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NBA, LeBron è fiducioso: "Ottimo mercato, siamo più giovani, possiamo bissare il titolo"

NBA
©Getty

Tre settimane al via e "King" James sembra ottimista sui destini dei suoi Lakers: "La salute del gruppo e la fortuna due componenti fondamentali", avverte. Loda tutti i nuovi arrivi, da Schroder a Harrell fino a Marc Gasol, e lascia la porta aperta anche a un clamoroso ritorno in gialloviola del fratello Pau

LeBron James compirà 36 anni una settimana dopo il via della nuova stagione, ma ogni inizio è sempre come fosse la prima volta. Ancor meglio se da campione NBA in carica, un titolo che la superstar dei Lakers sembra non aver nessuna intenzione di cedere: “Possiamo ripeterci, possiamo assolutamente vincere ancora, è molto chiaro ai miei occhi”, ha detto intervenendo a Road Trippin’, il podcast di due suoi ex compagni ai Cavs come Richard Jefferson e Channing Frye, insieme ad Allie Clifton. “La cosa più importante? La salute, star bene, lontani dagli infortuni. E quindi la fortuna, quella di poter restare sani per tutto il corso della stagione”. Lo sa bene LeBron, la cui prima annata in gialloviola è deragliata proprio per colpa del suo infortunio il giorno di Natale, nella gara contro gli Warriors. A Natale 2020 — due anni dopo — i suoi Lakers saranno ancora in campo (contro Luka Doncic e i Mavs), e James sembra soddisfatto del roster su cui può contare per difendere il titolo vinto nella bolla.

Detto addio a qualche compagno (“Che abbiano giocato zero o 35/40 minuti, quando vinci un titolo assieme qualcosa ti lega per sempre”, ha detto ricordando i Danny Green, Rajon Rondo, Dwight Howard e JaVale McGee, non più a Los Angeles), il n°23 dei Lakers ha solo parole positive per i nuovi arrivati. “Ci siamo ringiovaniti. Abbiamo preso una point guard di 27 anni come Schroder; ha 27 anni anche Trezz [Montrezl Harrell], che l’anno scorso ha vinto il premio di sesto uomo dell’anno NBA. E poi c’è Marc Gasol, uno che in passato è stato il miglior difensore NBA, uno dall’altissimo quoziente di intelligenza cestistico: io lo so bene, per tutte le volte che l’ho affrontato non solo nella NBA ma anche sfidando la sua nazionale spagnola”. E proprio parlando di Gasol, elogiato Marc LeBron non chiude la porta al ritorno di Pau, per una chiusura di carriera da libro cuore: “Vedremo, può essere… perché no? Vedremo”, le sue incoraggianti parole.

DENVER, COLORADO - DECEMBER 14: Dennis Schroder #17  of the Oklahoma City Thunder brings the ball down the court against the Denver Nuggets at Pepsi Center on December 14, 2019 in Denver, Colorado. NOTE TO USER: User expressly acknowledges and agrees that, by downloading and or using this photograph, User is consenting to the terms and conditions of the Getty Images License Agreement. (Photo by Matthew Stockman/Getty Images)

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I ricordi di 95 giorni rinchiuso nella bolla 

Chiusa la stagione 2019-20 nella bolla solo 50 giorni fa, James e i Lakers sono chiamati subito in campo a difendere il titolo: poche vacanze (“Avrò toccato un pallone due volte”, ammette la star dei Lakers), tra dieci giorni è già preseason, anche se LeBron fa capire di essere interessato il giusto: “Ho 36 anni, non posso preoccuparmi della preseason…”, liquida l’argomento. Tanti fattori — “Quelli economici in primis”, ammette — hanno portato alla decisione di iniziare subito, a fine dicembre e non a fine gennaio, “ma la sicurezza di tutti è sempre al primo posto, sono curioso di vedere quali saranno i protocolli medici da seguire”, ora che la stagione 2020-21 prende il via non più nella bolla. Una bolla su cui LeBron James è voluto tornare: “Sono stati 95 giorni e 95 notti: non me li dimenticherò mai”, ha dichiarato. “È stato come andare al luna park, la prima volta all’interno della casa stregata. Sei coi tuoi amici, vuoi divertirti, ti dicono tutti che sia bellissimo per cui non vedi l’ora — ma poi una volta dentro realizzi che è davvero spaventosa. Per me la bolla è stata così”, ha detto scherzando (ma neppure troppo).

TORONTO, ON - DECEMBER 25:  Christmas branding on the basketball stantion prior to an NBA game between the Boston Celtics and the Toronto Raptors at Scotiabank Arena on December 25, 2019 in Toronto, Canada.  NOTE TO USER: User expressly acknowledges and agrees that, by downloading and or using this photograph, User is consenting to the terms and conditions of the Getty Images License Agreement.  (Photo by Vaughn Ridley/Getty Images)

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Le tensioni a Orlando

Anche perché a Orlando non sono mancati i momenti di tensione, soprattutto dopo l’incidente Jacob Blake e la scelta dei Bucks di non scendere in campo: “È successo nel loro giardino di casa [il Wisconsin], avevano il diritto di farlo: ho preso il telefono, ho chiamato Chris Paul prima, Russell Westbrook poi e gli ho detto che non c’era verso che noi — come Lakers — saremmo scesi in campo, alla luce di quanto stava succedendo”, ricorda James quelle ore concitate. “È una questione di solidarietà, siamo come fratelli. È come essere in battaglia assieme: se in testa al gruppo di colpo dicono di attaccare, magari non te lo aspetti e resti sorpreso, ma ti unisci all’attacco. Devo essere sincero, la decisione dei Bucks però mi ha davvero sorpreso: non me l’aspettavo, e a un certo punto ero pronto a lasciare la bolla e tornare a casa — ho anche chiamato mia moglie e mia madre per dirlo loro”. James è tornato anche sulla famosa riunione fiume da cui il leader dei Lakers se ne andò, secondo molti sbattendo quasi la porta: “Dopo 3-4 ore di discussioni non c’era ancora un piano. Troppe emozioni, troppi ego, troppa fogae il mio tempo è prezioso. Sapevo cosa poteva aiutarci a quel punto, ma sapevo anche che non era quello il momento giusto per prendere una decisione”.

during Game Five of the 2014 NBA Finals at the AT&T Center on June 15, 2014 in San Antonio, Texas. NOTE TO USER: User expressly acknowledges and agrees that, by downloading and or using this photograph, User is consenting to the terms and conditions of the Getty Images License Agreement.

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