Fontecchio: "La mia prima stagione ai Miami Heat? Vorrei che fosse sorprendente"

Will Smith cantava “Welcome to Miami”: io sono stonato, quindi devi accontentarti di un “benvenuto a Miami”. “Grazie, grazie. È stato un bel inizio, un bell’approccio. Mi hanno accolto tutti benissimo sin dall'inizio, questo è sicuramente un ottimo posto dove vivere e dove giocare a pallacanestro”. Terza maglia NBA diversa. Cosa ti aspetti da questa esperienza? “È sicuramente un'opportunità bella per me, importante, visto anche il timing: questo è il mio ultimo anno di contratto, un anno sicuramente importante. Però devo dire che ho sempre ammirato questa franchigia, questa squadra, e il modo in cui migliorano i giocatori; da dove li pescano, dove li trovano, come li fanno crescere. Osservandoli da fuori mi è sempre piaciuto molto questo aspetto degli Heat: adesso, vivendolo da dentro, devo dire che già dalle prime settimane si riconosce che qui le cose si fanno in maniera un po' diversa rispetto a tutto il resto della NBA. E questo è sicuramente uno stimolo nuovo”. Ecco a Miami si parla tantissimo della famosa “Heat Culture”. Esiste? L'hai sperimentata? È davvero così dura? “Esiste, esiste [ride], anche se qui forse ci marciano un bel po’, però è qualcosa di reale, di tangibile. Come ho detto, è un posto diverso da tutte le altre squadre NBA. Hanno standard diversi, e qui per far bene servono requisiti diversi. Anche lo staff tecnico richiede dai noi giocatori molta più attenzione, molto più lavoro, anche e soprattutto a livello fisico, che ormai nella NBA di questi tempi non è una cosa così comune. Quindi sì, sicuramente si sente”. Lo staff tecnico: coach Spoelstra è un personaggio affascinante e – ma qui parlo a livello personale - forse il miglior coach oggi della lega “Probabilmente sì. È una personalità importante, un allenatore che penso alleni qui da quasi 20 anni [17 da capo allenatore, addirittura da 28 nello staff, ndr], e non è una cosa comune nella NBA trovare la stessa persona nello stesso ruolo per tutti questi anni. È veramente un pozzo di scienza, di pallacanestro, con tantissima knowledge. Si vede che fa le cose in modo diverso. Sono veramente curioso - man mano che la stagione andrà avanti - di imparare sempre di più”. Vado al gradino superiore: Pat Riley. Che effetto ti ha fatto incontrarlo, parlarci o anche solo stringergli la mano? “Sicuramente bello… Devo dire che qui è pieno di leggende Heat degli ultimi 30 anni. Ci sono sempre in giro i vari Alonzo Mourning, Pat Riley, Udonis Haslem, tutte persone che continuano a gravitare intorno alla squadra. Vederli che si avvicinano e vengono a parlarti all'inizio ti dà un po' di soggezione, però sono delle personalità incredibili da cui cerco di assorbire il più possibile ogni volta”. Andiamo in campo. Quest'anno ci si aspetta una versione dei Miami Heat un po’ diversa: un basket molto rapido, verticale. È così? E come pensi di inserirti in questo sistema? “È quello che sta cercando di enfatizzare il coach fin dai primi giorni. Secondo me tutte le squadre NBA stanno cercando di giocare in questo modo, o almeno ci stanno provando, in maniera sempre più rapida, tenendo meno la palla in mano, con più passaggi, giocando più di corsa. Penso che noi abbiamo il roster perfetto per farlo, perché qui non ci sono personalità ingombranti e quindi c'è veramente un’occasione reale di giocare così. Da parte mia ho sempre provato a giocare in questa maniera, mi ci trovo abbastanza bene e spero col prosieguo della stagione di avere sempre più occasioni e spazio per dimostrarlo”. Nuovo numero, lo zero: perché? “Questa estate, quando ti chiedono che numeri si vogliono prendere, i miei preferiti erano già stati tutti presi. E allora ho pensato a un nuovo inizio: a ripartire da zero”. Tu come vivi la NBA? Qual è il tuo “sentimento” nell’essere qui, da protagonista, vero? “Beh, quando arrivi pensi: ‘Ce l'ho fatta’, però è una lega che va talmente tanto veloce che non puoi permettere di sederti e stare lì a pensare una cosa del genere. Ti devi sempre porre davanti nuovi obiettivi. Per me all’inizio l’idea era quella di riuscire a restare qua il più a lungo possibile: ‘Voglio meritarmi un altro contratto’. È successo, ce l'ho fatta, ma adesso la nuova sfida è continuare a rimanere qua il più a lungo possibile con un ruolo e con responsabilità importanti. Questa è la mia sfida al momento, è quello per cui sto lottando”. Non esagero, credo, se dico che con Belinelli e “Il Gallo” sei sul podio degli italiani che hanno fatto meglio in NBA. “C'è anche “il Mago” [Andrea Bargnani], quindi sono appena fuori dal podio, però il mio obiettivo è quello: cercare di rimanere qui il più a lungo possibile perché questo è il campionato più bello del mondo e il sogno di tutti i bambini che iniziano a giocare a basket. Lotterò e continuerò a lottare per far sì che la mia carriera in NBA sia lunga”. Sei in una città meravigliosa come Miami. La tua Miami cos’è? Mojito, South Beach, auto cabrio & palme? “Per adesso poco di tutto questo, anche perché siamo nella stagione dei monsoni e finora c’è stata tanta pioggia. Faccio tanta vita familiare, ho due bambine e una moglie che si devono adattare, però devo dire che vivere in un posto come Miami da questo punto di vista aiuta: ogni giorno libero cerchiamo di godercelo al meglio” Ti ho chiesto della tua Miami, ti devo chiedere anche della tua Inter. “La mia Inter? Un inizio difficile ma ci stiamo riprendendo, piano piano. Soprattutto in Champions stiamo andando molto bene, in campionato ci stiamo riprendendo. Le aspettative quest'anno sono ottime”. Sei riduce da un buon Europeo: quando tornerai in nazionale troverai un ct diverso. “Assolutamente, è finito un ciclo. Sono stati tre o quattro anni intensi, con Poz che per me e per noi tutti che siamo passati dalla nazionale è stato importantissimo, per continuare a far crescere questo movimento e per farci godere la nazionale nella maniera migliore. Adesso abbiamo davanti un nuovo inizio, con Coach Banchi. Penso che il suo resumé, gli ultimi anni che ha fatto alla guida della Lettonia parlino da soli, con grandissimi risultati; siamo tutti felici di accoglierlo e non vediamo l'ora di iniziare a lavorare con lui”. Concludiamo con un aggettivo: questa stagione sarà? “Spero sorprendente, per Miami e per gli Heat. Penso che non ci stiano calcolando molto, sia i bookmakers sia gli analisti, soprattutto qui in America. Però abbiamo un ottimo roster, che può sorprendere”.

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Fontecchio: "La mia prima stagione ai Miami Heat? Vorrei che fosse sorprendente"

Massimo Marianella