Olimpiadi, Quadarella bronzo da guerriera negli 800 stile. Ledecky nella storia

TOKYO 2020
Lia Capizzi

Lia Capizzi

©Getty

Nella notte italiana arriva un'altra medaglia azzurra: è bronzo per Simona Quadarella negli 800 stile libero. Poi l'abbraccio a Katie Ledecky, che realizza il Triple Crown vincendo il terzo oro olimpico negli 800

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Una gara che ristabilisce l’ordine delle cose. Gli 800 stile libero di Tokyo 2020 rimettono in ordine i valori. La Quadarella sale dove merita di stare, sul podio olimpico. Perché è una fuoriclasse, per talento ed impegno, ma dimostra di esserlo in quanto a reazione. Due giorni prima è uscita scornata dai 1500 stile libero, da campionessa del mondo in carica ha chiuso mestamente al quinto posto dopo aver nuotato in modo apatico, senza forze, senza il tradizionale veleno. Avrebbe voluto urlare contro la sfiga che le ha riservato una gastroenterite due settimane prima del debutto a cinque cerchi, ma non lo ha fatto. La sera prima di partire per Tokyo, il 12 luglio, la 22enne romana ha 38 di febbre, va e viene dal bagno, non si regge in piedi, e scatta l’allarme: impossibile farle affrontare 12 ore di volo in questo stato. La Federnuoto, il Coni, l’Aniene – società di appartenenza — passano ore a consultarsi, a capire, a trovare una soluzione. Aspettiamo, vediamo come reagisce. Sull’aereo la Quadarella ci sale il 17 luglio, atterrando il 18 di un afoso pomeriggio nipponico. Ha otto giorni di tempo per adeguarsi al fuso ma soprattutto per recuperare le forze. Ci ha messo una vita a realizzare il suo sogno, ha pianto quando non le hanno dato fiducia per i Giochi di Rio 2016: sei ancora troppo piccola, devi crescere. Testa bassa si è allenata ancor più intensamente, zitta e nuota…vi faccio vedere io. Seguita come un’ombra dal suo storico allenatore Christian Minotti,  - ex olimpionico a Sidney 2000 e Atene 2004, nei 1500 - un binomio atleta&coach che è un mix di complicità, di protezione e pure di scazzi. Simona ci teneva troppo al debutto olimpico nelle 30 vasche, la botta emotiva della sconfitta è stata tremenda, in camera al Villaggio ha cercato conforto in Elena Di Liddo. Da anni la pugliese, azzurra del delfino e grande donna squadra, regala sorrisi a Simona, coccole di amicizia che servono a lenire le ferite. “E’ stato difficilissimo in un solo pomeriggio resettare quello che era successo nei 1500 e ripartire. Ma volevo tornare a casa con un medaglia, questo è poco ma sicuro”.

Alla partenza degli 800 stile ha le idee chiare: non guardare le altre che partiranno subito a razzo, nuota calma i primi 400 tra i 4’08 e i 4’10 e poi aziona le gambe provando a risalire. Piano eseguito alla lettera. La Ledecky (8’12”57) e l’australiana Titmus (8’13”83, argento) imprimono alla gara un ritmo alto sin da subito, Simona è regolare, vira in 4’08”13 a metà gara, è quarta. Accelera e ai 450 metri supera l’americana Grimes. Dalla terza posizione prende il controllo della situazione, da qui non passa nessuna. E’ una Quadarella al 70% ma ha imparato la lezione appresa 24 ore prima ammirando Greg Paltrinieri azzannare un argento nella stessa specialità, anche lui non in perfetta condizioni fisiche: campioni veri sono quelli che riescono ad ottimizzare anche quel poco che hanno. Et voilà, 8’18”35,  Il bronzo di una Simona guerriera. “Se sei ferito sai che ti devi leccare le cicatrici, rimetterti in gioco e provarci”, il discorso pre-gara che le ha inculcato Minotti, per tirare fuori quel quid in più che fa la differenza. “Finalmente ci sono riuscita a salire sul podio delle Olimpiadi. E’ stato un lavoro lunghissimo e faticosissimo. No, in questo bronzo non c’è il veleno, questo è un bronzo del sudore e della sofferenza. Ed è per tutti coloro che ci hanno creduto insieme a me, in questi anni, sostenendomi. Anche soprattutto negli ultimi 15 giorni che sono stati difficili e delicatissimi”. Per Simona le medaglie sono due. Il bronzo e l’abbraccio della Ledecky. Una istantanea che vale un mondo, anche per la dinamica

E’ la fuoriclasse statunitense ad avvicinarsi per metterle le braccia al collo, una dimostrazione di rispetto che pesa come un oro. L’ultima volta che si erano sfidate, ai Mondiali di Gwangju 2019, era la Ledecky in versione decisamente umana, debilitata da un virus, vincente negli 800 ma costretta a dare forfait nei 1500 che hanno poi regalato all’azzurra l’oro iridato. Qui a Tokyo l’aliena Ledecky ha appena realizzato una impresa, è il suo terzo oro olimpico consecutivo negli 800 stile (Londra 2012  Rio 2016 e Tokyo 2020), diventa la quarta donna della storia a realizzare la Triple Crown insieme all’australiana Dawn Fraser (1956-1964, 100 stile) all’ungherese Krisztina Egerszegi (1988-1996, 200 dorso), e a Michael Phelps (2004-2016, 100 farfalla). Tra le braccia l’una dell’altra sono per un istante semplicemente due quasi coetanee Katie (1997) e Simona (1998), la ragazza miliardaria che è cresciuta sulle ginocchia di MJ Michael Jordan, migliore amico dello zio, e la  romana della borgata Ottavia che ha iniziato a nuotare per imitare la sorella maggiore Erica. Katie e Simona, la prima è un mito che ha rivoluzionato la storia dello stile libero, l’altra è una apprendista fuoriclasse che è appena entrata nella storia dei Giochi, terza italiana a podio negli 800 dopo l’argento di Alessia Filippi a Pechino 2008 e il bronzo di Novella Calligaris a Monaco 1972. Separate da un Oceano ma unite dall’amore per la competizione, tra agoniste ci si annusa e ci si capisce al volo. Complimenti e see you soon, ci ritroviamo a Parigi 2024, insieme.