Rugby: Sei Nazioni, tutto quello che c'è da sapere

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Mauro Mondello

6nazionicope

Sabato si apre la manifestazione continentale e in questa guida vi presentiamo punti di forza e limiti di ogni squadra partecipante. Qual è la favorita? Quali sono i giocatori da tenere d'occhio? Che Italia dobbiamo aspettarci?

 

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L'edizione numero 124 del Sei Nazioni di rugby, la diciannovesima da quando l'Italia fu ammessa, nel 2000, parte sabato 3 febbraio con il match inaugurale fra Galles e Scozia. Nonostante l'appuntamento mondiale sia ancora molto lontano (Giappone 2019), mai come quest'anno le squadre impegnate nel torneo, Inghilterra su tutte, danno l'impressione di voler utilizzare i cinque scontri ravvicinati di alto livello per raccogliere indicazioni decisive sulla strada verso la Coppa del Mondo.

Il XV inglese ha un'opportunità storica: mai nessuno, dal 1883 ad oggi, è riuscito a conquistare tre titoli consecutivi. Nonostante parta da favorita, per la squadra allenata da Eddie Jones non sarà semplice riconfermarsi campione. L'Irlanda, che ha ben impressionato nei test-match autunnali e inserito in rosa diversi nuovi giocatori di talento, è uno sfidante più che credibile, mentre la Scozia, arrivata ormai al picco di maturità nel percorso tecnico iniziato al mondiale 2015, si gioca seriamente, per la prima volta dal 1999, delle possibilità di vittoria.

Partono più indietro il Galles, che appare alla fine del ciclo vincente segnato dal tecnico neozelandese Gatland, e la Francia, il cui nuovo allenatore, Jacques Brunel, è sulla panchina dei Bleus da appena quattro settimane e ha già dimostrato con le sue prime convocazioni di voler utilizzare il torneo per testare una rosa giovane ed inesperta in prospettiva mondiale.

Lontanissima l'Italia, che gli scommettitori più teneri danno vincente con quote astronomiche di 1/500 e che si presenta al torneo con quella che, secondo molti, è forse la rosa con meno talento di tutta la storia rugbistica azzurra. Abbiamo analizzato punti di forza e limiti di tutte le squadre impegnati, cercando di rendervi più interessante la visione di questo Sei Nazioni.

Inghilterra

 

Dopo la batosta subita nel 2015, con l'onta dell'eliminazione già nella fase a gironi, per la prima volta nella storia e per giunta nel mondiale di casa, l'Inghilterra ha messo insieme 22 successi su 23 partite giocate e la vittoria di due Sei Nazioni (uno con grande slam).

Il tecnico australiano Eddie Jones ha costruito una squadra atleticamente incontenibile, che ha dimostrato di riuscire a vincere le partite cambiando in corsa il piano di gioco e sfruttando una versatilità tattica che forse solo la Nuova Zelanda ha dimostrato a questi livelli. L'Inghilterra è una squadra dinamica, potente, energica, di cui è facile intuire la forza a partire dalla serenità con cui si presenta a questo Sei Nazioni nonostante i 14 indisponibili, fra cui giocatori fondamentali come il numero 8 Billy Vunipola, il suo sostituto naturale, Nathan Hughes, e l'utility back Elliot Daly.

Punti di forza

L'efficacia della rimessa laterale è un tassello decisivo nello sviluppo del gioco inglese. Dylan Hartley, l'uomo che Eddie Jones ha promosso a capitano fra le critiche trasversali di quanti lo ritengono un giocatore scorretto, ha dimostrato di essere un fattore chiave nella conquista delle touche. L'Inghilterra utilizza la rimessa laterale in maniera chirurgica, non solo per il controllo del possesso, ma anche come setup per lanciare azioni provate in allenamento che finiscono in meta dopo un massimo di tre fasi: George Kruis e Courtney Lawes sono saltatori che garantiscono un numero enorme di opzioni, sia in attacco che in fase difensiva, mentre Maro Itoje, oggi uno dei giocatori fisicamente più dominanti al mondo, è forse il più grande rubapalloni, in touche come nelle fasi di gioco a terra, in circolazione.

