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Fran Jones più forte di tutto: è agli Australian Open con 8 dita delle mani e 7 dei piedi

Tennis

Con tre vittorie a Dubai Francesca Jones si qualifica per gli Australian Open, suo primo Slam in carriera. La 20enne britannica è affetta dalla sindrome EEC che colpisce gli arti, ha il pollice e tre dita per mano, il piede destro ha tre dita. I medici le avevano detto che non avrebbe mai potuto giocare a tennis, lei ha voluto dimostrare che si sbagliavano

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I medici erano stati chiari: scordati il tennis, per te è impossibile giocarci. Lei con aria di sfida aveva replicato: vi dimostrerò che vi sbagliate. E lo ha fatto. A Dubai ha battuto in poco più di un’ora di gioco la cinese Lu Jia-Jung, una severa lezione in 6-0, 6-1, la terza vittoria in sette giorni che le vale la qualificazione al tabellone principale dell’ Australian Open, il suo primo Slam in carriera.

 

La determinazione è il tratto distintivo di Francesca Jones 20 enne britannica di Leeds. E’ nata con una malformazione genetica EEC (sindrome da displasia ectodermica- ectrodattilia) che colpisce gli arti, caratterizzata dalla fusione delle dita medie della mano e del piede con un aspetto a chela di granchio. Fran, il suo soprannome, ha otto dita, il pollice e tre dita in ciascuna mano. Ha problemi di equilibrio perché ha solo tre dita nel piede destro e quattro nel piede sinistro. Ha trascorso gran parte dell’infanzia in ospedale, sottoposta a più dieci interventi chirurgici, sempre con lo stesso chiodo fisso in testa: poter giocare a tennis, nonostante il parere contrario degli specialistici. “Quando qualcuno ti dice a otto-nove anni che non puoi fare qualcosa, suppongo che la maggior parte delle persone avrebbe il cuore spezzato, io invece ho solo provato ad affrontare tutto a muso duro e vedere come avrei potuto dimostrare che quelle persone si sbagliavano”.

I genitori al contrario non la scoraggiano, anzi la assecondano e le permettono a nove anni di trasferirsi a Barcellona alla rinomata Accademia di Sanchez-Casal che Francesca frequenta fino ai 16 anni affinando il talento e incrementando la cattiveria agonistica. Un carattere forte lo ha sempre avuto, immaginatevela bambina a crescere da sola fuori casa in una terra straniera, con il rischio di essere magari oggetto di sfottò o battutine, verrebbe da pensare ad una Jones intimidita ed invece lei non ha mai considerato la sua menomazione un impedimento. “Penso che le persone avrebbero potuto tentare di essere prepotenti con me, ma ho una personalità piuttosto forte, e mi limito a scrollarmi di dosso queste eventuali situazioni. Vogliono denigrami in qualsiasi modo? Ok, è un problema loro non mio", raccontava qualche mese fa al Guardian. "Il mio corpo non è destinato ad essere quello di un’atleta, diciamo così, ma per me questo non significa che io non possa esserlo. Anche una Rolls Royce è costruita da zero".

Ha dovuto sopperire ai problemi determinati dalla patologia da cui è affetta, gioca con una racchetta più leggera rispetto alle altre professioniste e adotta un grip molto piccolo. Grazie ad intense sessioni incentrate sui piedi ha sviluppato un personale equilibrio: "Quando si hanno meno dita, è più difficile mettere il peso sui piedi”. In Catalogna continua a vivere, la considera la sua terra d’adozione, - a Dubai dopo il match point contro la Jung ha esultato con un “Vàmos”-  ma il Covid-19 ha complicato tutto e nel gennaio 2020 è tornata nel Regno Unito allenandosi al National Tennis Center di Roehampton grazie al sostegno economico della Lawn Tennis Association.

 

Sopraggiunto il lockdown, con la chiusura dei campi di gioco, si è allenata da sola e ancora una volta è riuscita a trasformare un disagio in un vantaggio.Il lockdown forse è stata la mia fortuna. Per molto tempo mi sono potuta concentrare su lavori di potenziamento dei muscoli che altrimenti avrei trascurato”, spiega entusiasta dopo l’impresa di aver conquistato l’accesso ad un torneo Slam. “Ho solo avuto paura perché in Inghilterra il tempo era diventato rigido, prima di queste partite di qualificazioni a Dubai dicevo al mio coach che avevo un sacco di tagli nelle dita a causa del freddo, non riuscivo a tenere la racchetta, il dritto è il mio colpo migliore ma non riuscivo a colpirlo più come prima”, spiega la britannica che da numero 352 nella classifica WTA all’inizio del 2020 adesso salirà al numero 217

Le lacrime le riserva a mamma e papa, rimasti in UK, perché è anche grazie al loro sostegno se ora ha centrato l’impresa di entrare nel tabellone principale di uno Slam (con un guadagno di 100.000 dollari, il suo più alto in carriera). Arriverà a Melbourne sul volo charter fornito dall’organizzazione degli Australian Open, in attesa del sorteggio del main draw dovrà attenersi alla quarantena di 14 giorni, entrerà a far parte di un mondo tutto nuovo a stretto contatto con le migliori del pianeta, lei che fino allo scorso autunno giocava sul circuito ITF dove alcuni tornei non prevedono nemmeno la presenza degli arbitri.

 

Si chiamatela pure favola, ma scordatevi una Jones in stile Alice nel Paese delle Meraviglie. La ragazza è una combattente, per lei si tratta di un ulteriore passo in avanti, non è certo un traguardo bensì un ulteriore step successivo. Non si è mai sentita inferiore o svantaggiata, non inizia di certo a pensarlo ora se dovesse trovarsi di fronte a nomi altisonanti come Serena Williams, Simona Halep o Ashleigh Barty.  “Io sto solo giocando con un diverso mazzo di carte. Ma non significa che quelle carte non possano ancora vincere la partita…". Ha promesso a se stessa di diventare un grande nome dello sport, di essere un esempio per tanti bambini, è determinata a cambiarele prospettive delle persone su ciò che è realizzabile nella vita. E il pensiero torna a quando gli specialisti le dissero che non avrebbe potuto mai giocare a tennis. Che errore madornale, non avevano fatto i conti con la sua testa tosta. Ha avuto ragione lei.