Serena Williams è pronta a riprendersi la luna: cosa vuol dire il suo probabile ritorno

I primi paragoni che vengono in mente riguardano Muhammad Ali e Michael Jordan, e in mezzo a loro lei non sfigura. “I’m back” annunciò via fax il cestista, dopo quasi due anni di stop, anticipando il suo ritorno. Quanto al pugile, non gli erano bastati il Madison Square Garden, Rumble in the Jungle, Drama in Bahama o il Caesar Palace di Las Vegas, l’incontro che uno tra il pubblico, Sylvester Stallone, aveva definito: “L’autopsia su un corpo ancora in vita”. Quando gli chiedevano se non ne avesse abbastanza di tutti quei pugni, se ne contavano circa 175mila, lui rispondeva sorvolando il problema: “Perché la gente va sulla Luna? Tutti hanno bisogno di sfide”. Solo chi è vivo finisce al tappeto, ko. E la luna è lì per chi è così lungimirante o ottuso da credere di poterla toccare. Almeno una volta o ancora una volta. L’ultima volta che abbiamo visto Serena Williams dentro un campo da tennis era il 2 settembre 2022. L’americana indossava un outfit total black, vestito nero ricoperto di brillantini. New York le aveva assegnato il prime time, dentro l’Arthur Ashe era comparsa la scritta: ‘Greatest of all Time’. Quella sera fu sconfitta in tre set da Ajla Tomljanovic. Dopo il match, quando l’intervistatrice le chiese se si fosse data la possibilità di cambiare idea riguardo il ritiro lei rispose: “Non credo, ma non si sa mai. Non lo so davvero”. Poi, dopo una giravolta, dopo aver unito le mani a forma di cuore salutando tutto il pubblico presente sugli spalti, mentre dagli altoparlanti risuonava Tina Turner che cantava ‘The best’, Serena è uscita dal campo e un’epoca si è chiusa. Venticinque anni di carriera finiscono così, all’improvviso, una bella sceneggiatura, tutti in piedi, le lacrime e i ringraziamenti al papà: “Grazie daddy, lo so che mi stai guardando”. La telecamera ti segue fino alla porta d’ingresso al campo, poi cambia inquadratura, smette di osservarti e il tennis continua anche se tu non ne fai più parte. Quell’anno il titolo lo ha vinto Iga Swiatek, che ha concluso l’anno da numero uno del mondo. 9 agosto 2022. L’ex numero uno al mondo sta per giocare il suo ventesimo e ultimo Us Open. Compare sulla copertina di ‘Vogue’, fotografata al tramonto davanti al mare, con sua figlia Olympia che le tiene lo strascico del vestito azzurro che indossa. Il titolo della cover story è: L’addio di Serena: “Sono terribile negli addii”. Serena comincia il suo articolo raccontando che sua figlia qualche giorno prima si era svegliata dicendo alla mamma che avrebbe voluto diventare una sorella maggiore. “Non mi è mai piaciuto il termine ritiro. Mi è sempre sembrata una parola poco moderna. Preferisco pensare a questo momento come una transizione”. Finalmente, proseguiva la donna, voglio scoprire una nuova versione di me stessa. “Mi mancherà quella versione di me, la ragazza con la racchetta in mano”. Dopo il ritiro, Serena è diventata un’ombra sopra il tennis femminile. Ci sono state nuove campionesse, quindici titoli dello Slam, il ranking aggiornato, uno spazio vuoto da riempire ed effettivamente riempito. Eppure, il suo nome non ha mai smesso di essere pronunciato. Durante ogni Wimbledon, Us Open, Australian Open la Williams si percepiva anche nella sua assenza. È sempre stata il riferimento, il paragone. Serena da giocatrice occupava tutto lo spazio, anche quando perdeva. Ha continuato a farlo anche da ex. Ogni campionessa Slam, senza volerlo, è stata costretta a giocare il gioco della torre contro di lei: chi butti giù Serena o Iga, Serena o Aryna, Serena o Coco. Alzi la mano chi ha scelto di non sceglierla. Una delle parole