A fare la differenza nel gioco inglese è anche la straordinaria versatilità dimostrata nella gestione del gioco. Non si tratta di un caso ma di una caratteristica legata alle capacità tecniche ed  individuali della linea di tre-quarti messa insieme dal XV della Rosa. Owen Farrell e John Ford garantiscono un numero enorme di opzioni di playmaking, permettendo ai back inglesi di schierarsi spesso, da mischia chiusa a proprio favore, su entrambi i lati del campo, potendo contare su due eccellenti gestori del gioco e raddoppiando la pressione offensiva sulla squadra avversaria. Lo schieramento di Farrell come primo centro permette inoltre al numero 10 Ford di giocare con più serenità, soprattutto in fase difensiva, e di poter contare su un ventaglio molto ampio di opzioni al piede. Come se non bastasse, mentre a livello internazionale sono molte le squadre alla disperata ricerca di un'apertura di livello, l'Inghilterra può contare in panchina sul talento di Lozowski, numero 10 dei Saracens che potrebbe ritagliarsi un po' di spazio durante il torneo, e del giovanissimo Marcus Smith, il diciottenne degli Harlequins aggregato al gruppo inglese come apprentice player.

Punti deboli

Eddie Jones ha deciso di puntare su giocatori di mischia che possano muoversi a tutto campo, con seconde linee dai profili atletici da flanker (su tutti Itoje e Lawes) e piloni che perdono qualcosa in mischia chiusa, garantendo però profondità difensiva e grande efficienza palla in mano (Mako Vunipola). Ne patisce, inevitabilmente, la mischia ordinata, che, seppur solida, potrebbe essere messa in difficoltà da un pacchetto come quello irlandese, più pesante e quadrato sulla fase statica.

Bisognerà poi verificare se le numerose assenze saranno ben assorbite dal XV inglese, soprattutto considerando le ulteriori defezioni che via via potranno aggiungersi nel corso del torneo. L'Inghilterra perde, con le assenze di Billy Vunipola e Nathan Hughes, i suoi due ball carrier più efficaci, la cui capacità di scardinare le difese avversarie in prima fase ha costituito in fattore determinante nel gioco inglese delle ultime due stagioni: Itoje e i meno esperti Sam Simmonds e Zach Mercer (tre caps in due) dovranno dimostrare di essere all'altezza anche in questo fondamentale.

Giocatore chiave

Owen Farrell non è un giocatore dal talento straordinario, non è spettacolare, non ha doti atletiche o fisiche spiccate. Eppure, secondo molti, è in questo momento il miglior giocatore al mondo. Fondamentale per il piano tattico inglese, Farrell ha migliorato il suo gioco in maniera esponenziale nel corso degli ultimi due anni ed è ormai un punto di riferimento irrinunciabile per Eddie Jones. La precisione dei passaggi, la capacità di mettersi sulle spalle la squadra nei momenti difficili, l'intelligenza nella gestione del gioco al piede, la grande solidità difensiva e la versatilità con cui riesce a svolgere il doppio ruolo di numero 10/12 sono caratteristiche che lo rendono un elemento tatticamente decisivo.

La partita da non perdere

Provate a cercare un posto per dormire a Edimburgo sabato 24 febbraio. Niente da fare, tutto pieno, già da mesi. Scozia – Inghilterra è uno degli eventi sportivi più importanti del 2018 in terra britannica. Un'occasione storica per gli scozzesi, che qualora dovessero arrivare all'incontro forti di due vittorie nei turni precedenti, andrebbero a giocarsi il tutto per tutto sul  campo di casa.

Per l'Inghilterra quella di Murrayfield sarà certamente la trasferta più dura (le altre due sono Italia e Francia) sulla strada verso la conquista del terzo Sei Nazioni consecutivo.

Irlanda

La squadra guidata da Joe Schmidt si è aggiudicata le edizioni 2014 e 2015 del torneo, ma ha dovuto assistere al trionfo inglese delle ultime due stagioni, nonostante abbia sconfitto nel 2017 il XV di Jones nell'ultimo turno della competizione, privando l'Inghilterra di quello che sarebbe stato uno storico secondo grande slam consecutivo.

