Tennis, cosa ci ha detto Indian Wells sulla nuova stagione

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Federico Principi

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Non solo il primo Master 1000 di Juan Martin Del Potro, ma anche la condizione fisica di Federer, le difficoltà di Djokovic e Zverev e la crescita di alcuni giovani

MIAMI OPEN: IL TABELLONE MASCHILE

A distanza di circa due mesi dagli Australian Open, Indian Wells si può considerare il vero inizio della stagione tennistica per i giocatori di vertice, che ora avranno davanti un calendario fitto di impegni importanti. Il fatto che sia un ibrido tra Slam e Master 1000 gli conferisce, soprattutto di recente, il titolo platonico di quinto Slam ed è abbastanza attendibile sulle indicazioni offerte dai giocatori, invogliati a spremersi al massimo anche in virtù del ricchissimo montepremi. In questa settimana sono venute fuori diverse storie interessanti su cosa dobbiamo aspettarci dal 2018 del tennis.

Perché è stato importante il primo Master 1000 di Del Potro

Cominciamo dal vincitore. Indian Wells è stato il primo successo in un Master 1000 per Juan Martin Del Potro. In precedenza l'argentino aveva già vinto uno Slam contro lo stesso avversario, Roger Federer allo US Open 2009, un arco temporale che per Del Potro significa circa due o tre ere geologiche. A livello 1000 aveva raggiunto la finale in tre occasioni, perdendo in ciascuno dei casi contro gli altri tre "Fab Four": contro Novak Djokovic a Shanghai 2013, contro Rafa Nadal ancora a Indian Wells e sempre nel 2013 e contro Andy Murray a Montréal 2009, prima di vincere il suo primo Slam.

In tutte e tre le finali perse, Del Potro aveva sempre conquistato un set prima di cedere al terzo parziale. L'andamento della finale con Federer, fino a un certo punto, sembrava rispecchiare questa incompiutezza: nel tie-break del secondo set Del Potro non ha sfruttato un match point affossando in rete un dritto a sventaglio per lui comodo, ha poi approcciato il terzo set con una visibile indolenza e ha ceduto il servizio nel nono game, con Federer issatosi sul 40-15 servendo sul 5-4, con due match point. L'argentino li ha annullati entrambi, più con suo merito che per colpe dello svizzero, prima di dominare il tie-break decisivo, infarcito di errori banali di Federer, tra cui due incredibili doppi falli.

Più in generale la vittoria di Del Potro si incastra in un percorso, soprattutto tecnico, che dimostra prima di tutto la sua tenacia, evidente nelle tantissime partite giocate fino allo stremo delle energie, ma anche e soprattutto nel senso di determinazione e ambizione. I miglioramenti di Del Potro sono chiari: il suo nuovo coach Sebastian Prieto (ex numero 22 al mondo nel ranking ATP di doppio), assunto lo scorso agosto, non lo sta solo aiutando nella gestione del posizionamento a rete, molto migliorata, ma soprattutto nell'esecuzione del rovescio. Già a fine 2017 erano aumentati i rovesci lungolinea venendo più incontro alla palla, per dare più imprevedibilità al gioco di Del Potro, storicamente molto bloccato su quella diagonale.

Se suddividessimo il campo in due zone anziché tre, la percentuale di rovesci lungolinea giocati da Del Potro nel torneo sarebbe inferiore al 14% di questa grafica. Ma qui è rappresentato innanzitutto un progresso rispetto al passato e in particolare a quando è tornato a competere nel 2016, e soprattutto stupiscono quei 17 colpi vincenti lungolinea con il rovescio (pallini rossi).

Del Potro ora riesce a scambiare molto meglio con il rovescio: tiene molto la profondità negli scambi, come dimostrato ieri soprattutto nelle battute finali quando Federer più volte è stato costretto a giocare rovescio-contro-rovescio, senza possibilità di spostarsi di dritto sul centro-sinistra. Anche nel corso del torneo, in un altro grande match "classico", Del Potro ha confermato i suoi progressi con il rovescio prevalendo per 12-7 negli scambi sopra a 9 colpi contro Ferrer, neutralizzando il piano tattico dello spagnolo di manovrare lo scambio cercando il più possibile il dritto arrotato a sventaglio sul rovescio dell’argentino. Rispetto a Indian Wells 2017 Del Potro tira il 13% di rovesci in back in meno.

