Le emozioni di Fabio a Wimbledon sono tutte nostre

Lo confesso: nel momento in cui scrivo questo testo, quello speciale non l’ho ancora visto. Sono passate troppe poche ore, ho ancora quasi la pelle d’oca. Perché Fabio ci ha fatti emozionare tutti. Ma proprio tutti. Però ce lo siamo goduti, questo Wimbledon. Non solo perché è andata come andata, ma perché noi a Londra non dovevamo nemmeno esserci. Fuori dai radar Concedetemi la battuta: manco Fabio ce l’aspettavamo! È entrato nel tabellone proprio all'ultimo. E quando l’ho saputo, gli ho detto: “Vedrai che ti becchi Sinner o Alcaraz… Sai che figata sarebbe?”. Mi aveva un po’ maledetto all’inizio, ma quando poi è uscito il sorteggio non ci ho pensato due volte: biglietto aereo per me e i bambini con direzione Londra. Eravamo in Liguria, non potevamo mancare. Il problema è che siamo arrivati tardissimo: c’era stato quel problema ai radar degli aeroporti di Milano, e il nostro volo è atterrato solo alle 3 di notte. Eravamo distrutti, con Fabio che ci aspettava sveglio a casa. La mattina dopo, ci ha voluto preparare lui la colazione. I bambini erano super eccitati: è stata una domenica di attesa ma in qualche modo normale. Come la notte, in cui però ho notato questo: Fabio ha dormito leggermente meno del solito. Non so se era agitato, non lo penso. Ma era sicuramente eccitato: voleva esprimersi, aveva il desiderio di fare una bella figura. Sono sincera, non credo che si aspettasse di giocare così bene e così a lungo. Credo sia rimasto sorpreso pure lui. Di sicuro voleva giocare un bel tennis, voleva evitare quelle partite in cui ti senti inutile, perché l’avversario ti sovrasta. Ma quella mattina è stata diversa. Segnali Primo segnale. Quella mattina è stata diversa perché non era agitato, ma sereno. E a poche ore da una partita così non è proprio scontato. Abbiamo fatto di nuovo colazione insieme, come sempre, poi lui è andato al campo per allenarsi. C’era con lui ovviamente Filippo Baldi, ma era a Wimbledon anche Massimiliano Conti, il suo primo maestro di Arma di Taggia: Fabio gli aveva promesso che gli avrebbe regalato una partita di Wimbledon ed è riuscito a realizzare il suo sogno. Secondo segnale. Volevo assolutamente vederlo prima della gara, ma dovevamo un po’ incastrarci: lui aveva l’allenamento, io i collegamenti con Sky. Mentre si preparava, io e quei mostriciattoli dei miei figli siamo stati insieme e lo abbiamo aspettato vicino al ristorante dello stadio. Lì di solito viene tanta gente: ci sono i giocatori, gli allenatori, gli ospiti. Fabio non ha mai amato troppo il contatto prima di una gara. Invece è venuto per salutarci. “Mi raccomando, divertiti”, gli ho detto. “Speriamo!”, mi ha risposto. Fine. Standing ovation E poi c’è stata la magia del campo. Carlos gli ha sempre voluto bene, lo ha sempre stimato e insieme hanno costruito una partita incredibile, che ci ha tenuti tutti attaccati allo schermo. La standing ovation a fine partita è stata emozionante, e quando ho saputo il tributo che gli hanno fatto gli altri giocatori nello spogliatoio sono rimasta ancora più felice per lui. I miei figli hanno subito voluto la maglietta di Alcaraz, sudatissima, ma con l’autografo: è un premio per loro e per tutto quello che abbiamo visto. Fabio invece si è accontentato, per così dire, di essere stravolto. “Sono cotto”, mi ha detto, “faccio quasi fatica a camminare”. Emozione pura, che abbiamo tutti vissuto nel modo più naturale possibile, anche nelle ore dopo. Ma Fabio alla fine è sempre Fabio: ha voluto prenotare lui il taxi che mi riportasse in aeroporto, mi ha chiamato per sapere se fossi arrivata, se stessi bene. Come sempre. Anzi, mi ha pure mandato un video in cui ballava con i bambini. Era stravolto, sì, ma non cambiato. Cambiamenti Il vero cambiamento, ora, ci si para davanti. Io gliel’ho consigliato. O meglio, gli ho detto quello che avrei voluto sentirmi dire da giocatrice: dopo una partita così, forse adesso potrebbe non essere male smettere. Ma è una decisione così personale che dovrà prendere lui. Il fatto che ne abbia parlato in conferenza stampa mi ha sorpreso, perché vuol dire che ci sta pensando davvero: avrebbe voluto probabilmente chiudere a Monte-Carlo, che è un po’ la sua casa tennistica, ma quando succede quello che abbiamo visto a Wimbledon forse i piani possono cambiare. Io non so cosa deciderà, ma so che non sarà una cosa semplice. Ha sempre vissuto per il tennis: non giocare più gli stravolgerà la vita. Ma, ripeto, Fabio è Fabio. E quella sua naturalezza lo aiuterà ad andare avanti e ad affrontare tutto. O non ci saremmo emozionati così tanto a Wimbledon. O non ci saremmo emozionati così tanto con quello speciale, che adesso dovrò per forza vedere…

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