L'Irlanda arriva al match di apertura con la Francia, sabato 3 febbraio a Parigi, in grande forma, dopo le tre consistenti vittorie autunnali contro Sudafrica, Argentina e Fiji. Gli irlandesi possono inoltre contare sul grande stato di salute dei propri club, con Leinster, Munster e Connacht qualificate ai quarti di Champions e Challenge Cup. I test-match di novembre hanno mostrato che Joe Schmidt, in controtendenza rispetto al passato, può ormai contare su una panchina lunga e di talento e potrà inoltre gestire una lista di infortunati forse meno pesante (Sean O'Brien e Rhys Ruddock le assenza più gravi), rispetto ai suoi avversari.

Punti di forza

La linea mediana irlandese è fra le meglio assortite ed efficaci al mondo. Conor Murray è uno specialista assoluto nei calci di liberazione da mischia chiusa, ha un passaggio preciso e accurato, ottimi ritmi di gioco e solidità difensiva da vendere. Johnny Sexton è uno dei più grandi talenti della sua generazione, un atleta coraggioso, fantastico al piede, sicuro al placcaggio, in grado di attaccare lo spazio e di gestire con lucidità il gioco. Insieme sono una minaccia continua per le difese avversarie e le loro caratteristiche tecniche si combinano in maniera perfetta. A rendere il reparto ancora più decisivo è la possibilità di poter ricorrere dalla panchina al talento di Joey Carbery (utilizzato come estremo nel club, ma protagonista da numero 10 nel test match vinto dall'Irlanda contro le Fiji in autunno) e Ian Keatley.

L'Irlanda ha una rolling maul devastante e può diventare letale quando il lancio del tallonatore Rory Best e le chiamate in touche di O'Mahoney riescono a mettere in moto una rimessa laterale che per efficacia non ha nulla da invidiare a quelle di Inghilterra e Nuova Zelanda.

Punti deboli

La zona del campo su cui potrebbero provare a penetrare le avversarie dell'Irlanda è quella centrale, con la posizione di 13 lasciata scoperta dagli infortuni di Jared Payne e Gary Ringrose (quest'ultimo potrebbe rientrare dopo i primi due match). Bundee Aki e Chris Farrell si giocano una maglia per affiancare Robbie Henshaw e, nonostante non abbiano sfigurato quando chiamati in causa, hanno poca esperienza internazionale (2 caps a testa) e potrebbero soffrire la pressione di un palcoscenico duro come quello del Sei Nazioni.

Giocatore chiave

Johnny Sexton e Conor Murray sono senza dubbio elementi decisivi di questa squadra, che al momento ha però nel pilone Tadhg Furlon il vero puro di riferimento. 25 anni, 1 metro e 85 per 126 chili, 19 caps con la maglia irlandese, il giocatore di Leinster è un bisonte con le mani di velluto, capace di passaggi precisi e off-load ad alto coefficiente di difficoltà. Nonostante ci si concentri spesso solo sulle sue qualità di ball carrier, Furlong è un giocatore che si fa sentire anche nelle fasi statiche, con grande consistenza nelle mischie ordinate e una quantità infinita di lavoro sporco in maul e nel gioco a terra.

La partita da non perdere

Il match chiave dell'Irlanda sarà quello del 24 febbraio, a Dublino contro il Galles. Rispettando i pronostici e portando a casa le prime due partite contro Francia e Italia, sarà infatti questa partita ad incanalare i ragazzi di Schmidt verso la volata finale.

Ciò detto, l'incontro da non perdere è quello contro l'Inghilterra, a Twickenham, il 17 marzo, in un'ultima giornata che potrebbe regalare una sfida epica per la conquista del torneo o una ripetizione del match andato in scena la passata stagione, con l'Irlanda a giocare alla morte per evitare la conquista del Grande Slam agli inglesi.

Scozia

La Scozia arriva a quest’edizione con aspettative altissime. La squadra scozzese è riuscita a costruire un gruppo solido sulle basi della grande delusione patita ai mondiali 2015, quando venne ingiustamente eliminata, per una svista arbitrale, nei quarti di finale giocati contro l'Australia. Da quel momento gli scozzesi hanno compiuto una progressione costante di gioco e risultati, sotto la guida tecnica di Vernon Cotter e, dopo la partenza per Montpellier dell'allenatore neozelandese, di Gregor Townsend.

