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NBA, a New York è #hoopocalypse: chiusi tutti i playground cittadini

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Dove i campi sono recintati dalle classiche reti metalliche, lucchetti e catene impediscono l'accesso; in altri sono stati addirittura smontati i canestri. Una sorte toccata anche ai playground più conosciuti, dal Rucker Park a "The Cage", ma le autorità cittadine sono inflessibili: "Non l'avremmo fatto se non fosse assolutamente necessario"

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Nomi che sono diventati comuni e conosciuti in tutto il mondo, anche a chi — magari — nella Grande Mela non ci ha mai messo piede. Rucker Park, West 4th (aka The Cage), Dyckman, e molti altri ancora. Sono i playground di New York City, quelli che fin dagli anni ’60 hanno prodotto e ospitato alcuni tra i nomi più leggendari del basket, di strada e non solo. Perché su questi campi sono passati anche i professionisti, da Julius Erving a Kobe Bryant, da Connie Hawkins a Kevin Durant. E oggi sono tutti chiusi: giocare a basket sui playground, a New York, all’epoca del coronavirus, è proibito. Lucchetti alle entrate — per quelli che solitamente hanno attorno al campo la classica rete metallica; altrimenti ferri rimossi, per impedire ai giocatori di darsi appuntamento sotto canestro. La rimozione dei ferri è il destino toccato a 140 campetti newyorchesi, circa il 20% del numero totale, disseminato nei cinque boroughs — Manhattan, Queens, Brooklyn, Bronx e Staten Island — della  città a cui ambiziosamente piace farsi chiamare “la capitale del mondo”. Dove il Covid-19 ha colpito duro, forse (anche) per la struttura stessa della città, sovraffollata, sempre e a ogni ora, uno dei luoghi di maggior densità urbana al mondo. Al Brooklyn Bridge Park — dove i Nets avevano presentato il loro nuovo logo ai tempi dello sbarco in the city e dove ogni estate organizzano un allenamento aperto ai tifosi — i ferri resistono ma il campo è chiuso da lucchetti e catene. “New York si definisce orgogliosamente una città di basket: non avremmo mai rimosso i canestri dai campi se non fosse assolutamente necessario”, fa sapere in un comunicato il dipartimento dei parchi cittadino, che sovrintende a ogni playground pubblico. E sui social l’impossibilità di poter giocare a basket all’aperto ha subito trovato un nome: #hoopocalypse, con tanto di hashtag. L’apocalisse dei canestri: una sintesi perfetta - perfetta e desolante. A cui però qualcuno ancora non si rassegna: come Larry Moreno - soprannominato "The Dominican Mamba" - che si gode i suoi "15 minuti di fama" warholiana con un video che (in barba ai divieti) ha fatto il giro del web. Vedere per credere.

Le sfide sui playground: un'immagine d'archivio per colpa del coronavirus - ©Getty