Sul successo di Del Potro ha influito anche la superficie ruvida di Indian Wells, che gli ha restituito palle più alte rispetto alla stagione australiana. Del Potro non ha effettuato progressi sul rovescio perché ha ricominciato a riutilizzare il polso, come prima dell'operazione chirurgica del 2015, ma lo ha fatto grazie a un migliore sincronismo tra lo scarico del peso dalle gambe e l'entrata del braccio e della spalla sinistri nell'impatto. Sulle palle basse è ancora costretto a usare il rovescio tagliato e questo ha costituito uno dei problemi nella stagione australiana, sconfitto da due giocatori dal gioco molto piatto come Bautista Agut e Berdych.

Lo scorso anno sono arrivati i primi titoli 1000 di tre giocatori che da un po' di tempo si attendevano ai vertici, ovvero Jack Sock e soprattutto Alexander Zverev e Grigor Dimitrov. Il percorso di Juan Martin Del Potro è stato più complesso, ma a quasi 30 anni il giocatore argentino potrebbe finalmente aver trovato il tassello mancante per riprovare per l'ennesima volta a costruirsi la carriera che merita.

Federer non sembra avere la condizione del 2017

Le vittorie degli "altri", tuttavia, lasciano sempre la sensazione che affinché si verifichino sia necessario un calo di almeno uno dei big storici. Così anche la vittoria a Indian Wells di Del Potro ha sottolineato quello che fin dall'Australian Open in tanti avevano notato, e cioè che la condizione fisica di Federer è buona ma non sugli stessi livelli dell'inizio di 2017.

A fine 2016 Federer si era preso sei mesi di pausa che gli hanno consentito di prepararsi al meglio: soprattutto nei primi tre tornei stagionali (Dubai escluso) aveva mostrato una forma fisica incredibile, che lo faceva danzare sulla linea di fondo senza perdere un centimetro di campo neanche con il rovescio su una palla pesante. Ma aveva avuto più tempo per prepararsi fisicamente rispetto all'off season tra 2017 e 2018: Federer lo scorso anno è arrivato al Master con qualche problema, forse di schiena, senza  che la cosa fosse di dominio pubblico, e questo potrebbe aver condizionato i carichi di lavoro in preparazione al 2018.

Quest'anno Federer si è presentato dicendo di voler attaccare di più, e più volte è stato visto in difficoltà con il rovescio. Questo colpo era migliorato durante la pausa a fine 2016 ma per colpirlo in anticipo ha bisogno della giusta brillantezza negli spostamenti e negli appoggi. Federer ha detto di aver sofferto all'esordio il dritto mancino di Delbonis e già in un'altra partita dominata, al terzo turno contro Filip Krajinovic, aveva perso per 7-1 gli scambi sopra a 9 colpi: questa sua specifica difficoltà gli stava per costare l'eliminazione in semifinale contro Borna Coric, un giocatore che in realtà ha le caratteristiche perfette per metterlo in difficoltà. Coric è riuscito per tutta la partita (esclusi gli ultimissimi game del set decisivo) a inchiodare Federer sull'angolo del rovescio, mandandolo ripetutamente in crisi.

La minore brillantezza fisica gli ha impedito anche di giocare molti rovesci lungolinea efficaci in finale contro Del Potro - se si escludono le ultime fasi del terzo set - importanti per non permettere all'argentino di spostarsi sul dritto dal centro-sinistra. Con la risposta di rovescio Federer ha invece preso ritmo nel corso del torneo e nel corso della finale, spingendo Del Potro a cercare sempre più servizi slice, dopo aver invece servito esclusivamente sul rovescio di Federer da destra nel primo set.

