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Federer: "Wimbledon è sempre speciale, avevo paura del ritiro"

Tennis

Intervistato da Sue Barker,  ex tennista e volto noto della BBC (oggi in pensione), Roger Federer è tornato a parlare del suo legame con Wimbledon: "Wimbledon è speciale in tutti gli aspetti, ti sembra di giocare in un giardino. La vittoria del 2003 è stata una favola, la finale del 2008 una lotta vera". E sul ritiro: "Il mio ginocchio era al limite. Avevo un po' paura del momento in cui mi sarei ritirato e di come avrei dato l'annuncio"

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"A Wimbledon ti sembra di giocare e di camminare in un giardino". Parola di Roger Federer, il più vincente di sempre nella storia dei Championships con otto titoli. Tornato nei giorni scorsi al All England Club al fianco della moglie Mirka e della Principessa del Galles, Kate Middleton, Federer ha rilasciato una lunga intervista a Sue Barker, ex tennista e volto noto della BBC oggi in pensione, raccontando il suo legame con Wimbledon e ripercorrendo le tappe più importanti della sua storia sui prati londinesi.

Vorrei ripercorrere la tua storia a Wimbledon prima di passare a parlare di quali sono i tuoi impegni adesso. So che sei innamorato di questo posto, quindi ti volevo chiedere che cosa lo rende così speciale per te. 

"Penso che l'amore per Wimbledon sia immediato fin dalla prima volta che si passeggia tra questi campi: questo è il motivo per cui questo posto è così speciale. Da giocatore, ho amato soprattutto l'atmosfera, il fatto di poter giocare sull'erba e anche il pubblico che è storicamente riconoscibile tra tutti. A Wimbledon è speciale anche semplicemente il modo in cui viene organizzato il torneo. I Championships sono un evento di classe, tranquillo e bellissimo: ti sembra di giocare e di camminare in un giardino. Wimbledon è speciale ed è sempre bello tornare qui". 

 

Il tuo debutto sul campo Centrale è avvenuto nel 2001 e non sarebbe potuto essere più bello di così per te perché sei entrato sul campo su cui avevi sempre sognato di giocare per affrontare il tuo idolo, Pete Sampras. 

"Mi stavo riscaldando con lui e le mie mani erano di ghiaccio. Guardavo come la pallina mi usciva dalle corde e non sapevo bene come muovermi, ma sapevo che non ero male a tennis. Stavo palleggiando con lui e mi ha rimandato indietro la pallina di rovescio. E lì ho pensato: "Wow, Pete Sampras mi ha rimandato indietro la pallina mentre palleggiamo sul campo Centrale di Wimbledon". Penso sia stato un momento molto speciale".

 

Quanto è stato difficile dimenticare che fosse il tuo idolo? 

"Ho sperato di rimanere attaccato nel punteggio e poi mi sono detto, "chissà". Rispetto ad adesso, venti anni fa sull'erba era più facile assistere a sorprese. Tutti pensavano che Sampras non avrebbe perso agli ottavi di finale contro un ragazzo come me, ma ho avuto un po' di fortuna nel quinto set e in qualche modo l'ho sconfitto". 

E poi hai vinto il tuo primo titolo a Wimbledon nel 2003 contro un avversario molto forte e pericoloso sull'erba come Mark Philippoussis.

"Per me quella vittoria fu come una favola. Nel 2002 avevo perso al primo turno contro il qualificato Marko Ancic, che giocava sempre molto bene a Wimbledon. Quindi quando sono arrivato a Wimbledon nel 2003 avevo davvero voglia di dimostrare di vincere il torneo perché le persone cominciavano a mormorare che io avessi tanto talento ma che non riuscissi a tradurlo nei risultati. Poi, però, quando sono arrivato in finale improvvisamente sono tornato a essere il favorito contro Philippoussis. Mi ricordo che mi sentivo bene perché avevo giocato una ottima semifinale contro Andy Roddick. In finale ho giocato bene dal primo all'ultimo punto, sono stato sempre molto solido e dopo aver vinto mi sono inginocchiato come Bjorn Borg prima di me".

 

E poi nel 2008 qui a Wimbledon hai giocato la più bella partita di sempre, come dicono tutti. Parliamone perché penso che per te sia stata una partita molto complicata, tra i ritardi per pioggia, tutte le emozioni e l'oscurità, in una finale che è terminata dopo le 21.00. Quanto è stato difficile per te giocare quella partita?

"Per me quella fu una finale molto complicata. Ho iniziato la partita molto male ed ero in svantaggio di due set a zero con Nadal che conduceva con un doppio 6-4. Avevo ancora nella mente la sconfitta nettissima in finale al Roland Garros e sapevo di aver perso senza storia gli ultimi cinque set che avevo giocato contro Rafa. Poi però sono riuscito a rimontare vincendo sia il terzo che il quarto set per 7-6 e sono riuscito a spingermi fino al quinto set. Non sapevo quanto sarebbe durata la partita: potenzialmente sarebbe potuta finire 70-68 nel quinto parziale come la partita tra Isner e Mahut. Abbiamo continuato a lottare, io ho avuto le mie chance, ma non le ho sfruttate".

 

Cento anni di campo Centrale a Wimbledon e tu sei tornato qui a Londra, senza dirlo a nessuno. John McEnroe e io che eravamo i presentatori dell'evento lo abbiamo saputo un'ora prima e ci è stato detto di non dirlo a nessuno in modo che fosse una grande sorpresa. Penso che sia stata una celebrazione bellissima, con la presenza di tutti i grandi campioni ai Championships negli ultimi decenni.  Quando McEnroe ti ha annunciato non ho mai sentito un boato così forte da parte del pubblico di Wimbledon. E io negli anni ne ho viste tante qui. Tu come te la sei vissuta?

"Sinceramente non avevo intenzione di venire, ma poi qualche giorno prima mi sono detto: ci vanno tutti. Io ero a casa, ho parlato con il mio team e loro mi hanno chiesto: "Che impegni hai per la domenica del Middle Sunday?" e io ho risposto: "Lasciatemi controllare l'agenda". E poi ho visto che ero libero. Quindi mi sono detto che non potevo non esserci perché altrimenti lo avrei rimpianto. E alla fine sono stato felice di esserci, ma ho detto: "Cerchiamo di non dare troppo nell'occhio"". 

 

E poi, pochi mesi dopo, hai dovuto prendere la decisione di ritirarti dal tennis e non posso neanche immaginare quanto sia stato difficile per te. 

"Per me è stato difficile: quando a Wimbledon ho detto: "Spero di vedervi il prossimo anno", ci credevo davvero, perché la riabilitazione stava andando bene, anche se speravo potesse andar meglio. Quindi mi sono detto: per adesso va così, vediamo cosa accadrà nei prossimi mesi. E invece, settimana dopo settimana, ho iniziato a capire che avevo raggiunto il limite impostomi dal mio ginocchio e dal mio corpo in generale e quindi ho preso la decisione di ritirarmi. L'unico dubbio era sul torneo nel quale ritirarmi, se potessero essere gli US Open, Basilea o la Laver Cup. Alla fine mi sono ritirato alla Laver Cup, alla O2 Arena ed è stato assolutamente fantastico. Ho vissuto una giornata bellissima e sono felice che sia andata così perché avevo sempre avuto un po' paura del momento in cui mi sarei ritirato e di come avrei dato l'annuncio".