Una gioia incontenibile quella mostrata dall'allenatore dei Denver Nuggets nel dopo partita di gara-5, la partita che lo laurea campione NBA. Un processo lungo che coach Malone divide per tappe, quelle che gli ha insegnato proprio uno dei suoi rivali di oggi, il presidente dei Miami Heat Pat Riley. "Questo è l'inizio di qualcosa, non la fine di un viaggio", dice
DENVER - Manca un'ora e mezza alla palla a due di gara-5 e Michael Malone inizia la serata più bella della sua carriera con una battuta da consumato attore, da repertorio, vecchia ma sempre bella. A chi gli chiede come ha trascorso l'ultima notte risponde: "Ho dormito come un bambino". Pausa. "Mi sono svegliato ogni due ore piangendo". Non piange a fine partita, ma le lacrime stavolta sarebbero state di gioia. Per un viaggio lungo ("Sono entrato nella NBA 22-23 anni fa - dice - sognando di poter diventare capo allenatore") e certo non facile, ma che si è concluso con un anello di campione NBA e una bottiglia di champagne al suo fianco, che porta in conferenza stampa. "Durante la premiazione ho detto che questo è l'inizio di qualcosa, non la fine di un viaggio, perché ho imparato la lezione da Pat Riley. Lui diceva che in questa lega parti che non sei nessuno, e diventi uno che lotta per emergere; da uno che lotta per emergere diventi un vincente; da vincente ti trasformi in contender, uno che punta al titolo; e da contender a campione; poi, da campione, punti a costruire una dinastia - e noi non siamo soddisfatti con l'aver vinto. Sì, abbiamo fatto qualcosa che qui non era mai stata fatta, vincere un titolo NBA, ma non siamo soddisfatti", dice il capo-allenatore di Denver.
Mille persone da ringraziare: coach Malone non dimentica nessuno
Che dedica la vittoria a tutti - ma davvero tutti - quelli che hanno avuto un ruolo nella sua storia personale. Partendo, ovviamente, da sua madre e suo padre (Brandon Malone, anche lui allenatore): "Li ho appena sentiti al telefono: non sono potuti essere qui, ma è come se lo fossero", dice. E poi dice grazie a "Bobby Farrell, il mio allenatore lice a Seton Hall Prep, Tom Blackburn che è morto lo scorso anno, tutti gli allenatori per cui ho lavorato al college - Pete Gillen, Greg Kampe, tutti quelli che mi hanno dato una chance di arrivare fino a qui". Grazie alla sua famiglia, ovviamente ("Mia moglie My Jocelyn, le mie due figlie Caitlin and Bridget: sono un uomo fortunato") ma anche grazie alla proprietà dei Nuggets, la famiglia Kroenke, con una dedica speciale: "Stan [Kroenke] fin da ragazzino è sempre stato un tifosissimo di basket, Josh [Kroenke] ha giocato al college in Division I. Amano tutte le loro squadre [i St. Louis Rams nella NFL, i Colorado Avalance nell'hockey NHL, ndr] ma fidatevi, questo titolo è davvero speciale anche per loro", conclude.