Maria Sharapova, a Stoccarda con la Vinci il ritorno dell'ultima diva

Tennis

Stefano Olivari

Maria Sharapova alla presentazione di Sugarpova, la sua linea di dolci, a Mosca nel febbraio 2017 (Getty)
Sharapova

Dopo 15 mesi di squalifica per il caso Meldonium la giocatrice russa riparte incontrando Roberta Vinci. Incerto il suo stato di forma, sicuro che il tennis femminile soprattutto dopo lo stop di Serena Williams abbia un disperato bisogno del suo carisma

Maria Sharapova torna in campo sulla terra rossa di Stoccarda, incrociando al primo turno Roberta Vinci mercoledì sera: festeggiano gli appassionati di tennis e il pubblico generalista che sentivano la mancanza dell'ultima diva, festeggiano un po' meno le sue colleghe (Vinci in testa) che ritengono abbia goduto di una corsia preferenziale dopo la squalifica di 15 mesi per il caso Meldonium. 

LA GRANDE ATTESA

Di sicuro per questo rientro c'è un'attesa mediatica superiore a qualsiasi altra partita di tennis femminile degli ultimi tempi, fondamentalmente per un motivo: dopo lo stop per gravidanza di Serena Williams, che potrebbe anche diventare un ritiro (ha 36 anni), la Sharapova è l'unica vera diva che rimanga a un tennis femminile in crisi tecnica e di personaggi, con i prossimi tornei dello Slam che potrebbero essere vinti praticamente da chiunque senza destare grandi sorprese. Tutto il contrario di quando avviene nel mondo maschile, pieno di monumenti ancora viventi e di motivi di interesse senza nemmeno bisogno di scavare nel privato dei giocatori (piuttosto piatto, a dire il vero). In questi 15 mesi di squalifica la Sharapova è stata presente sui media più di quando giocava: eventi degli sponsor, attività imprenditoriali (su tutte Sugarpova, la sua linea di caramelle e dolci), interviste, un'autobiografia in lavorazione, presenze mondane varie dagli Oscar in giù. Inutile quindi affermare che il suo ritorno sia solo tennis, pur avendo lei vinto 5 tornei dello Slam, a partire da Wimbledon 2004 a 17 anni, e tantissimo altro.

CORSIA PREFERENZIALE

Essendo passato oltre un anno dalla sua ultima apparizione sul circuito (sconfitta contro Serena Williams nei quarti degli Australian Open 2016) la russa ha zero punti nella classifica WTA. Insomma, praticamente non esiste: non avrebbe nemmeno la classifica per giocare le qualificazioni nei torneini. Ha quindi in ogni caso bisogno di wild card, per scalare posizioni e farsi poi eventualmente largo con le sue forze. La polemica di molte colleghe (Wozniacki, Cibulkova e la stessa Vinci) contro una presunta corsia preferenziale per le wild card è quindi priva di senso. Gli organizzatori offrono l'accesso diretto al tabellone principale o alle qualificazioni seguendo due soli criteri: giovane età e nome di richiamo. Siccome la Sharapova è la tennista più conosciuta del mondo, insieme a Serena Williams, è chiaro che ogni organizzatore la vorrebbe nel proprio torneo.

CONDIZIONI

C'è poi anche il campo e qui nessuno sa davvero in quali condizioni sia la Sharapova. Che non ha mai smesso di allenarsi, ma sembra leggermente ingrassata ed in ogni caso è disabituata all'agonismo. Ma ha solo trent'anni ed probabile che dopo un periodo di assestamento torni fra le prime al mondo pur non avendo mai davvero aggiunto qualcosa al suo gioco da quando è comparsa sulla scena. Quel picchiare centrale, senza mai cambiare schema, faceva poco male a Serena Williams ma per tutte le altre può essere sufficiente. Perché spesso ci si dimentica di un dettaglio: la Sharapova sarà anche un personaggio ipermediatizzato, ma il suo personaggio è sempre stato accompagnato dalle vittorie sul campo e dagli stessi sacrifici fatti dalle altre che adesso la criticano.

In tempi di crisi, tecnica, agonistica e spettacolare, per trovare grandi spazi sui giornali le donne del tennis hanno dovuto posare mezze nude, come Caroline Wozniacki e Genie Bouchard nel numero best-seller di Sports Illustrated dedicato ai costumi da bagno, o restare incinte come Serena Williams che non giocherà forse mai più una volta diventata mamma (ad agosto) sulla soglia dei 36 anni.

Non è il caso di Maria Sharapova, la Venere siberiana campionessa di 35 tornei con 5 Slam, diva e business woman con un patrimonio assegnato da Forbes di 300 milioni di dollari, che domani sera, vestita di tutto punto dalla Nike con un abitino color “ortensia” battezzato “Special Comeback” torna a impugnare la sua Head a Stoccarda (e contro la nostra Roberta Vinci, strapazzata nei due precedenti duelli) dopo 15 mesi di squalifica dovuti al Meldonium e a una strana storia di doping confesso (il 7 marzo 2016 nell’anonimo L.A. DownTown Hotel)… per leggerezze e sbagli di tanti. Il manager distratto Max Eisenbud, lo stuolo di avvocati forse disattenti, lei stessa, la Wada, la federazione internazionale. Lei disse di aver assunto il Meldonium, un modulatore del metabolismo da anni per combattere il rischio del diabete. Fino al 2015 non era un medicinale proibito, pur sospetto di accrescere la resistenza alla fatica e accelerare i tempi di recupero. Sarebbe bastato che lei, e i suoi avvocati, dicessero che non l’aveva più preso dal 31 dicembre 2015 e, non potendo nessuno giurare sui tempi di smaltimento, se la sarebbe cavata senza danni.

