NBA, il borsino dei giocatori di Team USA dopo la fine dei Mondiali: chi sale e chi scende
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Il risultato di squadra è stato deludente, un quarto posto (senza medaglie) che non può non essere considerato fallimentare. Ma dentro il roster dei dodici giocatori agli ordini di coach Steve Kerr ci sono dodici storie mondiali diverse. Per alcuni la manifestazione ha confermato, o addirittura rinforzato, la propria reputazione, ma più di un giocatore è uscito ridimensionato. Ecco le pagelle a Team USA
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- Miglior marcatore della spedizione USA con quasi 19 punti di media, ha fatto vedere lampi di onnipotenza offensiva, qualche fiammata di applicazione difensiva (seppur ancora troppo poche) ma si è confermato l'attaccante più incontenibile della squadra di coach Kerr - e uno dei più incontenibili di tutto il torneo, come dimostra la sua inclusione nel primo quintetto
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- Anche il giocatore dei Nets esce dai Mondiali rafforzato. Per alcuni è stato lui - a 360 gradi - il migliore di Team USA. Secondo miglior realizzatore (quasi 14 a partita), ha tirato con il 63.3% dal campo e con il 55.6% da tre punti, collezionando anche quasi 4 rimbalzi a uscita. La sua carriera appare in fase di decollo e questi Mondiali lo hanno confermato
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- Per quella che è la sua storia, non si può non considerare positivo il Mondiale del giocatore dei Lakers, che in attacco ha davvero incantato (13.8 di media, secondo miglior marcatore di squadra, con il 56.6% dal campo e il 50% da tre) confermando tutte le doti da agonista che già si conoscevano. Ha confermato anche di essere una "tassa" difensiva: ogni nazionale lo ha "puntato" e attaccato con constanza. E spesso questo ha fatto male alla squadra di coach Kerr
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- In tanti avrebbero voluto vedere il giocatore dei Pacers in campo più minuti (anche se solo in tre sono rimasti in campo più di lui): confinato nella second unit, Haliburton ha spesso cambiato il ritmo delle partite, con i suoi assist no-look (5.6 a sera) o con le stoppate, figlie di un gran tempismo e braccia interminabili (1.1 a sera, solo Kessler meglio). Il suo tiro è brutto da vedere ma efficace: lo conferma il 47% abbondante tenuto dall'arco
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- La point guard titolare dei Knicks e di Team USA ha dimostrato di poter guidare e gestire una squadra di tanti campioni: si è messo in proprio quando doveva (11 punti di media, 4° miglior realizzatore di squadra), ma ha anche coinvolto gli altri (4 assist a partita, solo Haliburton meglio di lui). Da tre ha colpito con il 38.5%
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- Ha soffiato il posto in quintetto a Brandon Ingram meritandosi i complimenti da parte di coach Kerr, per la sua solidità, la sua propensione al rimbalzo, anche d'attacco (nessuno ha catturato più dei suoi 5.3 palloni a sera sotto i tabelloni) e l'approccio sempre serio alle partite. Niente di nuovo per il giocatore dei Knicks, che proprio grazie a queste caratteristiche sta finalmente ottenendo il rispetto che si merita
8/14
- Quasi 8 punti di media e 4.4 rimbalzi (terzo miglior rimbalzista di squadra) pur giocando meno di 13 minuti a sera e facendo parte delle seconde linee disegnate da Steve Kerr. Ma il lungo dei Bucks il suo l'ha fatto, senza infamia e senza lode. Non ha brillato (solo il 20% da tre) ma non ha neppure deluso
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- Alla fine è da considerarsi positiva l'esperienza ai Mondiali del giocatore dei Magic. A soli 20 anni, alla prima volta in una competizione internazionale (con regole diverse), Banchero ha chiuso con quasi 10 punti a sera (9.3) ma anche con oltre 3 rimbalzi, sfiorando una stoppata di media, giocando spesso fuori ruolo (da 5 tattico) nella second unit di coach Kerr. Buone le sue percentuali dal campo, il 57.5%
10/14
- Si è presentato alla manifestazione come l'unico vero lungo di ruolo per coach Kerr e con l'ingombrante etichetta di miglior difensore NBA. Ha deluso profondamente, a partire da quei numeri a rimbalzo (meno di 3 a sera, in sette in squadra hanno fatto meglio di lui) che gli sono stati immediatamente rinfacciati. Qualche stoppata, ma presenza spesso impalpabile (spesso negativa) e i soliti problemi di falli
11/14
- Storicamente gli Stati Uniti portano sempre un gran tiratore dal perimetro nelle competizioni internazionali per "aprire la scatola". E Cam Johnson nelle idee doveva essere questo, mortifero dal perimetro sugli scarichi dei suoi compagni: invece ha tirato appena sopra il 31% da tre punti, e di colpo la sua utilità è apparsa davvero marginale
12/14
- Difficile giudicare il suo Mondiale, visto che coach Kerr lo ha tenuto spesso e volentieri in panchina, preferendogli Paolo Banchero nel ruolo di back-up da "cinque" mascherato. Quando è stato chiamato in campo ha risposto con le sue doti forti, stoppate, rimbalzi, presenza sotto canestro. Ha fatto esperienza: gli servirà
13/14
- Un corpo estraneo fin dal via. Ha iniziato il torneo da titolare, ha perso subito il posto in quintetto (rimpiazzato da Hart) e forse anche la fiducia, non riconquistandola più. Non si discute il talento del giocatore dei Pelicans, straordinario, ma il suo Mondiale è da dimenticare: usato meno di tutti (8 minuti a sera) è finito in fretta ai margini
14/14
- Non si discute la qualità dell'allenatore, uno dei top 15 della storia della NBA. Però alla prima avventura internazionale da head coach ha fallito, e ha le sue responsabilità. Perché, pur con tutte le assenze, il roster di Team USA è parso a tratti di gran lunga quello con maggior talento di tutta la competizione. E il fatto che non siano riusciti a tradurre in campo questa superiorità se non a momenti può essere imputato anche alla gestione dalla panchina