Il cambio in panchina non ha creato particolari scossoni all'interno del gruppo, che nei test-match autunnali ha anzi mostrato ulteriori segnali di crescita dal punto di vista del gioco, con la vittoria per 53-24 sull'Australia e la grande prestazione contro gli All Blacks, usciti vittoriosi di soli 5 punti da Murrayfield.

Il nemico più pericoloso per il XV dei Cardi, che è comunque sulla carta più debole rispetto alle nazionali d'Inghilterra ed Irlanda, è la pressione di tutto un paese che aspetta di tornare sul gradino più alto del podio dal lontano 1999.

Punti di forza

Ali Price ha colto al balzo la possibilità apertagli dall'infortunio di Greig Laidlaw e si è impossessato della maglia numero 9 con personalità e una gestione del gioco che si sposa perfettamente con l'approccio temerario e i ritmi accelerati della squadra scozzese. Il risultato è che la Scozia si ritrova oggi con due mediani di mischia di livello mondiale da poter alternare e una cerniera di playmaker che, con Finn Russell nel ruolo di apertura, garantisce sicurezza e la prospettiva di poter lavorare a lungo termine.

A questo si aggiunge la grande abbondanza a disposizione di Townsend ai centri, con Alex Dunbar e Huw Jones pronti a ribadire in nazionale il feeling dimostrato con la maglia dei Glasgow Warriors. Jones, soprattutto, ha dimostrato un talento naturale per lanciarsi negli spazi palla in mano e sarà interessante vederlo all'opera contro una difesa molto attenta come quella inglese, dopo le tre mete segnate in altrettanti test-match giocati in novembre.

Punti deboli

La situazione della prima linea scozzese è molto complessa, a causa di infortuni che hanno messo via via fuorigioco Zandar Ferguson, WP Nel, Allan Dell, Al Dickinson, Ross Ford, solo per citarne alcuni.

Townsend è stato così costretto a portare in squadra numerosi giocatori senza grande esperienza, come ad esempio Murray McCallum e D'arcy Rae, rispettivamente 23 e 21 anni, richiamando in nazionale Jon Welsh, fuori da tempo dalle convocazioni, e il veterano 36enne Scott Lawson.

Giocatore chiave

Votato miglior giocatore del torneo nelle ultime due edizioni, a 25 anni e con già 55 caps sulle spalle, Stuart Hogg oggi non è soltanto l'elemento più determinante per il XV scozzese, ma anche uno dei tre-quarti più forti al mondo. L'estremo dei Glasgow Warriors è un giocatore completo, capace di tagliare le difese con la sua straordinaria velocità, ma anche di leggere tatticamente la partita, utilizzando il piede in maniera precisa.

La partita da non perdere

Quest'anno “la partita”, per tutti gli scozzesi, è quella contro l'Inghilterra, allo stadio Murrayfield, sabato 24 febbraio alle 16.45. L'ultima vittoria della Scozia è datata 8 marzo 2008, un 15-9 che vide l'apertura inglese Johnny Wilkinson diventare il più grande marcatore di sempre nella storia del rugby, ma che spalancò le porte per la vittoria del Galles nel torneo.

Galles

«Penso che vinceremo il torneo», ha dichiarato in conferenza stampa il tecnico Warren Gatland quando gli è stato chiesto quali fossero le prospettive di una squadra falcidiata da infortuni che terranno fuori dalla competizione gran parte dei migliori giocatori gallesi: Jonathan Davies, Taulupe Faletau, Dan Biggar, Rhys Priestland, Liam Williams, Sam Warburton, Rhys Webb, Jake Ball, Dan Lydiate. Da questa lista potrebbero resuscitare un paio di nomi (Faletau e Biggar su tutti), ma sembra comunque difficile che la squadra gallese riesca a sostenere l'impatto tecnico e fisico di team come Inghilterra e Irlanda, che arrivano all'appuntamento del Sei Nazioni in condizioni molto migliori.

Gatland ha deciso di convocare 13 giocatori degli Scarlets Llanelli, cercando di sfruttare il buon momento del club, capace di qualificarsi, per la prima volta in sei anni, ai quarti di finale della Champions Cup, la più importante competizione europea. La campagna autunnale del Galles ha portato a casa due striminzite vittorie contro Georgia e Sudafrica e due sconfitte contro All Blacks ed Australia. Mai però sottovalutare il cuore della squadra gallese.

