Please select your default edition
Your default site has been set

NBA, James Harden dice no al torneo a metà stagione: “Non siamo al college”

NBA
©Getty

La proposta di un torneo a metà stagione è quella che ha ricevuto le reazioni più tiepide in giro per la lega. Tra i giocatori, James Harden e PJ Tucker sono stati i più espliciti nel dire no all'idea fortemente sponsorizzata dal commissioner Adam Silver: “Giochiamo per il titolo NBA, non per trofei di consolazione”

Nulla è ancora deciso, ma c’è molto del futuro della NBA sul tavolo. Dopo i rumors emersi del possibile torneo a metà stagione che la lega e l’associazione giocatori stanno discutendo, i protagonisti in campo stanno cominciando ad esprimere le loro opinioni – e le loro perplessità. Tra i più vocali nell’esprimerle ci sono James Harden e PJ Tucker degli Houston Rockets, che hanno avuto entrambi reazioni tutt’altro che entusiaste alla prospettiva di un torneo a metà regular season: “Siamo forse al college?” è stata la risposta ironica di Harden al possibile cambio di calendario, facendo riferimento ai tornei di conference che le squadre affrontano prima del torneo NCAA. Tucker invece è stato più esplicito nel suo pensiero: “Noi combattiamo per vincere il titolo NBA: non voglio giocare per nient’altro” ha detto il veterano. “Cosa dovrebbe essere, un premio di consolazione o una cosa del genere? Non so. Nella NBA si giocano le partite per il titolo, stop”.

Il dilemma: a chi interesserà un torneo a metà stagione?

Non tutti all’interno dei Rockets sono d’accordo: Mike D’Antoni – che avendo giocato a lungo in Italia sa cosa siano i tornei durante la stagione – l’ha definita come un’idea “divertente per i tifosi”, aggiungendo che “se ci mettono abbastanza soldi extra, ai giocatori interesserà”. Proprio la possibilità che questo torneo non interessi a nessuno – sia tra i giocatori che tra le squadre – è la principale perplessità in giro per la lega, come detto da Zach Lowe di ESPN, uno dei due giornalisti che hanno riportato la notizia. “La NBA spera che si crei un effetto virtuoso da solo e che il torneo resisti abbastanza per diventare un ‘qualcosa’ di importante con il tempo” ha detto in un recente podcast. Quello che interessa a Mark Cuban, proprietario dei Dallas Mavericks, è non perdere l’interesse del pubblico – motivo per il quale non scenderebbe mai sotto le 78 partite previste dalla nuova strutturazione del calendario: “In un ambiente molto competitivo, i più grandi ostacoli per i nostri potenziali clienti sono la loro acquisizione e il loro mantenimento. Con una stagione lunga e [un interesse] che dura tutto l’anno ci sono più sottoscrizioni, meno motivi per abbandonare e in definitiva più valore”. In ogni caso, il dibattito attorno alla NBA che verrà non è destinato a spegnersi tanto presto.