La mancanza di brillantezza atletica lo ha reso anche più insicuro dal punto di vista mentale. Federer in finale ha commesso ben tre doppi falli nei due tie-break, pagando a caro prezzo gli ultimi due. Ha litigato con l'arbitro per buona parte dell'incontro, perdendo scioltezza nelle fasi finali di partita, anche con svariati gesti di stizza inusuali per lui. È stato lucido nei quarti contro Chung a capire che il coreano non stava soffrendo le variazioni in back, ma si è perso invece in molti errori tattici contro Coric, una partita che ha vinto solo grazie alla determinazione e al "braccino" del suo giovane avversario.

Uno dei segnali della poca lucidità di Federer: contro Coric, almeno fino al 7-5 2-0, aveva giocato il 44% di palle sul rovescio del croato e solo il 26% sul dritto, in quella che doveva essere decisamente la diagonale favorevole allo svizzero.

Federer ha dichiarato che gli piacerebbe riprovare a vincere il Roland Garros, ma le sue possibilità di vittoria sulla terra battuta sembrano legate esclusivamente allo stato di forma di Nadal. Non solo, ma in una superficie ruvida come quella di Indian Wells, dove la palla salta abbastanza, Federer ha mostrato parte delle sue storiche difficoltà a colpire il rovescio sulle palle cariche. La sensazione è che Federer sia ancora su livelli altissimi ma forse non abbastanza per competere su una superficie sfavorevole come la terra battuta, e che in ogni caso la sua priorità a lungo termine debba rimanere la difesa del torneo di Wimbledon, che a quasi 37 anni sarebbe di per sé un'impresa straordinaria.

Coric è finalmente esploso!

Il croato era stato numero 1 al mondo nella classifica mondiale ITF under 18 e ha vinto lo US Open juniores nel 2013. Non appena ha staccato il cordone ombelicale con il tennis giovanile, Coric ha preso il volo anche nel circuito maggiore. A una prima ascesa tra la metà del 2014 e i primi mesi del 2015 non erano seguiti però ulteriori salti di qualità: il best ranking di Coric - numero 33 del mondo - risale ancora a luglio 2015. Per oltre due anni ha fatto molta fatica ad affacciarsi nella top 50 della classifica ATP. Nonostante la buona precocità e le sicure qualità, le perplessità su Coric sono state tante e legittime.

I problemi tecnici di Coric riguardavano sopratutto il dritto. Le difficoltà principali di Coric nascevano dal fatto che rimaneva sempre troppo aperto con il busto, non chiudendo la spalla sinistra in fase di apertura e perdendo la distanza dalla palla e il tempo dell'entrata della racchetta. Come tutti i giocatori che hanno questo difetto, il colpo che gli riusciva meglio con il dritto era l'inside-out (o sventaglio) dal centro-sinistra, mentre con il classico dritto giocato da destra i problemi maggiori venivano dal dritto in diagonale, meno nel lungolinea. Oltre a questo, l'apertura complessa e incerta del dritto faceva sì che la sua risposta con quel colpo fosse spesso corta.

Tutti gli avversari di Coric, compreso Fritz agli ottavi di finale in questo torneo di Indian Wells, preferiscono servire più spesso verso il dritto di Coric da ambo i lati.

A dicembre Coric ha assunto lo storico coach italiano Riccardo Piatti. Filippo Volandri in telecronaca ha sottolineato come la scuola di Piatti si concentri soprattutto sull'uso della mano sinistra in fase di preparazione del dritto, il vero problema di Coric. Già lo scorso anno si era visto qualche miglioramento in tal senso, ma il lavoro con Piatti è stato eccezionale e gli ha dato una sicurezza con il dritto mai vista. Coric in particolare ha giocato due match tatticamente molto simili, contro Bautista Agut e proprio contro Federer: ha giocato una quantità incredibile di dritti lungolinea, anche da posizioni complicate ma sempre piuttosto precisi e profondi, puntando fino allo sfinimento il rovescio di entrambi i suoi avversari. Il tutto favorito dalla consistenza del suo colpo bimane: Coric possiede un rovescio davvero eccellente, in cui non attacca sempre molto la palla con il corpo proteso in avanti ma che gioca letteralmente a tutto braccio, caricando molto dietro la racchetta per poi effettuare una velocissima rotazione di tutta la parte superiore del corpo.

