Tokyo2020, Bielorussia: il caso di Krystina Tsimanouskaya
la storia ©GettyKrystina Tsimanouskaya, atleta bielorussa, dopo aver espresso sui social giudizi negativi su allenatori e dirigenti della sua federazione, è al centro di un caso diplomatico. Le autorità bielorusse hanno chiesto il rimpatrio immediato dopo le sue critiche, ma l'atleta ha chiesto protezione alle autorità giapponesi: la Polonia le ha rilasciato un "passaporto umanitario". Ma comunque non potrà partecipare alle gare. Una vicenda che ci fa tornare ai tempi della cortina di ferro
Che la Bielorussia non sia esattamente un paese democratico in cui si possano esprimere idee e critiche e non in linea con il potere è piuttosto noto. Krystina Tsimanouskaya, bielorussa, ventiquattrenne,velocista nell’atletica (11,47 nella batteria dei 100 metri), all’Olimpiade di Tokyo si è permessa, in epoca social, di esprimere qualche giudizio negativo nei confronti degli allenatori e dei dirigenti, come si sarebbe detto qualche anno fa, cortina di ferro e muro presenti. Come da epoca vetero-sovietica, molto pre-digitale, è arrivata la punizione: “rimpatriatela subito !”. All’aeroporto però la ragazza si è messa nelle mani dell’autorità giapponese, spiegando che stava per essere rimandata a casa a forza, contro la sua volontà. Protetta e bloccata a Tokyo ha poi ricevuto un ”humanitarian visa”, un visto tipo asilo politico, dalla Polonia, attraverso la sua sede diplomatica. Unico problema il motivo per cui era venuta in Giappone e aveva lavorato sodo, ovvero partecipare alle Olimpiadi. La Bielorussia ha (ovviamente) detto no alla sua partecipazione ai 200 metri e la sua posizione, non polacca e nemmeno apolide, non le hanno consentito di sostenere adeguatamente la sua richiesta al Tas, il tribunale arbitrale dello sport. Rigettata…Ricorso e corsa sono finiti per lei a Tokyo, corsi e ricorsi storici ci hanno invece riportato a Varsavia, ma quella del famoso Patto…