Dopo il suo arrivo da New Orleans, Nicolò Melli sta riuscendo a ritagliarsi il suo spazio nei Dallas Mavericks, soprattutto per il grande impatto difensivo. A Basket Room Alessandro Mamoli e Matteo Soragna analizzano il suo impatto sulla squadra texana, fatto di piccole cose che fanno la differenza sia in attacco che in difesa
A guardare le cifre nude e crude, non sembra cambiato poi molto per Nicolò Melli. Dopo aver salutato i New Orleans Pelicans, nelle sette partite disputate finora con i Dallas Mavericks sta viaggiando a poco meno di 4 punti di media e non sta entusiasmando al tiro (41.7% dal campo e 33% da tre), con 3.3 rimbalzi a partita e poco meno di un assist. Poi però bisogna andare più in profondità e trovare una spiegazione alla decisione di coach Rick Carlisle di schierarlo tre volte in quintetto e dargli 17 minuti di media da quando lo ha avuto a disposizione. C’entrano i problemi fisici dei suoi compagni di reparto, da Kristaps Porzingis a Maxi Kleber, ma anche l’effetto positivo che l’azzurro ha sul parquet: con lui l’efficienza difensiva dei Mavericks è di 90.4 punti concessi su 100 possessi, un numero bassissimo, e il +13 di differenziale è il miglior dato di tutta la squadra, per quanto l’attacco sia estremamente sotto media.
Un dato che viene confermato anche dal sito Cleaning The Glass (che toglie dal conteggio i minuti di “garbage time” e considera solo i 117 competitivi disputati dall’azzurro finora): certo, il campione statistico è estremamente ridotto, il calendario non è stato impossibile (tolta un'ottima vittoria sui Jazz) e il suo impatto offensivo è quasi impalpabile (appena il 9% di Usage quando è in campo), ma rispetto a osservare dalla panchina senza mai avere una chance come troppo spesso gli è capitato a New Orleans nell’ultimo anno è tutta un’altra storia. Ed essere entrato da subito nelle “grazie” di Carlisle e soprattutto Luka Doncic — con cui l’intesa è stata naturale anche fuori dal campo, soprattutto sui social — è un primo passo per togliersi qualche soddisfazione prima che il suo contratto scada e si ripresenti sul mercato dei free agent nella prossima estate. D’altronde, qualcuno ha già cambiato idea sulla sua presenza in squadra e non lo considera più semplicemente “uno buttato lì” a caso nello scambio per JJ Redick.