Olimpiadi invernali, Sofia Goggia oro in discesa: è nella storia come Tomba e Compagnoni

Olimpiadi

Giovanni Bruno

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La campionessa di Bergamo è entrata di diritto nella storia del nostro sport vincendo a PyeongChang la prima medaglia olimpica azzurra dello sci italiano in discesa. Una storia lunga e vincente, che dal pioniere Zeno Colò arriva fino ai due più grandi di sempre, Alberto Tomba e Deborah Compagnoni. Che da oggi sono in compagnia di una agguerrita bergamasca

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E’ la Storia signori, è la Storia. Proprio così: quando si consultano gli annuari, gli archivi e la memoria vuol dire che si fa la Storia. Sì la Storia, quella con la S maiuscola. Quella che Sofia, S maiuscola, sta riscrivendo. Con il suo carattere, con la sua voglia di emergere, con il suo particolare sorriso quasi irriverente a coprire quella finta timidezza che la contraddistingue. Sofia vince una medaglia in discesa, la prima al femminile, che dà molto allo sci italiano. Le medaglie d’oro erano ferme da troppo tempo, 8 anni al maschile con il magico ultimo giorno in slalom di Giuliano Razzoli, a Vancouver, e ben 16 al femminile. Si era a Salt Lake City, supergigante di SnowBasin, e dalla cabala della neve statunitense uscì il nome di Daniela Ceccarelli da Rocca di Papa, come nascita, ma piemontese di adozione, e non quello della dominatrice Janica Kostelic (3 ori): terza arrivò Karen Putzer per confermare d’azzurro il podio del 2002. Fantastico quel giorno poi più nulla… Come anche in libera, dove solo negli ultimi anni dobbiamo contare podi olimpici della fuoriclasse di Ortisei Isolde Kostner, un argento e un bronzo, ma mai vittorie. E’ la disciplina realmente più antica dello sci perché basta scendere, dappertutto, con velocità.

Il pioniere Colò

E’ il vero istinto dello sciatore, la discesa. La Libera, The Downhill, a livello olimpico sia per gli uomini che per le donne, esordiva nel 1948 a St. Moritz, dopo essere stata presa in considerazione solo come prima manche della Combinata. Nel 1952, ad Oslo, proprio in discesa il nome di Zeno Colò veniva scritto nella leggenda olimpica come nostra prima medaglia d’oro in contemporanea con Giuliana Minuzzo che portava a casa un bellissimo bronzo. Zeno Colò, freccia dell’abetone, scuola toscana con Vittorio Chierroni, Celina Seghi e Paride Milianti. Colò fu realmente memorabile, vinceva in tutte le discipline ma le sue gambe d’acciaio o meglio di legno di betulla dei boschi abetonesi erano il suo sostegno di classe. Furono anni particolari con pochi filmati e tante foto, un bianco e nero di rigore come le loro guaine che sbattevano con vento e velocità. Si dirà: altri tempi. E’ vero, ma che meraviglia.

Attenti alla valanga

La vera meraviglia fu però la nascita della valanga azzurra, correva il 1974, di cui il capostipite Gustavo Thoeni da Trafoi, vinceva già la medaglia d’oro a Sapporo, in Giappone, nel 1972. Salom Gigante e poi argento in slalom dietro un certo spagnolo Francisco Fernandez Ochoa detto Paquito, sbucato dal nulla. Gustavo creò tutto il movimento sciatorio di quegli anni, dagli sci all’abbigliamento era pura moda. Con lui ecco Piero Gros nel 1976, altro oro stavolta in speciale e sempre Thoeni con lui sul podio. Era veramente un ‘Italia vincente. Prima di arrivare all’era di Tomba e Compagnoni ci fu la luce nella nebbia, a Sarajevo nel 1984: Paoletta Magoni di Selvino, Bergamo, terra fertile dunque se pensiamo a Moioli e Goggia, trionfava in slalom in un nebbione pazzesco e la gente da casa riuscì solo a scorgere pochi secondi e poche porte di questa significativa vittoria al femminile.

I due più grandi

I numeri aumentano come le palline del pallottoliere quando si parla di Alberto Tomba e Deborah Compagnoni , 3 ori a testa. Descriverli è realmente impossibile, ci vorrebbero pagine e pagine di racconto per cui ora basta dire cosa e quando hanno vinto. Per il campionissimo due Giganti ed uno slalom tra l‘88 e il ’92; per la fuoriclasse di Santa Caterina Valfurva 2 Giganti e un SuperG  distribuiti nei Giochi ‘92, ‘94 e ‘98. Semplicemente la Storia, declinata al femminile e al maschile e tutta al servizio di due paia di sci. Da oggi, al suo interno, c’è anche la leonessa di Bergamo.