Prima di internet c'era... Rino! Come Tommasi ci ha resi pazzi per il tennis. E non solo

Siamo tutti pazzi per il tennis, anche per merito suo. Perché Tommasi ci ha insegnato ad amare questo sport, a rispettarlo come si conviene e soprattutto a studiarlo per bene, prima di parlarne. Prima di azzardarsi a esprimere anche solo un minimo parere in merito a qualsiasi vicenda. Oggi è assolutamente normale sentire un qualsiasi telecronista esordiente parlare in prima persona e snocciolare opinioni e giudizi su quanto accade in campo. Ma c’è stato un tempo in cui solo quelli come Rino Tommasi potevano permettersi di dire “A mio parere…”. E fidatevi, era un tempo migliore. Per noi Rino è stato telecronista, giornalista di carta stampata, insegnante, maestro e nume tutelare. Una divinità, quello che ci ha fatto scattare la scintilla. Ci ha instillato la cultura sportiva, il piacere di sapere, il dovere di sapere prima di parlare. Mi vengono in mente cento episodi che potrei raccontare: studi in diretta, chiacchierate in redazione, qualche cena post lavorativa. E Rino restava sempre sé stesso, la sua caratteristica più bella. Mai ipocrita, sempre diretto, sempre vero. Microfono acceso o spento, per lui non cambiava nulla. Un pomeriggio a Wimbledon, durante uno studio in diretta improvvisato per colpa di un acquazzone londinese, gli faccio la seguente domanda: “Rino, oggi è facile con Internet avere subito tutti i dati che ci servono. Ma voi, prima di Internet, come facevate?”. Risposta fulminea, senza neanche pensarci un secondo: “Prima di Internet, Internet ero io”. Un genio, un fuoriclasse, un mattatore anche in fatto di ironia. Una mente eccelsa. Già in là con gli anni, a fine giornata prendeva il microfono in mano e snocciolava fronte telecamera il riassunto dei match di quel giorno. Elencandone i fatti salienti, uno a uno, senza omettere nulla. Mai visto nessuno riuscirci così, inclusi i presenti. Molto più che un giornalista, Rino era quello che sapeva tutto e lo sapeva a memoria. Quello da cui abbiamo imparato la passione totale per lo sport, la professionalità, la difesa ad oltranza delle opinioni e delle idee. Un uomo libero, mai sceso a compromessi con nessuno, meno che mai con il ‘padrone’, chiunque fosse. Tommasi ha sempre detto e scritto ciò che pensava, a qualunque costo. Un suo aforisma classico era: “non siamo qui a vendere i tappeti”. Se lo poteva permettere, dall’alto delle sue 13 olimpiadi seguite, più 149 Slam raccontati sul posto, 400 match valevoli per un titolo mondiale di boxe e 7 Super Bowl. “Un cervello essenzialmente matematico, però capace di digressioni etico-fantastiche quali consentono sport come il pugilato e il tennis. Rino Tommasi va chiamato Professore, senza la minima ombra di esagerazione scherzosa”. Mi piacerebbe molto fossero parole di mio pugno, ma questa definizione del maestro Rino è invece è del più grande giornalista sportivo di tutti: Gianni Brera. Il quale ne parlava come di un professore, per l’appunto. Le sue invenzioni linguistiche sono ormai parte integrante del nostro vocabolario, alcune le portiamo tatuate addosso, indelebili. Dritto anomalo, dritto a sventaglio, il Braccino, Circoletto rosso, Veronica, punteggio isoscele, voleé agricola, nastro azzurro, gli ha fatto fare il tergicristallo, chiamato a giocare di fino rivelava le sue umili origini. E ce ne sarebbero molte ma molte altre, spesso usate da Rino in telecronaca col grande amico e collega Gianni Clerici. Perle di saggezza e ironia, materia assai rara di questi tempi. Rino che torna a far coppia con Gianni. Cultura Sportiva, nel senso più alto del termine. Conoscenza della lingua italiana, sagacia, tempi giusti, gioco delle parti: Rino sintetico e chirurgico, Gianni divagante ed etereo. “Rino non te le manda a dire, è sempre stato esplicito, espone le sue ragioni senza secondi fini. Si può essere in disaccordo con lui ma non si può mai pensare che ti stia rendendo un tranello” chiosava Adriano Panatta parlando di lui. Per questo e molto altro Rino Tommasi andrebbe insegnato nelle scuole di giornalismo. Perché, come diceva sempre egli stesso: per un giornalista è molto più importante scrivere in fretta che scrivere bene. Se poi scrive in fretta e bene, allora è Tommasi.

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Stefano Meloccaro