In tempi di crisi, tecnica, agonistica e spettacolare, per trovare grandi spazi sui giornali le donne del tennis hanno dovuto posare mezze nude, come Caroline Wozniacki e Genie Bouchard nel numero best-seller di Sports Illustrated dedicato ai costumi da bagno, o restare incinte come Serena Williams che non giocherà forse mai più una volta diventata mamma (ad agosto) sulla soglia dei 36 anni.

Non è il caso di Maria Sharapova, la Venere siberiana campionessa di 35 tornei con 5 Slam, diva e business woman con un patrimonio assegnato da Forbes di 300 milioni di dollari, che domani sera, vestita di tutto punto dalla Nike con un abitino color “ortensia” battezzato “Special Comeback” torna a impugnare la sua Head a Stoccarda (e contro la nostra Roberta Vinci, strapazzata nei due precedenti duelli) dopo 15 mesi di squalifica dovuti al Meldonium e a una strana storia di doping confesso (il 7 marzo 2016 nell’anonimo L.A. DownTown Hotel)… per leggerezze e sbagli di tanti. Il manager distratto Max Eisenbud, lo stuolo di avvocati forse disattenti, lei stessa, la Wada, la federazione internazionale. Lei disse di aver assunto il Meldonium, un modulatore del metabolismo da anni per combattere il rischio del diabete. Fino al 2015 non era un medicinale proibito, pur sospetto di accrescere la resistenza alla fatica e accelerare i tempi di recupero. Sarebbe bastato che lei, e i suoi avvocati, dicessero che non l’aveva più preso dal 31 dicembre 2015 e, non potendo nessuno giurare sui tempi di smaltimento, se la sarebbe cavata senza danni.

In tempi di crisi, tecnica, agonistica e spettacolare, per trovare grandi spazi sui giornali le donne del tennis hanno dovuto posare mezze nude, come Caroline Wozniacki e Genie Bouchard nel numero best-seller di Sports Illustrated dedicato ai costumi da bagno, o restare incinte come Serena Williams che non giocherà forse mai più una volta diventata mamma (ad agosto) sulla soglia dei 36 anni.

Non è il caso di Maria Sharapova, la Venere siberiana campionessa di 35 tornei con 5 Slam, diva e business woman con un patrimonio assegnato da Forbes di 300 milioni di dollari, che domani sera, vestita di tutto punto dalla Nike con un abitino color “ortensia” battezzato “Special Comeback” torna a impugnare la sua Head a Stoccarda (e contro la nostra Roberta Vinci, strapazzata nei due precedenti duelli) dopo 15 mesi di squalifica dovuti al Meldonium e a una strana storia di doping confesso (il 7 marzo 2016 nell’anonimo L.A. DownTown Hotel)… per leggerezze e sbagli di tanti. Il manager distratto Max Eisenbud, lo stuolo di avvocati forse disattenti, lei stessa, la Wada, la federazione internazionale. Lei disse di aver assunto il Meldonium, un modulatore del metabolismo da anni per combattere il rischio del diabete. Fino al 2015 non era un medicinale proibito, pur sospetto di accrescere la resistenza alla fatica e accelerare i tempi di recupero. Sarebbe bastato che lei, e i suoi avvocati, dicessero che non l’aveva più preso dal 31 dicembre 2015 e, non potendo nessuno giurare sui tempi di smaltimento, se la sarebbe cavata senza danni.

In tempi di crisi, tecnica, agonistica e spettacolare, per trovare grandi spazi sui giornali le donne del tennis hanno dovuto posare mezze nude, come Caroline Wozniacki e Genie Bouchard nel numero best-seller di Sports Illustrated dedicato ai costumi da bagno, o restare incinte come Serena Williams che non giocherà forse mai più una volta diventata mamma (ad agosto) sulla soglia dei 36 anni.

Non è il caso di Maria Sharapova, la Venere siberiana campionessa di 35 tornei con 5 Slam, diva e business woman con un patrimonio assegnato da Forbes di 300 milioni di dollari, che domani sera, vestita di tutto punto dalla Nike con un abitino color “ortensia” battezzato “Special Comeback” torna a impugnare la sua Head a Stoccarda (e contro la nostra Roberta Vinci, strapazzata nei due precedenti duelli) dopo 15 mesi di squalifica dovuti al Meldonium e a una strana storia di doping confesso (il 7 marzo 2016 nell’anonimo L.A. DownTown Hotel)… per leggerezze e sbagli di tanti. Il manager distratto Max Eisenbud, lo stuolo di avvocati forse disattenti, lei stessa, la Wada, la federazione internazionale. Lei disse di aver assunto il Meldonium, un modulatore del metabolismo da anni per combattere il rischio del diabete. Fino al 2015 non era un medicinale proibito, pur sospetto di accrescere la resistenza alla fatica e accelerare i tempi di recupero. Sarebbe bastato che lei, e i suoi avvocati, dicessero che non l’aveva più preso dal 31 dicembre 2015 e, non potendo nessuno giurare sui tempi di smaltimento, se la sarebbe cavata senza danni.