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20/30: Collin Sexton ha 21 anni e i Cleveland Cavs nelle sue mani

FOCUS NBA
©Getty

Prima dello stop il secondo anno da Alabama stava producendo una stagione di tutto rispetto: miglior marcatore dei suoi oltre i 20 a sera, sembrava aver trovato la sua dimensione anche dovendo cambiare ruolo per l'arrivo in Ohio di Garland. Eppure di lui si parla pochissimo: "Sono sempre stato sottovalutato". Ma le cose potrebbero cambiare in fretta

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La media punti di Collin Sexton — nelle 65 gare da lui disputate prima dello stop del campionato — è di 20.8 a sera. Tra i giocatori come lui al secondo anno solo in due fanno meglio, e si tratta di Trae Young (29.6) e Luka Doncic (28.7). Non a caso entrambi quest’anno sono scesi in campo la domenica per disputare l’All-Star Game NBA organizzato a Chicago. A Chicago, quel weekend, c’era anche Collin Sexton, ma non solo non ha giocato la domenica, ma neppure era stato convocato per la gara del venerdì delle cosiddette Rising Star, le stelline in rampa di lancio. Ha trovato spazio tra quei 20 nomi solo a seguito dell’infortunio che ha tolto dai giochi Tyler Herro, la matricola di Miami. Eppure — tra i giocatori al primo e al secondo anno — solo in tre segnavano più di lui, con il rookie meraviglia Zion Williamson — la cui carriera NBA al tempo consisteva in sole 9 partite — ad aggiungersi alla coppia Young-Doncic. “Fa parte della mia storia: sono sempre stato sottovalutato — dice la guardia di Cleveland — e ho sempre usato questi episodi come benzina da gettare sul mio fuoco personale”. Perché Sexton è convinto del suo valore e non nasconde che lo “snub” di metà febbraio gli abbia fatto male: “Ero scioccato — ha ammesso — perché far parte dei Rising Star era uno dei miei obiettivi entrando nella lega”. L’ex prodotto di Alabama, però, conosce un solo modo per rispondere a questo genere di affronti: il lavoro duro. E così — dopo aver ricevuto la telefonata del suo agente Austin Brown, a comunicargli l’iniziale esclusione dai roster — si è fiondato in palestra e ha trascorso le ore successive sul parquet del Cleveland Clinic Courts, il centro di allenamento dei Cavs. “Sapevo di meritarmi quella chiamata”, ripeteva al tempo, tanto che poi, quando quella chiamata alla fine è arrivata, è sceso in campo e ne ha messi 21 con 9/14 in 20 minuti, con anche 5 rimbalzi e 3 assist.

Una vita in palestra

Quel viaggio da casa al Cleveland Clinic Courts è un tragitto che Sexton compie spesso e volentieri. L’anno scorso, a inizio febbraio, un’altra chiamata del suo agente — fatta nel cuore della notte, dopo una brutta partita persa contro Luka Doncic e i suoi Dallas Mavs (4/17 quella sera per Sexton) — aveva nuovamente trovato l’allora matricola dei Cavs in palestra, ad allenarsi duramente per mettersi alle spalle una brutta prestazione. E proprio mentre era di ritorno dalla palestra dei Cavs — nonostante fosse un giorno “off” — il n°2 di Cleveland lo scorso 11 marzo è anche venuto a sapere della decisione della lega di sospendere la stagione: sul più bello, verrebbe da dire, perché nelle 5 gare disputate a marzo Sexton stava viaggiando a 30 punti esatti di media, tirando il 58.4% dal campo e il 37.5% da tre (dopo aver chiuso comunque gennaio e febbraio appena sotto i 23 e i 22 punti di media). Ora invece lo stop, improvviso ma necessario, ma per un ragazzo come lui ancora più duro: “Gioco da quando ho 3 anni, non ho mai smesso [Sexton ha giocato tutte le 147 partite possibili finora della sua carriera NBA, non saltandone neppure una, ndr], mi piace così tanto che se anche non sono in campo guardo una partita in tv”. E difatti ha quasi terminato di rivedersi tutte (!) le 65 gare disputate quest’anno, insieme a suo padre e a suo fratello. Perché appena ha saputo della sospensione, Sexton è tornato a casa, ad Atlanta, in Georgia, “per stare in famiglia ma anche perché lì inizialmente le misure di restrizione non erano così rigide come in Ohio”. Aveva trovato un campo e poteva allenarsi ogni giorno, fino a quando è arrivato il divieto imposto dalla NBA di andare in palestra e anche il governatore della Georgia, Brian Kemp, ha imposto la quarantena casalinga.