più utilizzate per raccontare il tennis contemporaneo è ‘consistenza’. Serena Williams era consistente. Non che chi è arrivato dopo non lo sia, ma lei lo era di più. Qualche numero: 319 settimane da numero uno al mondo di cui 186 consecutive; 23 titoli dello Slam conquistati, il primo a New York nel 1999, l’ultimo, incinta della sua prima figlia, a Melbourne nel 2017 per una carriera che ha attraversato tre decenni, da un millennio all’altro; 16 anni vissuti in top 10, di cui 5 da numero uno; 73 titoli conquistati, 1014 partite giocate, 856 partite vinte. Non si tratta, però, solo di statistica. La Williams era consistente anche nelle sconfitte, negli eccessi, nei macigni che si portava in campo ogni volta. Le è capitato eccome di perdere, ma lo ha sempre fatto a suo modo. Serena’s way. La notizia delle ultime ore è che, a 44 anni, dopo aver reso la sua primogenita Olympia una sorella più grande, Serena Williams ha chiesto di essere reinserita nel testing pool dell’antidoping, un passaggio necessario per chiunque voglia tornare a competere. Al momento l’ex giocatrice fa parte di questa lista e secondo quanto detto da un portavoce dell’Itia, l’agenzia internazionale per l’integrità del tennis “dovrà rimanere nella lista per sei mesi prima di poter competere di nuovo”. Secondo il New York Times il reintegro è avvenuto il 6 ottobre, e quindi l’americana potrebbe tornare in campo ad aprile 2026. Dopo la diffusione della notizia, Serena ha reagito con un tweet: “Oh my God. Non è vero che sto tornando. Tutto questo è assurdo”. Il suo nome, però, continua ad apparire nell’elenco, un elenco di cui fanno parte solo i giocatori in attività o chi vuole ritornare a esserlo. Serena Williams è sempre stata evasiva sul suo futuro, anche in attività. Una delle sue frasi più celebri risale alla vigilia dello Us Open del 2015, quando un giornalista le chiese che cosa avrebbe fatto se avesse vinto il Grande Slam. Lei rispose sospirando: “Farò un grandissimo sospiro, e poi scomparirò”. Consistente anche nell’inconsistenza, aveva fatto capire che negli anni si era guadagnata il diritto di decidere quando e come andarsene. Non le sono mai piaciute la parola ‘ritiro’ o le parole troppo nette, quelle che tracciano una linea, un prima e un dopo, quelle che non permettono di fare marcia indietro. Quando dici che è finita, è finita per sempre, e lei questo non lo ha mai detto. Ha parlato di evoluzione, non di time out. Nel settembre del 2022 abbandonando il campo si era data una possibilità a cui nessuno aveva creduto davvero, non lo sapeva se sarebbe tornata oppure no. Si è detto che l’obiettivo è il doppio misto allo Us Open 2026, qualcuno ipotizza i Giochi a Los Angeles 2028 . Ma è difficile non pensare che nei pensieri non ci sia anche lo Slam numero 24, la sua magnifica ossessione. Venticinque anni di carriera non li chiudi per riaprirli accontentandoti di un terzo posto o di una wild card per il doppio. E allora eccolo Muhammad Ali, sulla Luna vogliamo andarci perché è lì, e non ha mai smesso di essere lì. Nonostante i pugni, i ko, le sfuriate made in Serena, nonostante la nausea, le crisi di nervi, l’esasperazione a cui ti porta questo sport che ha odiato così tanto prima che Tina Turner cantasse per lei: “you are simply the best”. Nonostante i quarant’anni, la ruggine nei muscoli, il fiato corto, i fischi che ha dovuto sentire prima della standing ovation finale a New York. Serena nonostante Serena. Torniamo sempre nei posti in cui siamo stati felici. A pensarci bene torniamo anche nei posti in cui siamo stati tristi, se in questi posti ci siamo sentiti vivi.

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Giorgia Mecca