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NBA, "Il sesto uomo": l'estratto. Danilo Gallinari nelle parole di Andre Iguodala

NBA
©Getty

Sono stati compagni per una sola stagione, a Denver nel 2012-13. Eppure all’interno della sua autobiografia, Andre Iguodala dedica bellissime parole a Danilo Gallinari, “incredibilmente versatile, gran lavoratore, ottimo tiratore e con un grande IQ cestistico”. Ecco l’estratto in esclusiva dalle pagine de “Il Sesto Uomo”

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Un’unica stagione assieme ma una stagione, assicura Andre Iguodala nelle pagine della sua autobiografia, che sarebbe potuta diventare storica nella storia dei Denver Nuggets. “In giro per la lega si parlava parecchio di noi”, scrive Iguodala. “Facevamo davvero sul serio? Noi pensavamo di sì”. Lo testimoniano le 57 vittorie ottenute al termine della stagione regolare e la terza testa di serie a Ovest in vista dei playoff. Ma il 3 aprile 2013 cambia tutto. Danilo Gallinari si rompe il legamento crociato anteriore e le speranze dei Nuggets di essere realmente competitivi svaniscono in quel momento. È di questa opinione anche un veterano come Andre Iguodala, che dell’azzurro oggi ai Thunder, parla così:

 

"Il nome più importante di quella squadra era quello di Danilo Gallinari, e devo dire che manteneva fede a gran parte delle aspettative che c’erano su di lui. Mi piaceva molto il suo stile di gioco: era incredibilmente versatile, un gran lavoratore, instancabile sotto canestro, ottimo tiratore e — arrivando dall’Europa, dove c’è molta attenzione agli schemi e alla tattica — aveva, proprio come Ty Lawson, un grande IQ cestistico.

Mi ricordo una partita contro i Dallas Mavericks, non molto dopo il Natale 2012. Se mi ricordo bene Danilo la iniziò male, con le mani fredde: qualche errore, un paio di palle perse. Dallas non era conosciuta per essere una squadra particolarmente forte in difesa ma per tutto il primo tempo ci misero in difficoltà cambiando sempre in maniera disciplinata. Eravamo in quel momento della stagione — più o meno dopo tre mesi di campionato — in cui le squadre avversarie dovevano decidere chi fosse il giocatore da provare a contenere maggiormente. Ero io oppure Danilo? Vedevamo le squadre tentare approcci diversi nei nostri confronti, difensivamente — a volte un raddoppio, a volte un cambio — ed era in quel momento che realizzavi che gestire il nostro uno-due li stava mettendo in difficoltà. Questo ci dava fiducia. Proprio alla fine di quel primo tempo Danilo segnò una bella tripla. Sul possesso successivo Andre Miller rubò palla sulla rimessa di Vince Carter, la passò a Ty Lawson che provò la tripla all’ultimo secondo: Ty sbagliò, ma sull’errore si catapultò a rimbalzo d’attacco Danilo che sulla sirena andò a schiacciare. La giocata era così vicina allo scadere del tempo che gli arbitri dovettero rivederla all’instant replay per essere sicuri che fosse valida. Da quel momento in poi ero così esaltato per ogni giocata di Danilo — forse sentendomi finalmente parte di questa nuova squadra — che all’intervallo ho iniziato a caricarlo come una molla e ho continuato a farlo anche per tutto il terzo quarto. Facevo il tifo per lui come un pazzo e vedevo che la cosa iniziava a funzionare: ogni volta che segnava, e io magari ero in panchina, ero il primo a saltare per aria e a urlare più forte di tutti. “Vai, fagli il culo!!!”. Danilo cercava di non ridere ma faceva fatica a restare serio. Immagino che in Europa scene del genere magari non si vedano spesso, perché mi guardava come se non avesse mai visto un suo compagno fare il tifo per lui in quel modo. Finì la gara con 39 punti, comprese sette triple, con il 63% dall’arco.

Momenti come quelli non fecero che rinforzare il nostro rapporto e resero l’ambiente della squadra accettabile, anche se non eravamo un gruppo unitissimo. Raramente mi capitava di vedere Danilo fuori dal campo, ma stavo imparando che se una squadra lontano dal parquet non era così unita, parte del mio compito fosse proprio quella di costruire la chimica necessaria in campo". 

Andre Iguodala, "Il sesto uomo", add editore