La stagione perfetta dello svizzero, tra trionfi e scelte che hanno portato in scena il suo "Best of...". Un copione scritto, diretto ed interpretato da Roger Federer, vero dominatore di questo 2017
Come se il tempo si fosse fermato, in un lungo flashback narrativo sui migliori momenti della carriera. Tbt amano chiamarlo i social addicted: tornare indietro nel tempo per ricordare quel che è stato. Peccato che nel 2017 tennistico di Roger Federer non c’è nulla di nostalgico. Sembrano ricordi, ma è tutta realtà. Australian Open, Miami, Indian Wells, Halle e Wimbledon. Una serie di immagini e momenti di partite e trofei alzati al cielo senza soluzione di continuità. “The best of Roger Federer”, come fosse il titolo di un cofanetto che raccoglie i migliori momenti della stagione. Una selezione accurata fatta direttamente dallo svizzero. Pochi tornei, giocati nelle migliori condizioni fisiche possibili, “perché a 35 anni la cosa più importante è stare bene”. E il risultato è sotto gli occhi di tutti. Veni, vidi, vici. Giulio Cesare nel Ponto, Roger Federer tra Australia, Stati Uniti e ieri Londra. 19esimo Slam in carriera, ottavo Wimbledon. In un pomeriggio ha scritto ancora una volta la storia di questo sport, diventando il più vincente sui prati dell’All England Club e issandosi ancora più in alto come miglior tennista maschile per numero di Major. Un anno, ancora da concludere, praticamente perfetto.
Australian Open
La stagione dello svizzero si apre sui campi di Melbourne. Sei mesi dopo l’ultimo match ufficiale, a causa del lungo forfait del 2016 figlio dei problemi alla schiena e al ginocchio. Ben figurare testando il proprio fisico. Le speranze di Federer agli Australian Open potevano essere riassunte con questi due concetti, visto che l’entry list del torneo parlava chiaro: Federer si presentava al primo slam della stagione come testa di serie numero 17. La vittoria finale sembrava un discorso esclusivo del duo Murray-Djokovic. Dopo un avvio convincente contro Melzer e Rubin, il primo esame: terzo turno contro Berdych. Tre set a zero e la miseria di dieci game lasciati al ceco. C’è un Federer diverso a Melbourne. Fisicamente integro e mentalmente libero da ogni pressione. Basta osservare lo sguardo per capire tutto. Il suo volto ha una luce quasi demoniaca ed esprime un solo messaggio. Chiaro e diretto: qualunque cosa succeda in campo, fa parte di un copione scritto da me. Il Federer del 2017 è letale, mentalmente e tecnicamente. Gli avversari vengono battuti ancor prima che dal nuovo gioco aggressivo, dall’aura di consapevolezza che emana lo svizzero. Nishikori, Zverev, Wawrinka, Nadal. Non ce n’è per nessuno. Roger vince il suo quinto Australian Open e diciottesimo Slam in carriera. Rientra nella top ten come numero 10 del ranking e diventa il giocatore più anziano a vincere un torneo del Grande Slam 45 anni dopo Ken Rosewall. Anche se non ci sono tigri in Svizzera, l’occhio di Federer dice una cosa sola: il 2017 è mio.
Back to back nei Master 1000
Da ovest a est. Da Indian Wells a Miami. Veni, vidi, vici. Again. Federer e il suo sguardo mettono subito in chiaro le cose nei primi due Master 1000 della stagione. Dodici partite, dodici vittorie e altri due trofei in bacheca. Soffrendo? No, dominando. A Indian Wells non perde un set, irridendo Nadal agli ottavi e lasciando le briciole a Wawrinka in finale. A Miami, forse stanco dal back to back vissuto sulle sponde della Route 66, rischia l’eliminazione sia con Berdych che con Kyrgios, spuntandola soltanto al tie-break del terzo set. In Florida ritrova in finale, per la terza volta in stagione, la sua nemesi. Quel Rafael Nadal rincorso per anni e nel 2017 diventato lo spettatore privilegiato del “best of federeriano”. Anche a Key Biscane non c’è storia. Un'ora e 34 minuti per un 6-3 6-4 da università del tennis. Docente Roger, studenti tutti gli altri.
Terra rossa, no grazie
Dopo i tornei americani dichiara di prendersi un periodo di pausa, dando forfait a tutti i Masters 1000 su terra rossa. “Questa superficie logora eccessivamente il mio corpo. L’obiettivo è l’erba, per questo ho ritenuto giusto fermarmi e saltare tutta la stagione sul rosso”. Quel famoso copione scritto prima degli Australian Open è ben chiaro nella mente dello svizzero. Vuole Wimbledon e non c’è nulla che lo possa distogliere dal suo obiettivo. Salta a piè pari Montecarlo, Madrid e Roma, rinunciando anche al secondo Slam stagionale, dove dà forfait senza troppi giri di parole: “Purtroppo non giocherò il Roland Garros”. Punto e a capo.
Gli “allenamenti verdi” in Germania
A due mesi dall’ultimo match Federer si presenta prima a Stoccarda e poi ad Halle pronto al doppio “allenamento verde” in vista di Wimbledon. Riduttivo? Svilente per torneo ed avversari? Forse sì, se non fosse la semplice verità non detta di uno che ha vinto 93 tornei in carriera. Lo sguardo dello svizzero al termine del match di Stoccarda contro Haas è lì a confermarlo. La sconfitta al primo turno contro un quasi ex giocatore, numero 302 del mondo, sarebbe un campanello d’allarme per chiunque. Non per lui. Dopo aver sparacchiato fuori un rovescio sul match point per il tedesco, Federer si avvicina alla rete, abbraccia l’amico, ride, scherza e saluta il pubblico. Vittoria o sconfitta non è importante, non alla Mercedes Cup. Serviva capire lo stato di forma, testando il proprio tennis sulla superficie preferita. E in un solo match contro un avversario perfetto come Tommy Haas, Roger ha avuto tutte le risposte che cercava. Ci siamo, il primo warm up è andato bene. E infatti il cammino la settimana successiva ad Halle ha avuto il suo epilogo scontato. Cinque partite, cinque vittorie ed ennesimo trofeo in bacheca. Una passeggiata condita anche dallo sfizio di rimettere al proprio posto due dei tre massimi esponenti dell’ormai famosa Next Gen: Khachanov in semifinale e Zverev in finale. Quattro set a zero, a rimarcare un concetto semplice: “Il momento di farmi le scarpe non è ancora arrivato”.
Wimbledon, il giardino di casa
Roger si presenta a Church Rd da favorito. Murray rimane il numero 1 e detentore del titolo, ma le condizioni fisiche non offrono certezze. Djokovic sembra ancora alla ricerca di se stesso, Rafa ha dominato sul rosso ma il non aver fatto tornei di preparazione non convince. Infine se Wawrinka ha nell’erba la sua criptonite, i giovani Zverev, Thiem e Kyrgios non danno l’impressione di poter ancora rubare lo scettro al Re di Wimbledon. Impressioni della vigilia che nelle due settimane londinesi hanno avuto conferma. Il cammino vincente di Federer a Wimbledon è già storia. Il 2017 magico ha avuto il suo culmine nella finale dominata contro Marin Cilic. Come scritto in quel copione. Ora un nuovo obiettivo: provare a conquistare gli US Open e tornare numero 1 del mondo a fine anno. Impossibile? Non tantissimo. Murray e Djokovic devono difendere migliaia di punti conquistati nel 2016. Nadal circa 300. E Federer? Zero. Pronti al terzo ed ultimo capitolo? Motore, ciak… azione.