I Brooklyn Nets testano tutta la squadra, trovano quattro positività — tra cui quella di Kevin Durant — e lo annunciano pubblicamente. Ma Bill De Blasio, primo cittadino della Grande Mela, ha qualcosa da ridire: “Ci sono pazienti in condizioni critiche che aspettano lo stesso esame”
Era successo anche agli Utah Jazz in Oklahoma, continua a far discutere anche a New York City: è giusto, in una fase in cui la possibilità di testare le persone per determinare la positività o meno al coronavirus è ancora molto limitata, sottoporre a tale test un’intera squadra NBA? Appena diffusasi la notizia che tutto lo staff dei Brooklyn Nets era stato sottoposto a tampone per stabilire o meno la positività di eventuali giocatori (effettivamente riscontrato in 4 di loro), a eccepire in merito è stato niente meno che il sindaco di New York Bill De Blasio, molto critico in un messaggio affidato al suo account Twitter: “Auguro a tutti loro una pronta guarigione, ma con tutto il rispetto un’intera squadra NBA NON dovrebbe essere testata per il COVID-19 quando ci sono pazienti in condizioni critiche che aspettano lo stesso esame. I test non dovrebbero essere per le persone ricche ma per quelle malate”. Un’opinione forte a cui i Nets hanno in prima istanza risposto sostenendo di aver pagato di tasca propria — rivolgendosi a strutture sanitarie private — i test effettuati a tutto il loro staff, ma sull’argomento è voluta intervenire anche la stessa NBA, a ricordare la pericolosità di un contagio per un giocatore della lega, dati i suoi numerosi spostamenti e l’opportunità di poter entrare in contatto con tantissime persone: “Diverse autorità nella sanità pubblica e gli stessi dottori delle squadre sono preoccupati che — dato il diretto contatto tra molti giocatori e le interazioni con il pubblico, oltre a un calendario di viaggi molto intenso — una positività tra i giocatori possa accelerare il contagio. In più, scegliendo di dichiarare pubblicamente la loro positività, il nostro augurio è che riescano ad attirare l’attenzione soprattutto dei più giovani sui rischi legati al contagio stesso, in particolare per quelli con condizioni di salute già precarie e per i più anzian