L'ex centrocampista della nazionale - da sempre un grande appassionato NBA - è intervenuto a Sky Sport 24 per raccontare le sue emozioni nel rivedere in "The Last Dance" Michael Jordan e quei Chicago Bulls che hanno avuto un ruolo così importante nella sua passione verso il mondo del basket
Se nel mondo dello sport italiano c’è qualcuno che ha provato un brivido speciale nel vedere le prime due puntate di “The Last Dance”, il documentario in 10 episodi (in Italia su Netflix e disponibile a un prezzo vantaggioso per gli abbonati Sky che sottoscrivono l’offerta Intrattenimento Plus su Sky Q) che racconta l’ultimo anno in maglia Bulls di Michael Jordan, quello è Massimo Ambrosini. Che con la pallacanestro — e con il n°23 dei Bulls (stesso numero che ha voluto lui sulla sua maglia rossonera del Milan) — ha da sempre un rapporto speciale: “Michael Jordan per me è quello che ha consacrato la mia passione per un gioco, che era già forte perché da dove vengo io [Pesaro, ndr] la pallacanestro è amata da tutti”. “Una passione — racconta Ambrosini a Sky Sport 24 — nata per me con i vari Larry Bird e Magic Johnson, ma io al tempo ero troppo piccolo per capire che loro erano già qualcosa in più di semplici sportivi, di normali giocatori di basket. Per quelli come me — parlo di gente che oggi ha tra i 40 e i 50 anni — Michael Jordan ci ha fatto capire che lui era qualcosa in più di un giocatore di basket: con lui io ho iniziato a vedere il basket e lo sport da un altro punto di vista”. E quello che ha visto gli è piaciuto così tanto da essere ancora oggi affascinato dal mito con il n°23: “Jordan mi ha fatto sognare — anzi, ci ha fatto sognare: ci ha regalato emozioni che poi obiettivamente è stato difficile ripetere”.