantire ottimi rating televisivi sfruttando la formula accattivante del dentro-o-fuori su singola partita.

Reseeding playoff

L’ultima grossa novità riguarderebbe l’assegnazione delle teste di serie — soltanto per le ultime 4 squadre rimaste in lizza per il titolo NBA — secondo il record fatto sì registrare in stagione regolare ma non più tendendo conto delle limitazioni imposte dall’appartenenza di conference. Un esempio pratico per capire meglio: i playoff 2019 hanno visto come finali di conference Milwaukee (60-22) contro Toronto (58-24) a Est e Golden State (57-25) contro Portland (53-29) a Ovest. Eliminando la suddivisione geografica e affidandosi soltanto ai record di stagione regolare, col nuovo regolamento le due semifinali sarebbero Milwaukee-Portland (1 vs. 4) e Toronto-Golden State (2-3).

Sembra possibile dalle indiscrezioni circolate in queste ore che la proposta con tutti i cambiamenti di cui sopra verrà già sottoposta al Board of Governors NBA previsto per il prossimo aprile. Ogni modifica dovrà ovviamente essere accettata e ratificata anche dalla National Basketball Players Association, perché senza l’ok dell’associazione giocatori nessun cambio potrà essere possibile.