È inevitabile che Coric sia ancora acerbo, come testimoniano i numerosi errori di dritto nei quali è ricaduto nella semifinale contro Federer, o la difficoltà con cui ha arginato il servizio di Anderson nel primo set dei quarti di finale. Ma dopo aver dato una buona impressione alle Next Gen Finals di Milano, soprattutto per aver consolidato il suo già straordinario rovescio, il nome di Coric si sta andando finalmente ad accodare a quelli degli altri giovani che stanno, pian piano, rivelando un potenziale fin troppo sopito.

Chung continua a dare conferme

Uno di questi, coetaneo di Coric, è Hyeon Chung, che è già quasi una certezza. Il coreano si è confermato battendo avversari esperti e difficili come Tomas Berdych e Pablo Cuevas, perdendo poi nei quarti di finale da Federer ma dopo un ottimo match. Questo risultato si va ad affiancare alla semifinale dell'Australian Open, nella quale aveva perso sempre contro Federer ma dopo aver battuto Djokovic agli ottavi di finale. La vittoria contro il giocatore serbo è stata interpretata da molti come un passaggio di consegne - anche Federer ha detto che in Chung rivede di Djokovic soltanto l'ottimo movimento dei piedi.

In effetti, per quanto il coreano abbia mostrato un ottimo potenziale, Djokovic è un giocatore tecnicamente più completo. Chung sta pian piano migliorando il suo dritto - eseguito da sempre con il braccio destro teso e rigido - per ammorbidire l'esecuzione e migliorare il suo rendimento sulle palle senza peso. Se (come dimostrato dalla partita contro Federer) Chung sta riuscendo a gestire meglio le variazioni in back e i rallentamenti di ritmo, è anche vero che nella partita contro Cuevas ha cominciato ad andare in difficoltà a spingere e chiudere il punto una volta che si è alzato il vento, sporcandogli la palla. Molti avversari scelgono di aumentare i back di rovescio contro Chung. Tra questi, ovviamente, il sempre lucido Nadal a Parigi-Bercy lo scorso novembre, giocando più rovesci tagliati rispetto al precedente Master 1000 a Shanghai.

Chung rimane un giocatore prevalentemente di appoggio, mentre quando deve spingere lo fa molto meglio con il rovescio, con cui ha più fluidità rispetto al dritto. Il servizio è un altro colpo completamente cambiato rispetto anche solo a due anni fa e incredibilmente efficace se rapportato alla sua statura. Dal punto di vista fisico Chung ha acquistato molta massa muscolare ma non ha perso elasticità - visibile soprattutto nei recuperi - né rapidità di piedi. La solidità mentale è forse la migliore qualità di Chung, che da sempre ha dovuto lottare contro lo scetticismo che lo ha circondato. Perfino Nick Bollettieri ha dichiarato di averlo allenato senza troppa convinzione.

La sorpresa Fritz

L'altro nome giovane che si è messo in luce a Indian Wells è il padrone di casa, Taylor Fritz, che era un po' sparito dopo aver dominato il circuito juniores nel 2015.

L'allontanamento di Fritz dai vertici era stato certificato in maniera più vistosa dalla sua assenza alle Next Gen ATP Finals di Milano. A Indian Wells, tuttavia, Fritz ha svoltato il torneo e forse la sua stagione al primo turno, annullando un match point al suo amico, coetaneo e testimone di nozze Reilly Opelka, un giocatore alto 2,11 metri dal servizio devastante. Da quel momento Fritz ha battuto l'altra grande promessa Andrey Rublev e l'esperto e in salute Fernando Verdasco, prima di fermarsi contro l'altro crack della settimana, Borna Coric. È così arrivato alla posizione numero 71, dopo un buon torneo a Delray Beach e due finali Challenger, ma il best ranking (numero 53) lo ottenne ad agosto 2016 qualche mese dopo la sua unica finale ATP, a Memphis.