Punti di forza

La terza linea gallese ha una profondità spaventosa. Nonostante gli infortuni di giocatori come Faletau e Warburton potrà permettersi di schierare un terzetto composto da Ross Moriarty, Justin Tipuric e, probabilmente, James Davies, alla prima, meritatissima, convocazione: un muro formidabile e che garantisce uno degli impatti più potenti del torneo, sia in fase offensiva che difensiva. Tipuric, soprattutto, a 28 anni e con 52 caps all'attivo, è un giocatore al culmine della maturità sportiva, con skills nel gioco alla mano non comuni per un elemento di mischia e un'efficienza difensiva che, nonostante mezzi fisici nella norma, lo ha portato a stabilire un record assoluto nei due ultimi tour disputati con la maglia dei Lions: 107 placcaggi complessivi, nessun placcaggio mancato.

La linea di tre-quarti, per quanto orfana, fra gli altri, di un giocatore fenomenale come Jonathan Davies, garantisce al Galles una grande varietà di opzioni e può contare su due giocatori in grandissima forma: Hadleigh Parkes e Scott Williams. Parkes, 30 anni ma un solo cap con la maglia dei Dragoni (è di origine neozelandese), ha convinto tutti con una prima parte di stagione spettacolare al comando della linea d'attacco degli Scarlets e la sua capacità di impatto garantisce forza e sostanza ai back gallesi.

Punti deboli

Già detto degli infortuni che inevitabilmente condizioneranno il XV di Gatland, è la posizione di mediano di apertura quella che preoccupa di più i tifosi gallesi. Fuori Biggar (che potrebbe rientrare per la quarta giornata, a Cardiff contro l'Italia), il Galles dovrà affidarsi a uno fra Patchell e Anscombe, poco esperti a livello internazionale e il cui rendimento sarà subito testato contro due avversarie difficili come Scozia e Inghilterra.

Problemi pure per quanto riguarda il triangolo allargato, con North e Amos convocati ma ancora lontani dalla migliore condizione e che difficilmente saranno della partita all'esordio. Josh Adams e Steffan Evans, 0 e 5 caps all'attivo, sembrano in questo momento i candidati più credibili per una maglia da titolare contro la Scozia: Adams, 22 anni, è un ottimo prospetto, in testa alla classifica per mete segnate (9) nel campionato inglese con la maglia dei Worcester Warriors e sarà interessante vederlo all'opera su un palcoscenico più impegnativo.

Giocatore chiave

Alun Wyn Jones, 32 anni, 113 caps, seconda linea, anima e capitano di questa squadra, avrà un ruolo determinante nel piano tattico del Galles. Se la mischia riuscirà a sostenere l'impatto contro Irlanda e Inghilterra, andando a battersi con coraggio sia sulle fasi statiche che sul gioco aperto, il merito sarà probabilmente di questo straordinario giocatore, le cui doti difensive e l'abilità nelle strutture ordinate del gioco lo rendono una delle migliori seconde linee di tutti i tempi.

La partita da non perdere

Il torneo gallese si deciderà all'esordio, quando al Millennium Stadium di Cardiff arriverà la Scozia nella partita d'apertura del Sei Nazioni 2018. Una sconfitta contro i Cardi incanalerebbe da subito in un binario di mediocrità il percorso dei gallesi nella competizione. Un successo, dall'altro lato, aprirebbe uno scenario del tutto imprevedibile, con i Dragoni galvanizzati a dovere prima del viaggio verso Londra, dove affronteranno l'Inghilterra nel secondo turno.

Francia

Ennesima rifondazione per una Francia che ha deciso di ripartire nuovamente da zero dopo un'annata contraddistinta da appena tre successi in undici test-match: il pareggio per 23-23 dello scorso autunno è costato la panchina al tecnico Guy Noves.

A guidare Les Bleus c'è adesso Jacques Brunel, l'ex allenatore della nazionale italiana, che dopo un periodo di risultati altalenanti alla guida del Bordeuax Bègles, è stato chiamato dalla federazione francese per mettere le basi a un nuovo progetto tecnico, che punti a rinnovare definitivamente la Francia del rugby, con l'obiettivo di ben figurare al mondiale giapponese del 2019.

