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NBA, idea retrocessioni come nel calcio europeo. Silver: "Ci abbiamo pensato, ma…"

scenari
©Getty

In un incontro con i dipendenti dei Phoenix Suns, il commissioner della NBA Adam Silver ha rivelato che la lega ha pensato anche a importare il modello delle retrocessioni del calcio europeo per contrastare il fenomeno del "tanking", scartando però l'idea: "Distruggerebbe il nostro modello di business e le squadre dalla G League non sarebbero competitive"

Sin da quando Victor Wembanyama ha giocato quelle due partite a inizio mese segnalandosi come di gran lunga il miglior giocatore a disposizione nel prossimo Draft, si è parlato molto in giro per la NBA di cominciare una corsa sfrenata al tanking (cioè perdere il maggior numero possibile di partite per poter avere le migliori chance al prossimo Draft) per posizionarsi in vista della Lottery. Un atteggiamento che comprensibilmente però piace molto poco al commissioner della lega Adam Silver, il cui obiettivo dichiarato e ribadito è che tutte le 30 squadre competano idealmente per il titolo NBA ogni anno. E proprio parlando del tanking in un incontro con i dipendenti dei Phoenix Suns — con i quali ha voluto scusarsi personalmente a nome della lega per quanto successo con l’ex proprietario Robert Sarver —, Silver ha svelato i piani della NBA per contrastare il fenomeno del tanking. "Abbiamo già detto chiaramente alle squadre che quest’anno faremo particolarmente attenzione a quanto accadrà" ha detto Silver secondo quanto riportato da ESPN. "Il Draft sulla carta è un buon sistema. Ma mi rendo conto che quando c’è un giocatore generazionale in arrivo, come abbiamo quest’anno, le squadre si muovono. Le franchigie sono sempre più intelligenti e creative, ma come si muovono loro ci muoviamo anche noi di conseguenza. Siamo sempre alla ricerca di un sistema migliore".

Retrocessioni in NBA: perché è uno scenario impossibile

Uno dei passaggi più interessanti toccati da Silver riguarda un'idea che avrebbe ripercussioni gigantesche sulla NBA: quella di introdurre le retrocessioni come nel calcio europeo. Il commissioner — che è sempre molto attento a quanto accade da questa parte dell’oceano, da cui ha mutuato l’idea del torneo di metà stagione che si terrà nei prossimi anni — ha però fatto capire che non è possibile inserire questo tipo di meccanismo per come è costruita la NBA e la sua lega di sviluppo, la G League. "Sarebbe destabilizzante per le franchigie e distruggerebbe il nostro modello di business" ha detto Silver. "E anche se mettessimo le due migliori squadre della G League nella lega, non sarebbero equipaggiate per competere". Al momento quindi è più facile pensare piuttosto ad un’espansione a 32 squadre, con i mercati di Seattle e Las Vegas pronti a entrare nella NBA: anche su questo argomento però Silver è stato molto cauto, rimandando qualsiasi discorso dopo aver concluso il nuovo contratto collettivo con le televisioni statunitensi. "Prima di poter valutare l’espansione dobbiamo sapere a che punto siamo dal punto di vista dei media, che è la nostra fonte di ricavi più importante. Dobbiamo poi stare attenti a non diluire il talento, perché rischiamo di indebolire il prodotto: nessuno si ricorda una stagione con così tanta competizione, ma l’obiettivo è sempre avere 30 squadre che si giocano il titolo, non 20 o giù di lì".

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