Dopo una gara-1 sottotono, non alla sua altezza, Draymond Green è sceso in campo per la seconda partita della serie con un'intensità e un'energia diversa. Come spesso accade ha giocato al limite, rischiando anche qualcosa (il doppio tecnico e l'espulsione) ma a fine gara tutti gli riconoscono grandi meriti nell'aver indirizzato la sfida sui binari favorevoli ai suoi Warriors
SAN FRANCISCO - È un coro unanime, a fine partita: la differenza tra gara-1 e gara-2 parte dalla diversa intensità, fisica e mentale, degli Warriors e, in primis, di Draymond Green. "È il mio compito, è quello che devo fare: se Steph è il barometro del nostro attacco, io lo sono della difesa. Sapevo di dover alzare l'intensità del mio gioco: penso di aver fatto un buon lavoro ma credo di doverlo fare ancora di più nelle prossime gare". Anche se questo può comportare dei rischi (i tifosi di Golden State non dimenticheranno mai l'espulsione di gara-4 nel 2016 dopo il colpo a LeBron), ma con Draymond Green è così, a Golden State lo sanno. "Devo essere me stesso: non posso pensare di spingere fino a un certo punto e poi fermarmi, con me non funziona così". Anche quando questo comporta dei rischi, come nel primo tempo - quando Green, già gravato di un fallo tecnico, ha rischiato su un contatto a terra con Jaylen Brown che gli arbitri hanno voluto rivedere. Un secondo tecnico avrebbe voluto dire espulsione, ma così non è stato - e allora l'intensità di Green in gara-2 riceve soltanto parole di lode.
Le lodi di Kerr e compagni (ma anche di Tatum)
"Abbiamo iniziato da subito con un'aggressività diversa - ammette Steve Kerr - e Draymond ha avuto un ruole enorme in questo". Lo stesso ruolo che gli riconoscono tanto Gary Payton II ("Green è il nostro leader: noi lo seguiamo, ancora di più in gare come queste, quando siamo spalle al muro") che Kevon Looney: "La sua fisicità in difesa su Jaylen Brown ha motivato tutti. Draymond in campo fa tutto - recuperi, stoppate, assist - e quando gioca così ispira non solo noi ma anche tutto il nostro pubblico. Ha giocato una gran partita, è il nostro leader emozionale, lo è sempre stato". Una caratteristica che è pronto a riconoscergli anche un avversario (ma un amico) come Jayson Tatum: "Ci ho giocato assieme, so bene quello che Draymond porta in campo, è quello che mi piace di lui".
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L'unica voce fuori dal coro arriva - non a caso - non dallo spogliatoio degli Warriors ma da quello dei Celtics. Al Horford, l'eroe di gara-1, non vuole concedere nulla a Green, neppure a parole: "Non penso che la sua fisicità o le schermaglie a muso duro con Brown abbiamo avuto qualche tipo di impatto sulla gara. Zero. Ha giocato in maniera molto intensa? Certo, è quello che fa. Ma non siamo preoccupati di lui. Dobbiamo solo preoccuparci di quello che facciamo noi". A partire da gara-3.