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Mercato NBA, perché Washington ha ricevuto così "poco" per Bradley Beal

NBA
©Getty

Gli Washington Wizards hanno ceduto la loro superstar Bradley Beal ai Phoenix Suns, ma non hanno ottenuto in cambio né giocatori su cui costruire per il futuro né prime scelte al Draft. Un prezzo decisamente basso per un tre volte All-Star, ma ci sono diversi motivi per cui gli Wizards si sono ritrovati con le mani legate in queste trattative

Josh Hart, guardia dei New York Knicks, appena uscita la notizia dello scambio di Bradley Beal ai Phoenix Suns ha condiviso su Twitter il pensiero che molti avranno avuto leggendo i dettagli della trade: "Non hanno ricevuto neanche una prima scelta al Draft??". In effetti il prezzo pagato dai Suns per prendere un tre volte All-Star come Beal è ben poco impressionante: i contratti non garantiti di Chris Paul e Landry Shamet per far tornare i conti (nessuno dei due, infatti, dovrebbe rimanere a Washington), un numero ancora non precisato di seconde scelte al Draft (da un minimo di 4 a un massimo di 7) e la possibilità di scambiare la scelta nel 2024 e nel 2026, gli unici due anni in cui i Suns non erano già impegnati con i Brooklyn Nets (cedendo la scelta o con un "pick swap") dopo lo scambio per Kevin Durant. Quindi di fatto gli Wizards non hanno ricevuto nessun titolare, nessun giovane su cui ricostruire, e nemmeno la sicurezza di avere una scelta al Draft "extra" rispetto a quelle che già hanno: davvero poco per un All-Star del calibro di Beal. Eppure, per certi versi, non avrebbero potuto fare meglio di così: scopriamo insieme perché.

Le mani legate dalla "no-trade clause" di Beal

Come per ogni scambio di mercato, il contesto è importante. L’ostacolo più grande per gli Wizards in questa contrattazione lo ha rappresentato certamente la "no-trade clause" presente nel contratto di Beal, che ha dovuto quindi avallare qualsiasi scambio che lo coinvolgesse. Sia chiaro: Washington si è creata questo problema da sola, visto non c’era motivo di inserire anche questa clausola — che è già rara di suo e, considerando questo precedente, potrebbe non vedersi più per molto, molto tempo — nell’estensione di contratto al massimo salariale garantita a Beal un anno fa. Di fatto, Beal ha potuto comportarsi come un free agent pur essendo sotto contratto fino al 2027, restringendo enormemente il numero di squadre disposte a offrire per lui (anche per via di quello stesso contratto, che è decisamente poco attraente visto che salirà fino a 57 milioni di dollari, rendendo quindi anche l’opzione di aspettare un’offerta migliore da parte di una squadra più "disperata" — come ad esempio i Miami Heat se non dovessero raggiungere Damian Lillard — meno percorribile di quanto si immagini), facendo quindi scendere il prezzo per prenderlo. Conviene poi sottolineare come ci sia stato un "conflitto di interessi" piuttosto evidente, visto che Mark Bartelstein, potentissimo agente di Beal, è padre di Josh Bartelstein, attuale CEO dei Suns, rendendo la destinazione di Phoenix decisamente gradita rispetto alle altre possibilità — forzando così la mano degli Wizards, che non erano nella posizione di chiedere molto di più ma hanno di fatto "subito" le decisioni di altri — per colpa loro e della loro decisione di concedere quella clausola, è bene ribadirlo.

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Gli aspetti positivi: cap libero e direzione chiara per la franchigia

Consapevoli che per Beal non avrebbero potuto ricevere indietro un pacchetto "cestistico" in grado di rendere competitiva la squadra nell’immediato presente, la nuova dirigenza degli Wizards guidata da Michael Winger (ex Clippers) e Will Dawkins (ex Thunder) ha deciso di concentrarsi soprattutto sul futuro. Invece di Deandre Ayton, che avrebbe richiesto un investimento per rimanere competitivi nel presente, è stata data priorità al futuro prendendo due contratti come quelli di Paul e di Shamet che, se non verranno ulteriormente scambiati sul mercato, potranno essere tagliati nell’estate del 2024 senza ripercussioni, visto che sono entrambi non garantiti, liberando così un’ampia porzione di salary cap con il quale proporsi come "terreno di scarico" di contratti sgraditi in cambio di scelte al Draft. E sempre a proposito di Draft, le seconde scelte ottenute da Phoenix potrebbero fare molto comodo, specie in una NBA che dovrà necessariamente dare sempre maggiore importanza ai giocatori scelti al secondo giro con le nuove regole che puniscono le squadre dal monte salari esorbitante. Da non sottovalutare anche i "pick swap" a disposizione, specie quello del 2026 visto che non c’è certezza su quanto a lungo dureranno assieme i nuovi Big Three dei Suns.

 

Washington in ogni caso ha ancora delle decisioni importanti da prendere subito, a partire dai rinnovi di contratto di Kristaps Porzingis (che ha una player option da 36 milioni per la prossima stagione) e Kyle Kuzma (che ha già annunciato di voler rinunciare alla sua da 13 per il prossimo anno e sarà unrestricted), ma ora che la stella della franchigia è stata ceduta, la direzione è chiara: gli Wizards nel prossimo anno ricostruiranno il roster, affidandosi al Draft (hanno la scelta numero 8 e il playmaker Anthony Black sembra il candidato ideale per prendere le redini della squadra, e hanno tutto l'interesse a tenersi la scelta al Draft del 2024 che dovranno invece mandare a New York se fuori dalla top-12) e allo spazio salariale per muoversi sul mercato. Arriveranno stagioni di vacche magre in termini di vittorie, ma dopo anni passati nel limbo di metà classifica nella Eastern Conference, ora a Washington è arrivato il momento di voltare pagina.

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