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James Harden ritrova i Nuggets: “Mi raddoppiano? Vuol dire che son forte”

NBA

Il 20 novembre scorso la strategia difensiva di coach Malone sembrava aver indicato al resto della lega un modo per contenere James Harden. Quaranta giorni dopo il top scorer NBA segna 35 punti, guida i Rockets alla vittoria e fa capire che è tutto inutile

Il 20 novembre scorso, più o meno 40 giorni fa, coach Mike Malone scelse una misura drastica per cercare di arginare James Harden: raddoppi selvaggi sul n°13 dei Rockets nel momento stesso in cui superava la metà campo. Quel giorno sembrò funzionare: non tanto guardando alle cifre dello stesso Harden (27 punti con il 50% al campo e 10 liberi tentati) ma a quelle del resto dei Rockets (24/54 dal campo, il 44%, ma soprattutto 8/30 da tre punti, sotto il 27%). A fine gara Houston sconfitta e Denver non solo vittoriosa ma presto presa ad esempio dal resto della lega – nelle gare successive da Clippers, Heat e Raptors – come modello difensivo cui ispirarsi per cercare di disinnescare “il Barba”, sempre più lanciato a vincere l’ennesima corona di capocannoniere NBA con medie record. Soltanto che, per ogni mossa, nella NBA è pronta una contromossa e la coppia Harden-D’Antoni ha lavorato tanto e intelligentemente sulle strategie avversarie. “I raddoppi su Harden li vediamo mille volta a partita – commenta quasi annoiato D’Antoni – e a furia di vederli siamo sempre più a nostro agio nell’affrontarli”. È successo esattamente questo anche nel rematch della sfida contro i Nuggets di coach Michael Malone, che ha replicato la strategia difensiva messo in campo il 20 novembre scorso, ma ottenendo risultati diametralmente opposti. Il tabellino finale di Harden è la prima indicazione – 35 punti con 10/17 al tiro e 6/9 da tre punti – ma ancora di più lo sono le cifre della squadra. I Rockets hanno sfiorato il 53% dal campo con oltre il 47% dall’arco. Percentuali ottime ma che D’Antoni riesce quasi a trovare insufficienti, quando forse un po’ provocatoriamente commenta: “Se raddoppiano Harden lui scarica su Westbrook che poi può giocare un 4-contro-3 con gli altri: su una situazione del genere mi aspetto di segnare a ogni possesso”. Come a mettere in guardia il resto della lega: non pensate di poterci fermare così. Coach Malone riconosce la sconfitta e, automaticamente, la grandezza di Harden: “Probabilmente per lui è un po’ frustrante ma dovrebbe prendere questa marcatura estrema come un segno di enorme rispetto, perché la preoccupazione maggiore nel game plan delle squadre oggi è di togliere il pallone dalle mani del più grande realizzatore che il basket NBA abbia mai visto negli ultimi tempi”.

Le parole di Harden: “Eravamo più abituati alla loro stategia”

E difatti così la percepisce anche il diretto interessato, che replica tranquillo: “Certo che è così, ne parliamo sempre io e Mike [D’Antoni]: se si comportano così vuol dire che sto facendo qualcosa di buono, significa che sono forte”. E così, anche solo con un Harden che in un intero primo tempo si prende solo 7 tiri, Houston è capace di segnare 69 punti, con 9/16 dall’arco. Invece di essere frustrato “il Barba”, a esserlo sono apparsi i difensori dei Nuggets, che – contrariamente alle indicazioni di Malone – nel secondo tempo lo hanno raddoppiato meno e con meno convinzione. “Non so perché – dice l’allenatore di Denver – dovete chiedere ai giocatori, perché le mie indicazioni non erano quelle. Abbiamo iniziato a dubitare del nostro game plan, mentre a novembre aveva avuto successo”. La risposta forse la dà direttamente Harden: “Eravamo semplicemente più preparati”, ammette il top scorer NBA. Uno per il quale il resto della lega deve ancora trovare un modo per fermarlo.