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NBA, polveriera Houston, ora tutti contro Harden. Cousins: “Ci ha mancato di rispetto”

NBA
©Getty

La trade che sancisce l’addio di James Harden a quella che è stata la sua squadra per oltre otto anni scoperchia una situazione divenuta ormai insostenibile nello spogliatoio. E dopo le parole di Wall arrivano quelle, durissime, di DeMarcus Cousins. Unica voce fuori dal coro quella dell’allenatore Stephen Silas

Otto stagioni (più otto partite) assieme, un titolo di MVP NBA vinto in maglia Rockets, tre titoli di miglior realizzatore (dal 2018 al 2020) e uno di miglior passatore (nel 2017). Un’avventura — quella di James Harden a Houston — che ora arriva alla conclusione, forse non naturale (il “Barba” avrebbe un contratto fino al 2023) ma sicuramente quella più prevedibile alla luce di quanto successo nelle ultime settimane e, ancora di più, nelle ultime ore. Prima le parole di John Wall, l’altra superstar acquisita in offseason al posto di Russell Westbrook, che sostanzialmente prendeva le distanze da Harden e dal suo comportamento — bizzoso se non anti-professionale — tenuto da inizio stagione. E ora anche quelle dell’allenatore, Stephen Silas, un coach il cui esordio — già difficile — è stato senz’altro complicato dalla gestione dell’affare Harden: “Ma James mi ha dato una chance”, dichiara invece controcorrente Silas. “Gli ho parlato prima che la società mi offrisse ufficialmente il posto. E il suo ok è stato l’ultimo pezzo del domino che mi ha permesso di sedermi su questa panchina. Con me si è sempre comportato in maniera professionale, e assieme abbiamo avuto ottime conversazioni”. Un’uscita di classe, sicuramente più conciliatoria delle parole rilasciate da Wall prima (“Il nostro rapporto? Difficoltoso”) e anche Christian Wood ora (“Questa situazione stava andando avanti dall’inizio del training camp”, ha dichiarato il nuovo arrivo da Detroit, evidentemente scocciato dall’instabilità che ne derivava”).

Cousins: “Io ho scelto Houston per Wall”

Ma il più duro di tutti è stato DeMarcus Cousins, per cui le ultime parole di Harden (“Non siamo forti abbastanza. La situazione qui è folle, e non può essere messa a posto”) sono solo l’ultima goccia che ha fatto traboccare un vaso nel suo caso già colmo fino all’orlo. “La sua mancanza di rispetto verso tutti noi è iniziata ben prima di queste ultime parole. L’approccio che ha avuto al training camp, l’essere arrivato qui completamente fuori forma, i suoi comportamenti fuori dal campo: non sono cose che sono iniziate ieri. Gli altri 14 giocatori dentro il nostro spogliatoio non gli hanno fatto nulla di male: noi ci siamo presentati in palestra ogni giorno, per fare il nostro lavoro, mentre il modo in cui si è comportato lui non è stato per nulla giusto nei nostri confronti. Detto questo, io non mi sento tradito per nulla: se ho scelto di venire a Houston è per la presenza di John Wall”. Insomma, una fotografia di uno spogliatoio-polveriera, completamente spaccato, all’interno del quale la figura di Harden ormai era tollerata poco e da pochi. E dove ora si volta pagina: con ambizioni minori o maggiori lo potrà dire solo il campo.

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