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28/30: focus su Markelle Fultz, il Comeback Player of the Year

FOCUS NBA
©Getty

Un anno fa la sua carriera NBA sembrava in pericolo, oggi è una point guard titolare che gioca quasi 30 minuti a sera. Anche se i suoi difetti al tiro non sono spariti, Markelle Fultz è una delle storie migliori di questa stagione — e il meglio, sia per lui che per gli Orlando Magic, deve ancora venire

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Tra il 1980 e il 1986, la NBA ha assegnato ogni anno un premio al “Comeback Player of the Year”, riservato al giocatore protagonista del miglior “ritorno” — da un infortunio o da un altro problema di qualsiasi tipo — della stagione. Se quel premio esistesse oggi, sarebbe difficile non darlo a Markelle Fultz, di cui di questi tempi solamente un anno fa si temeva che la sua carriera fosse agli sgoccioli mentre ora può guardare al futuro con cauto ottimismo. Certo, il giocatore da primissima scelta assoluta del Draft 2017 non si è ancora visto se non a sprazzi e forse non si vedrà mai, visti i ben noti problemi di infortuni che hanno fatto sparire nel nulla il suo morbidissimo tiro in sospensione mostrato ai tempi del college. Ma in questa regular season Markelle Fultz si è dimostrato in grado di poter “tenere il campo” anche in maniera superiore a quanto ci si potesse ragionevolmente aspettare, saltando una sola partita per un virus intestinale e accumulando oltre 28 minuti a partita per gli Orlando Magic, conquistandosi un posto in quintetto dopo cinque partite senza più lasciarlo. Già solo il fatto di essere riuscito ad affermarsi come una point guard titolare per una squadra in zona playoff — per quanto con un record perdente di 30-35 — è da considerarsi un grande successo, ma soprattutto ha restituito alla NBA un suo protagonista finalmente felice e sereno, libero da problemi fisici e apprezzato da compagni di squadra e coaching staff di una squadra che era alla disperata ricerca di una point guard su cui costruire.

I pregi di Fultz e l’impatto sui Magic

La sospensione della stagione è arrivata forse nel momento migliore della stagione di Fultz, che nelle ultime quattro gare prima dello stop aveva tenuto 17.5 punti e 5.5 assist di media sfiorando il 60% al tiro e persino tre triple a segno su sette tentativi. La mini-trasferta ha visto i Magic perdere solo nel finale del derby della Florida contro Miami e poi vincere a Minneapolis (24 punti di Fultz), Houston (18) e Memphis (14 con diverse giocate decisive nel finale), mettendo in mostra le parti migliori del repertorio dell’ex prima scelta assoluta dei Philadelphia 76ers. Fultz sfrutta gli oltre 190 centimetri di altezza e soprattutto i 95 chili di peso per sovrastare i suoi avversari più piccoli in avvicinamento a canestro: su 12 penetrazioni a partita (più di Eric Bledsoe, Dennis Schröder e Kemba Walker), la point guard dei Magic riesce a tenere un accettabile 49% di realizzazione (meglio di Ja Morant, Donovan Mitchell e De’Aaron Fox), prendendo facilmente il centro dell’area e creando per sé e per i compagni. “È estremamente fisico, con una forza e un atletismo eccezionale anche per questa lega” dice di lui coach Clifford, che ne ha lodato anche la capacità di apprendimento definendolo “un giocatore vecchio stile”. Quando l’area è intasata, Fultz ha mostrato anche un interessante tiro dalla media distanza: il 41% che tiene in quelle conclusioni potrà non sembrare molto (59° percentile tra le guardie), ma bisogna pur sempre ricordare che fino a poco tempo fa faceva persino fatica a sollevare le braccia, figuriamoci tirare in una partita NBA. I problemi fisici poi non hanno intaccato la sua visione di gioco sopra la media e le sue doti di palleggiatore che gli permettono di andare dove vuole con una fluidità di movimenti rara per un giocatore delle sue dimensioni, e quando è in campo l’attacco dei Magic (di per sé non entusiasmante: è 24° in NBA) migliora di un punto su 100 possessi, mentre scende di 5 quando è in panchina.

I problemi al tiro e quella tripla doppia coi Lakers

Questo significa che Fultz sia un giocatore fatto e finito? Niente affatto, anzi i difetti del suo gioco sono ancora evidenti. A partire, inevitabilmente, dal tiro da tre punti: con solo il 25% dall’arco su meno di due tentativi a partita, Fultz viene comprensibilmente trattato come un non-tiratore dalle difese avversarie, che gli lasciano metri di spazio sfidandolo al tiro e raddoppiando sulla palla quando si piazza sul perimetro, compromettendo le spaziature della squadra e contribuendo a quel 24° posto di rating offensivo della squadra. Bisogna poi considerare che stiamo pur sempre parlando di un giocatore che è al suo primo anno vero di NBA, avendo disputato solo 33 partite a intermittenza in due anni con i Philadelphia 76ers e avendo quindi bisogno di tempo per capire non solo le tendenze dei suoi compagni, ma anche quello che serve per avere successo sera dopo sera nella posizione più maggior talento della lega. “Gioca molti minuti e marca ottimi giocatori ogni sera, venendo preso in difesa da altrettanti buoni giocatori. Gli chiediamo molto sui due lati del campo: è una sfida abituarsi a giocare così tanti minuti al livello richiesto”. Fultz poi non è un giocatore da grandi esplosioni offensive, visto che il suo career high al momento è di 25 punti; è però un giocatore che si accende quando si alza il livello della competizione, come dimostrano i 58 punti “in the clutch” (leader tra i Magic) e la vittoria più memorabile della stagione, quella sul campo dei Los Angeles Lakers a metà gennaio. Certo, i gialloviola erano privi di Anthony Davis, ma anche i Magic erano incerottati e soprattutto Fultz ha realizzato la seconda tripla doppia della sua carriera (con la prima, ai tempi dei Sixers, era diventato il più giovane di sempre a registrarne una) con 21 punti, 11 rimbalzi, 10 assist e rispondendo colpo su colpo alle giocate di LeBron James per portare i suoi alla vittoria. Al di là di tutto, ciò che maggiormente contraddistingue finora la carriera di Markelle Fultz è la forza mentale: superare ciò che ha dovuto affrontare negli ultimi tre anni non è impresa da poco. E la cosa migliore è che, dopo essersi tolto l’etichetta di “bust”, il meglio deve ancora venire.