Mariam Metwally ha scelto di essere semplicemente se stessa

Il lungo applauso del pubblico quando Mariam Metwally realizza il punto del 23-11 nel terzo set contro Vallefoglia racconta molto più di una semplice azione di gioco. Domenica 27 ottobre 2025, la schiacciatrice egiziana di 26 anni è diventata la prima atleta a scendere in campo con il velo nel massimo campionato italiano di pallavolo femminile. "Sono contentissima: è un sogno che si avvera", ha detto a fine partita mentre andava a salutare i tifosi con le compagne della Uyba Busto Arsizio. Poche parole che pesano come un macigno. Perché Mariam non è solo un rinforzo arrivato a sostituire Rebecca Piva, passata a Milano. È una campionessa che ha conquistato 7 titoli del campionato africano, premiata come MVP per tre anni consecutivi con Al-Ahly SC e Zamalek SC. È una delle migliori giocatrici del continente africano, con 33 punti segnati all'ultimo Mondiale in Thailandia e un'esperienza internazionale di buon livello. Ma soprattutto, è una donna che ha scelto di essere completamente sé stessa, sul taraflex come nella vita. Il velo come identità, non come ostacolo Al suo sbarco in Italia aveva detto: "Il velo fa parte della mia persona e sono fiera di portarlo anche in campo. Non esiste un solo modo per essere un'atleta, spero che le persone capiscano che si può rimanere fedeli a sé stessi anche inseguendo grandi obiettivi". Una posizione chiara, che non cerca giustificazioni ma rivendica con orgoglio il diritto di essere contemporaneamente musulmana, egiziana, atleta professionista. Tutto insieme, senza dover scegliere quale parte di sé sacrificare. È qui che il discorso si fa interessante. Perché quando Mariam dice "mi piacerebbe mettere in luce il valore dell'unità nella diversità: essere diversi è qualcosa da non nascondere ma da vivere con orgoglio", sta parlando di libertà. La stessa libertà per cui altre atlete musulmane hanno fatto scelte opposte, come Dalilah Muhammad, campionessa americana dei 400 ostacoli, che di hijab non ne ha mai avuto uno, cresciuta nel Queens da un padre imam. O come Elnaz Rekabi, l'arrampicatrice iraniana che si tolse il velo ai campionati asiatici di Seul, costretta poi a lasciare il paese. Il punto, alla fine, non è metterlo o toglierlo. Il punto è avere la libertà di scegliere. E questa libertà, nello sport come nella vita, non è scontata ovunque. Una squadra che rappresenta il mondo Con l'arrivo di Metwally, Busto Arsizio ha completato un roster che rappresenta quattro continenti: Europa, Asia, Africa e America. In una Serie A1 femminile italiana sempre più esempio di multiculturalità, che in un contesto sportivo sempre più globale diventa una risorsa straordinaria. È la fotografia di uno sport che cambia, che si apre, che accoglie storie diverse. Nel beach volley, ad esempio, le egiziane Doaa El-ghobashy e Nada Meawad hanno giocato alle Olimpiadi di Rio 2016 coperte dalla testa ai piedi accanto ad avversarie in bikini. La schermitrice americana Ibtihaj Muhammad ha rappresentato gli Stati Uniti con l'hijab. La calciatrice marocchina Nouhaila Benzina è scesa in campo ai Mondiali 2023 con il velo, prima volta nella storia del calcio femminile. Aprire strade per chi verrà Mariam è consapevole del peso simbolico della sua presenza. "So che essere qui significa molto più che giocare, significa aprire strade per chi verrà dopo di me, dimostrare che si può sognare oltre i confini. Se anche solo una giovane atleta guardandomi penserà 'potrei essere io' per me è una vittoria". Con quasi 55mila follower su Instagram, la pallavolista egiziana è già un esempio per molte ragazze. Ma non vuole essere messa su un piedistallo. Vuole solo giocare a pallavolo al massimo livello, migliorare la sua capacità di prendere decisioni sotto pressione, crescere tecnicamente e tatticamente in quello che considera "uno dei campionati più competitivi al mondo". E nel frattempo, vivere il suo sogno italiano: esplorare il Paese, imparare la lingua, conoscere gente nuova. Si definisce una donna socievole e curiosa, che non vedo l'ora di vivere ogni momento al massimo. Il primo punto in Serie A1 è solo l'inizio. Ma quel lungo applauso del pubblico di Busto Arsizio dice che qualcosa è cambiato. Che la diversità può essere vissuta con orgoglio, che l'inclusione non è solo una parola ma una pratica quotidiana, che lo sport può davvero abbattere barriere. Purché ogni atleta abbia la libertà di scegliere chi essere, in campo e fuori.

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Mariam Metwally ha scelto di essere semplicemente se stessa

Stefano Locatelli