Nella stessa frase con un certo LeBron James

Ai Cavs mancavano 17 partite per completare una stagione nuovamente perdente (19-46 il record allo stop). Le ultime 11 Sexton e compagni le avevano giocate sotto il loro nuovo allenatore, J.B. Bickerstaff. Lui, Sexton, è sempre stato il top scorer di questi Cavs (20.8 a sera), nonostante la giovane età (21 anni) e nonostante, soprattutto, il fatto che a inizio anno avesse dovuto adattarsi a un nuovo ruolo. Sì, perché con la scelta in Lottery (5^ assoluta) di Darius Garland al Draft 2019, Sexton ha di fatto ceduto il ruolo di point guard al rookie da Vanderbilt, ritrovandosi a giocare maggiormente off the ball, lontano dalla palla. Non è sembrato un problema, almeno non per lui, capace di muoversi tranquillamente nelle posizioni di 1 o di 2, a seconda del lineup schierato dai Cavs. Sta imparando a passare di più e meglio la palla (3 assist di media a sera per lui, ma 4.1 a febbraio e 4.6 nelle cinque gare di marzo) e segnare non è mai stato un problema. Hanno iniziato ad accorgersene anche in giro per la lega quando il 10 novembre scorso ne ha messi 31 a domicilio contro i New York Knicks, diventando il giocatore più giovane di sempre (!) a collezionare un trentello al Madison Squadre Garden; poi, il 4 gennaio, ha festeggiato alla stessa maniera il suo compleanno, con 30 punti rifilati ai Thunder; a inizio marzo sono arrivate altre due escursioni consecutive sopra quota 30, e la seconda — contro Boston, chiusa con il suo massimo in carriera, 41 punti — è diventato il primo quarantello segnato da un giocatore dei Cavs senza bisogno di un overtime dai tempi di LeBron James. Ecco, alcune prestazioni della giovane guardia di Cleveland hanno trovato paragone solo in imprese mandate a segno prima di lui dal n°23 o da Kyrie Irving, non a caso gli unici due giocatori — oltre a Sexton — capaci di segnare 40 o più punti in maglia Cavs prima di compiere 22 anni. Exploit isolati? Tutt’altro: in stagione il prodotto di Alabama viaggia a più di 20 punti di media con percentuali superiori al 47% dal campo e al 38% dall’arco: possono dire di fare altrettanto solo 6 altri giocatori (Khris Middleton, Karl-Anthony Towns, Zion Williamson, Jaylen Brown, John Collins e Kyrie Irving) e la compagnia è di quelle eccellenti.

Realizzatore ma non solo

I dati statistici più avanzati confermano la capacità del secondo anno dei Cavs di essere efficiente — e pericoloso — sia palla in mano (più di 0.9 punti per possesso quando gestisce il pick-and-roll) che agendo da guardia sugli scarichi altrui (più di 1.10 nelle conclusioni in spot up), e tra i giocatori con più di 100 possessi giocati in isolamento Clexton ha l’ottavo dato NBA per efficienza offensiva (1 punto netto a possesso, meglio di lui solo l’élite NBA — Schroder, Doncic, Leonard, Lillard, Jrue Holiday, DeRozan e l’inarrivabile Harden). Quello dell’efficienza è un dato che va a legarsi naturalmente alle percentuali di tiro, e Sexton ha dimostrato di poter essere tanto una minaccia da fuori (il suo 38% è su 4 tentativi a sera, cifre che potrebbe e dovrebbe crescere) quanto in penetrazione, da dove ricava 8.6 punti a sera, un dato che lo mette di diritto nella top 20 NBA. Eppure, complici le sconfitte dei Cavs, nella lega di Collin Sexton si parla ancora poco: appena prima di doversi fermare, aveva segnato 25 o più punti in sette delle ultime otto gare (comprese le ultime 5) ma i miglioramenti più evidenti erano nelle letture di gioco, le giocate giuste al momento giusto, che spesso portavano anche ad assist e a opportunità per i propri compagni. “Fa tutto parte della sua evoluzione”, dice coach Bickerstaff: “È sempre stato un realizzatore, ma ora è come se il gioco si aprisse davanti a lui in maniera molto più ricca”. Guarda avanti l’allenatore di Cleveland, e guarda avanti anche Sexton: “L’anno prossimo vogliamo arrivare pronti al via e spingere fin dall’inizio per centrare i playoff. È il nostro obiettivo: so che ce la possiamo fare, assolutamente”. Proclami del genere, a marzo, possono anche essere sottovalutati. È tutta la sua carriera che Sexton viene sottovalutato. Forse è venuto il momento di smetterla.