Brunel non si è fatto pregare e ha messo insieme una squadra giovanissima e piena di volti nuovi, facendo fuori anche un giocatore del calibro di Louis Picamoles, peraltro protagonista di un'ottima prima parte di stagione con Montpellier. Come se non bastasse, il rugby francese vive un momento molto concitato a causa di un'inchiesta giudiziaria che vede coinvolto il presidente federale Laporte, un ulteriore elemento di disturbo per una squadra piena di incognite.

I punti di forza

La mischia francese è potente, ben assortita, dominante. Il pack bleus continua a sfornare talenti e può contare su una serie di giocatori individualmente in grado di fare la differenza. Il capitano, Guilhelm Guirado, è un tallonatore esperto e solido sia in mischia chiusa che sulle rimesse laterali; Rabah Slimani, nonostante le accuse di gioco sporco che costantemente gli vengono lanciate dagli avversari, un pilone durissimo da affrontare. Gli inserimenti in prima linea di Dany Priso, e soprattutto di Makalou nel ruolo di flanker (uno dei possibili “giocatori sorpresa” del torneo) rendono ancora più profonda la scelta transalpina per il pacchetto di avanti.

I due mediani di apertura nuovi di zecca, Anthony Belleau (2 caps, 21 anni) e Matthieu Jalibert (0 cap, 19 anni) potrebbero costituire un elemento di versatilità fondamentale per il gioco francese, se riusciranno ad innalzare il loro livello di intensità. Jalibert, soprattutto, con la sua imprevedibilità e la grande efficacia in fase di attacco delle sue linee di corsa, potrebbe sorprendere più di un numero 10 avversario.

I punti deboli

Gli infortuni di Fofana e Parra privano il reparto dei tre-quarti francesi di due elementi fondamentali, soprattutto se si considera che in questa zona del campo c'è poca abbondanza. Brunel dovrà rinunciare non solo a molta esperienza, ma anche a buona parte della fisicità garantitagli da elementi come Basteuraud (fuori per squalifica) e appunto Fofana, entrambi in grado di rompere le linee difensive e di portare a casa un alto numero di placcaggi.

In generale, la Francia, per quanto molto talentuosa, appare lontana dalla costruzione di una struttura di gioco che possa permetterle di confrontarsi con corazzate rodatissime come quella inglese, per questo l'impressione è che la campagna francese sarà un grande esperimento sulla base del quale raccogliere informazioni in prospettiva dei prossimi impegni internazionali.

Il giocatore chiave

Detto di elementi fondamentali come Guirado e Slimani, un giocatore atteso dal salto di qualità è il mediano di mischia Antoine Dupont. Elettrico, rapido, con una bella visione di gioco e una grande capacità di infilare le difese avversarie sfruttando i buchi vicino al raggruppamento, il numero 9 di Toulouse potrebbe formare una coppia molto interessante con sia con Belleau che con Jalibert, per una cerniera mediana forse leggera, ma di grande fantasia.

La partita da non perdere

La Francia ha un obiettivo minimo in questo torneo, che è quello di portare a casa almeno due vittorie. Per questo diventa decisiva la sfida contro l'Italia del 23 febbraio al Velodrome di Marsiglia. Un'eventuale sconfitta in questa partita significherebbe un colpo durissimo al progetto di rifondazione messo in piedi da Brunel.

Italia

Gli Azzurri arrivano al Sei Nazioni 2018 con scarsa fiducia e la consapevolezza di avere poche chance di evitare l'ultimo posto. Nonostante il buon momento di forma di Zebre e Treviso a livello di club, l'Italia deve fare i conti con un movimento in grande crisi di ricambio e che fatica a sfornare talenti all'altezza. Con undici sconfitte negli ultimi dieci incontri, il XV allenato da O'Shea spera di riuscire a portare a casa almeno una vittoria e di limitare i danni nel resto della competizione.

A prescindere dalla fase di depressione che vive il rugby italiano, la mancanza di aspettative e un quasi definitivo disamoramento del pubblico di casa verso la squadra (sono finiti i tempi dell'Olimpico tutto esaurito), potrebbero in verità giocare a favore dell'Italia. Libera da ogni pressione e consapevole dei propri limiti, la nazionale azzurra potrebbe approfittare di una leggerezza che gli è spesso mancata negli ultimi anni, andando a giocarsi il tutto per tutto in ogni partita e sfruttando le capacità tattiche di Conor O'Shea, che si è già dimostrato allenatore in grado di costruire soluzioni di gioco a misura del nostro (limitato) talento.

