La superstar dei Lakers ha toccato tanti temi diversi in una video-conference con alcuni giornalisti, definendo "speciale" quanto fatto fin qui dai Lakers ma non rassegnandosi a vedere la stagione concludersi prematuramente. "Se c'è un modo di terminare l'anno giocando a porte chiuse o isolati da qualche parte parliamone assieme e facciamolo"
Una video-conference con alcuni giornalisti selezionati: così LeBron James è tornato ufficialmente a parlare in un contesto diverso dai suoi live sui social, rispondendo a mille domande in un momento in cui il propagarsi su scala mondiale della pandemia di coronavirus vede il mondo fronteggiare paure, dubbi e domande di ogni tipo. E tra questi timori ce n’è uno che toglie il sonno alla superstar dei Lakers: e se la stagione non potesse essere salvata? “Sarebbe dura da accettare, molto dura — ha ammesso “King” James — ma potrei ugualmente ritenermi soddisfatto di quello che questa squadra è stata capace di fare quest’anno, con un nuovo allenatore, un nuovo sistema, un nuovo coaching staff e tante facce nuove a roster. Pensavo ci avremmo messo più tempo a diventare squadra, e invece mi sbagliavo — e non di poco: è successo tutto più velocemente di quanto pensassi”. Per questo dice James — anche considerando tutto quello che i Lakers hanno dovuto passare in questa stagione (dal contrastatissimo viaggio in Cina di ottobre fino alla tragedia che ha colpito Kobe Bryant a fine gennaio) — “posso essere molto orgoglioso di questo gruppo: quello che siamo stati capaci di fare in così poco tempo è davvero speciale”, ha ammesso il n°23 gialloviola, che ha ammesso di essere in contatto “settimanale” con tutti i suoi compagni “ma di sentire ancora più spesso coach Frank Vogel, il general manager dei Lakers Rob Pelinka e Anthony Davis”, l’altra grande superstar della squadra.
LeBron James ci ripensa: "Disposto a tutto per di giocare"
James poi ha fatto un’inaspettata apertura a possibili scenari futuri che in un primo tempo lo avevano visto molto ma molto perplesso. Di lui infatti si ricordano due dichiarazioni inizialmente molto tranchant sia sulla chance di giocare a porte chiuse, senza tifosi (“Io non giocherei”) che sulla possibilità di farlo in una sorta di quarantena controllata in un’unica città (“Non mi presterei a una cosa del genere”). “Dovessimo giocare senza tifosi sugli spalti sappiamo che tutta la Lakers Nation ci seguirebbe comunque da casa, davanti alla tv, online, sui loro telefonini e sui loro tablet: sono certo che sentiremmo ugualmente tutta la loro passione e la lealtà con cui ci hanno seguito da inizio anno e starà a noi canalizzarla nella giusta maniera e portarla con noi anche se saremo in uno Staples Center deserto o in qualche altra arena d’America”, ha dichiarato il leader dei Lakers. “Siamo convinti di poter rendere i nostri tifosi orgogliosi, lottando fino in fondo per il titolo, per cui quando questa pandemia sarà finalmente sotto controllo e ci permetterà di tornare in campo in un contesto sicuro per tutti non vedo l’ora di poterlo fare”, ha ammesso James, aprendo anche a quella che oggi sembra lo scenario più gettonato. “Se la soluzione sarà giocare in una sola città, isolati da tutto e tutti — che sia Las Vegas o un altro posto, che ci permetta di restare al sicuro non solo in campo ma anche fuori dal campo — beh, allora discutiamone assieme e assieme troviamo il modo di farlo succedere”. Perché quello che sta succedendo nel mondo, aggiunge la superstar dei Lakers “è un test per tutti noi, per il mondo intero: un test per la nostra capacità mentale ma anche spirituale di affrontare una tragedia del genere. Abbiamo dato tutti troppo per scontato il nostro modo di vivere, la nostra quotidianità: ora è il momento di prendersi una pausa e rivalutare tutto”.