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Olimpiadi invernali, Sofia Goggia oro nella discesa: la sua storia

Olimpiadi

Michele Mastrogiacomo

Da un piccolo paesino lombardo all'impresa più grande dello sci italiano, vincere la prima medaglia d'oro olimpica in una discesa libera femminile. E' la storia di Sofia Goggia, testarda pasticciona delle nevi che tra una foto, il suo cane e qualche infortunio di troppo, in un giorno di febbraio si è voluta definitivamente trasformare nella nuova Dea dello sci

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IL MEDAGLIERE

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C'era una volta, sulle nevi di Foppolo, una bambina che con gli sci ai piedi continuava a sbattere il muso per terra ma imperterrita perseguiva un sogno. Era mossa da un istinto quasi più forte di lei, quello di gareggiare e battere tutti in velocità. Oggi, che davanti a lei non c'è più nessuno e che il sogno si è trasformato in realtà, quella bambina è diventata donna tutta d'un colpo e 8500 km dopo ha preso in mano e riscritto la storia dello sci italiano. Come Sofia nessuno mai, prima donna azzurra a trionfare in una discesa libera olimpica. Su un tracciato che nascondeva parecchie insidie, ha messo insieme tutto il coraggio e le energie accumulate in questi lunghi anni di gare e le ha inesorabilmente scaricate sulle nevi coreane che, metro dopo metro, si coloravano sempre più d'azzurro impresa. Troppo veloce, troppo forte, troppo tosta. Per tutte. Anche per la sorpresa più grande di questa stagione, quella Mowinckel avversario più che ostico e già argento in gigante a PyeongChang, battuta di 9 centesimi. E, soprattutto, anche della regina (oramai ex?) e grande amica Lindsey Vonn, da oggi ufficialmente scalzata dalla principessa bergamasca diventata a tutti gli effetti la nuova Dea (da bergasca, non per caso) del circo bianco.

Talento e fatica

Merito di un grande e indiscutibile talento, affinato tra le curve e i paletti della Lombardia prima, dove sciava col fratello e già a 8 anni batteva i maschietti nelle prime gare amatoriali, e poi di tutto il mondo. Ma anche di un'incredibile condizione atletica, portata avanti anche grazie al lavoro di uno dei suoi segreti, quel Matteo Artina, stesso preparotore anche della Moioli - altra sua grande amica e altro oro a PyeongChang - conosciuto per caso in palestra. Da quel giorno l'ha seguito e non l'ha più mollato, si è messa sotto e ha cominciato a sudare sul serio, per cancellare quei due maledetti infortuni al ginocchio che l'avevano tenuta ferma per quasi tre anni e cominciare quel processo di metamorfosi che l'ha trasformata nella super Sofia capace di collezionare, nelle ultime due stagioni di Coppa del Mondo, ben 20 podi e 4 vittorie. Fino all'indicibile emozione vissuta a PyeongChang.

Belle, le foto e lo studio: l'altra Sofia

L'avrà percepita, quell'emozione, e avrà scodinzolato anche Belle, il pastore australiano inseparabile compagno che Sofia si porta in giro praticamente ovunque. Anche sul podio, come quella a Sestriere, quando cominciò a far sapere al mondo che una nuova stella stava per cominciare a brillare. Ama alla follia i cani e gli animali, così come intenso è tutto il rapporto con la natura, anche grazie all'impulso dei propri genitori che quando era piccola la iniziarono alla vita di montagna comprando e ristrutturando una baita vicino Cogne. Poi la fotografia, altra sua grandissima passione al di fuori dello sport, e lo studio, sì anche quello, necessario per dare un senso completo alla sua figura di campionessa tout court. Dopo il diploma da privatista, ha tentato con le facoltà di Economia prima e Filosofia poi, troppo impegnative per un'atleta professionista, poi la decisione di cercare comunque di laurearsi in Scienze Politiche seguendo un corso online.

Più forte di tutto

Testarda e concreta, dunque. Ma anche divertente burlona e insaziabile giocherellona, secondo un copyright da lei stessa ideato. Le Goggiate, quegli istinti folli e trascinanti che in pista forse l'hanno rallentatata un pelino a inizio di carriera ma che la rendono senza alcun dubbio il personaggio per eccellenza dello sci mondiale. Ma anche programmazione e convinzione, forza d'animo e coraggio, come quando, ancora bambina, scivolo da una seggiovia, sempre nell'ormai famosa Foppolo, e alla quale rimase aggrappatta fino al termine della sua corsa, senza cadere e lasciando di stucco tutti i suoi piccoli comnpagni di corso, palesemente terrorizzati. Oppure come quando ebbe la forza non di non cadere ma di rialzarsi, dopo quel maledetto infortunio al crociato di un ginocchio a Lake Louise il 17 dicembre del 2013. Da quel giorno è cominciata tutta un'altra storia, che come in una favola l'ha proiettata sino al podio coreano.

Lacrime di bimba

Bastava vederla, impettita e fiera, ma anche incredibilmente emozionata, mentre con la medaglia al collo cantava a per di fiato l'inno di Mameli. E' proprio in quel momento, con le lacrime che le rigavano irrimediabilmente le guance, che avrà rimesso insieme tutti i pezzi della sua meravigliosa storia. Avrà pensato al suo primo setter, scomparso quando aveva 17 anni. Sarà tornata con la mente a Lake Louise e al Sestriere e a tutti i podi di Coppa del Mondo, avrà pensato ai tanti amici e compagni sfidati, a Matteo, alla scuola, alle foto, ai chilometri percorsi al freddo e al gelo per completare il suo percorso e poi, quasi all'improvisso, sarà finalmente tornata in quelle mattine fredde di Foppolo, lì dove tutto ha avuto inizio.

"Sono una ragazza fortunata, inseguivo un sogno fin da quando era bambina e ora è tra le mie mani". No Sofia, siamo noi a essere fortunati. Per averti potuto ammirare. E per averci fatto commuovere. Il piccolo diavolo che sulla neve voleva battere anche i maschi ora non c'è più. Da oggi c'è solo lei, la nuova Dea dello sci mondiale