I punti di forza

La terza linea italiana, guidata da Sergio Parisse e rinnovata dagli inserimenti di elementi come Braam Steyn, Giovanni Licata, Maxime Mbanda e Sebastian Negri, ha prospettive di miglioramento ampie e può diventare un fattore chiave nelle fasi conquista territoriale e nel lavoro difensivo. La crescita esponenziale di Licata, 20 anni e 3 caps, potrebbe regalargli addirittura una maglia da titolare all'esordio contro l'Inghilterra o comunque dei minuti a gara in corso: c'è curiosità per verificare la sua tenuta a questo livello.

O'Shea, Mike Catt e Wayne Smith compongono un trio di tecnici di altissimo lignaggio ed è principalmente sulle loro spalle che si gioca molto del percorso italiano in questo Sei Nazioni. L'abilità di esplorare le debolezze delle squadre avversarie è già stata ampiamente dimostrata nel corso della passata edizione del torneo e potrebbe risultare un fattore determinante per mettere in difficoltà squadre (ad esempio la Francia) insieme da meno tempo e con una struttura di gioco ancora confusa.

Carlo Canna, con un anno in più d'esperienza e una fiducia sempre maggiore, è atteso alla prova di maturità definitiva. La sua versatilità nel gioco alla mano, il coraggio con cui si è dimostrato capace di compiere scelte non banali in attacco e una solidità difensiva che, seppure non strabordante, lo rende comunque affidabile al placcaggio, possono risultare determinanti per una squadra, quella italiana, alla disperata ricerca di leadership fra i tre-quarti. Anche Padovani, nel ruolo di estremo, è chiamato a un Sei Nazioni di maturità.

I punti deboli

Gli infortuni di Michele Campagnaro e Leonardo Sarto hanno privato una squadra già a corto di talento di due fra gli elementi più interessanti della linea di back. La coperta è cortissima, con Benvenuti, Boni e Castello ai centri ed una serie di scommesse sul triangolo allargato, da Minozzi ad Hayward, tutte da verificare.

In mischia è la prima linea a costituire un'incognita assoluta. A parte l'esperto Ghiraldini, 33 anni e 89 caps all'attivo, e il 28enne Lovotti (20 caps e un'esperienza internazionale comunque contenuta), come piloni sono stati chiamati i giovani Pasquali, Quaglio, Ferrari e Riccioni, 10 presenze complessive. A soffrirne potrebbero essere soprattutto le fasi di mischia ordinata e rimessa laterale, sulle quali già da tempo l'Italia subisce l'impatto tecnico e fisico di quasi tutte le nazionali di primo livello.

Il giocatore chiave

È ancora una volta Sergio Parisse il giocatore fondamentale della nazionale italiana di rugby. Numero 8, capitano, anima e cuore di questa squadra, Parisse, secondo alcuni all'ultima apparizione in maglia azzurra al Sei Nazioni, dovrà caricarsi la squadra sulle spalle e tirare fuori, ancora una volta, le sue straordinarie doti di leadership. Il suo lavoro in touche, l'impegno come ball carrier, l'attenzione in fase difensiva, la lucidità in ricezione sui calci alti e in pressione sul gioco al piede nelle folate offensive, sarà determinante per garantire solidità alla manovra azzurra.

La partita da non perdere

A lungo l'incontro con la Scozia è stato l'ultima spiaggia dell'Italia del rugby per evitare il cucchiaio di legno nel Sei Nazioni. Nonostante il calendario ci opponga agli scozzesi in condizioni tecnicamente favorevoli (ultimo turno, a Roma, il 17 marzo), la squadra allenata da Townsend sembra però decisamente più avanti di quella azzurra.

Per questo la partita da puntare per l'Italia è quella contro la Francia, il 23 febbraio, a Marsiglia: contro una squadra ancora in fase di costruzione e in momento di grande caos per il movimento rugbystico francese, il XV di O'Shea potrebbe puntare al colpo grosso e tornare a casa con una vittoria di prestigio.