Soprattutto nella partita contro Verdasco sono state evidenti le caratteristiche tecniche di Fritz. Il timing sul rovescio è ottimo e gli consente di colpire spesso con grande anticipo, a volte anche con il finale trattenuto per andare efficacemente in lungolinea, avendo spesso neutralizzato il pesantissimo dritto mancino dello spagnolo. Possiede un'ottima accelerazione di braccio sul dritto, tipicamente americana, che gli permette di essere aggressivo con questo colpo, anche se soffre le palle alte che gli fanno perdere ritmo esecutivo. Si tratta comunque di un giocatore da sempre molto quadrato dal punto di vista mentale, a parte qualche sporadica sfuriata, ma che potrebbe finalmente aver spiccato il volo come alcuni suoi coetanei.

Tra le varie cose: il timing sul rovescio di Fritz.

Le diverse difficoltà di Djokovic, Zverev e Dimitrov

Indian Wells è stata anche la conferma del cattivo momento di questi tre giocatori, esponenti rispettivamente di tre generazioni differenti. Djokovic, sconfitto all'esordio dal modesto giapponese Taro Daniel, ha confermato di dover avere ogni tassello al suo posto per esprimersi al massimo.

«È stato come giocare per la prima volta nel circuito» ha detto Djokovic a fine partita. «È stato un match strano. Non avevo ritmo, soprattutto di rovescio ho fatto errori inusuali. Non avrei nemmeno dovuto essere qui, sono passate solo cinque o sei settimane dall'operazione, ma ho recuperato in fretta e volevo vedere in che condizioni ero». Il riferimento che fa Djokovic è al recente intervento al gomito per provare a risolvere un problema che lo tormenta ormai da due anni, ma forse i numerosi errori di rovescio - un colpo che Djokovic ha sempre giocato alla cieca e che non necessita di grande sforzo del gomito destro - nascondono qualche difficoltà più profonda e difficile da investigare.

Diverso il caso di Alexander Zverev, che ha terminato il rapporto con il coach Juan Carlos Ferrero in maniera burrascosa. All'accusa mossa dal tedesco all'ex campione del Roland Garros di aver mancato di rispetto al suo team, Ferrero ha risposto secco: «Abbiamo litigato dopo l'Australian Open, ma questo non è un problema. Ma c'è stato un periodo in cui lui è stato lui ad aver mancato di rispetto a tutto il team e ho dovuto interrompere la relazione. I primi mesi fu disciplinato e rispettoso, ma quando ha cominciato a vincere (i due Master 1000 a Roma e Montréal, nda) ha acquisito sicurezza e non ha più rispettato le regole che ho stabilito all'inizio. In particolare non era giusto che giorno dopo giorno arrivasse sempre 20 o 30 minuti in ritardo per l'allenamento».

Zverev aveva detto in particolare di non sopportare l'aura autoritaria tipicamente spagnola che si riserva agli allenatori. La sconfitta contro Joao Sousa è un ennesimo campanello d'allarme sul fatto che, più che preoccuparsi di salire con i risultati, Zverev deve curare principalmente alcuni aspetti della sua crescita e del suo gioco, in particolare la velocità di braccio sul dritto (come visto anche nelle fasi decisive della sua partita di doppio con il fratello Mischa contro i Bryan), che rischia di diventare un problema cronico della sua carriera.

Apparentemente meno turbato dalle vicende fuori dal campo, Grigor Dimitrov sta probabilmente pagando la pressione della posizione che ricopre dopo la vittoria alle ATP Finals. La sconfitta contro Fernando Verdasco è forse la meno grave di questo inizio di stagione, ma fino a questo momento le sue lacune al servizio - con tantissimi doppi falli commessi - e i passi indietro con il rovescio gli hanno impedito di confermare i risultati di fine 2017. La sconfitta contro Malek Jaziri a Dubai è stata la punta dell'iceberg del suo momento: a quasi 27 anni Dimitrov ha forse finito le chance per dimostrare di poter dare continuità ai suoi picchi, prendendosi sulle spalle la responsabilità del favorito e non solo quella del giocatore in attesa di rilancio.