All Blacks-Springbocks, la rivalità che decide (da sempre) il primato mondiale nel rugby

Rivalità. La più forte nel mondo del rugby, trai due pesi massimi di questo sport. Banalmente mettendo assieme i vari Mondiali ne hanno vinti 7 su 10 disputati: 4 il Sudafrica, che non ha giocato i primi due del 1987 e 1991 essendo fuori dallo sport internazionale, 3 la Nuova Zelanda. Per restare alla Rugby World Cup, due anni fa a Parigi Springboks e All Blacks si sono trovati in finale, finita con un solo punto di scarto e con i neozelandesi a lungo in 14 per un cartellino rosso. O, se volete, e non siete grandi appassionati, almeno avrete visto Invictus, film che celebra Nelson Mandela come statista illuminato, capace di mettere assieme il paese attraverso lo sport e in particolare il rugby, la grande passione dei bianchi, dei boeri, facendolo diventare passione di tutti, un solo paese, unito. L’anno è il 1995, finale mondiale, guarda caso tra Sudafrica e Nuova Zelanda, finita con un drop di Joel Stransky nei tempi supplementari. Equilibrio, come sempre o quasi, come dice anche il ranking, per quanto ci si possa fidare dei numeri e dei calcoli in base a risultati e punteggi, con All Blacks primi e Springboks secondi. O come appare dalla classifica del Rugby Championship, dove dopo le prime due giornate ci sono 4 squadre con una vittoria . Numeri. Sarà la sfida numero 109 tra Nuova Zelanda e Sudafrica, si gioca da 104 anni, la prima volta a Dunedin, isola del sud del paese della lunga nuvola bianca, il 13 agosto 1921. Gli All Blacks hanno vinto 62 volte, gli Springboks 42, con 4 pareggi, l’ultimo nel 2019 a Wellington. Scarti minimi di solito: in 9 delle ultime 14 partite giocate c’è stata una differenza di 6 punti o meno. Gli All Blacks non vincono dal luglio 2023, poi 4 successi consecutivi degli Springboks, compresa la finale mondiale di Parigi. Il Sudafrica comunque è a secco in Nuova Zelanda da 6 anni, Wellington, settembre 2018. Se non vi siete stancati di leggere statistiche ecco quelle di Ardie Savea: il prepartita a Eden Park sarà tutto suo, ingresso solitario, come sempre nel rugby, consuetudine anglosassone, per il 100° cap, la presenza internazionale ufficiale in un test match. Il giocatore di origine samoana, l’avanti neozelandese con più mete di sempre nei test, 30, sarà il 15esimo all Black a raggiungere il traguardo del centone. Terza linea, 52 volte in campo con la maglia numero 8, 17 da 7 e 5 da 6, capace di vincere il 73% delle partite giocate. Un ultimo dato della rivalità, il più comprensibile: per gli Springboks è stata addirittura inventata la haka più cattiva, la Kapa o Pango, quella col taglio alla gola finale, inscenata per la prima volta il 28 agosto 2005 al Carisbrook di Dunedin con la guida di Tana Umaga. Eden Park. Un nome che sa di paradiso terrestre, e che, in realtà, nel rugby sa di sconfitta per chi entra in campo senza la maglia nera con la felce. Il luogo comune dello sport lo definirebbe “fortezza”: qui gli All Blacks hanno vinto due finali mondiali, 1987 e 2011, sempre contro la Francia, ma soprattutto sono imbattuti da 50, si avete letto bene, 50 partite giocate, dal 1994, in sostanza da 31 anni. E gli Springboks qui non vincono dal 1937. Il match più famoso, quanto meno per la storia che lo accompagna, è il test finale della serie tra Nuova Zelanda e Sudafrica del 1981. Epoca di apartheid, Sudafrica al bando nel mondo dello sport e non solo, eppure in campo. Il 1981 in Nuova Zelanda è considerato un po’ come il nostro ’68, con gli studenti che si ribellano in un paese da sempre tranquillo, quasi sonnolento. Un paese spaccato tra chi vuole vedere il rugby, il “footy”, tra le 2 squadre più forti che ci siano, e chi non vuole invece avere rapporti con i razzisti sudafricani. “We want rugby”, urlano gli spettatori negli stadi mentre nelle strade i dimostranti della HART si scontrano con la polizia e riescono anche a far rinviare un paio di partite. Si vede il filo spinato intorno agli stadi. Flour bomb. La partita decisiva è ad Auckland, sempre Eden Park. Viene allestito addirittura un tunnel sotterraneo, per garantire una eventuale via di fuga ai giocatori sudafricani. Match interrotto da lanci di fumogeni e carta, mai visto sui campi da rugby, e persino da un aereo, un superleggero, che sorvola lo stadio, col terrore che ci sia a bordo un pilota disposto addirittura a suicidarsi per bloccare tutto. In realtà scarica bombe di farina bianca, e a un quarto d’ora dalla fine il pilone neozelandese Gary Knight viene colpito da una di queste. Niente di che per un farmer dell’epoca. Partita tirata con finale incerto e piazzato di Hewson che porta gli All Blacks sul 25-22. La morale? Tutti sostanzialmente d’accordo nel condannare l’apartheid, ma come avresti potuto dire di essere il più forte nel rugby se non avessi battuto il Sudafrica? Morale si fa per dire, come quella che aveva portato i maori ad accettare l’appellativo di “honorary white” pur di non essere esclusi e di andare in Sudafrica e vincere con gli All Blacks. Basta fossero in pochi e non particolarmente scuri... Meno male che l’oscurantismo è davvero alle spalle!

Cosa vedere:

Come vederlo:

Online con Sky:

All Blacks-Springbocks, la rivalità che decide (da sempre) il primato mondiale nel rugby

Francesco Pierantozzi