Boninfante: "La Lube è presente e futuro, ma non chiamatemi solo figlio d'arte"

Il legame con suo papà Dante da una parte, l'eredità futura di Simone Giannelli da raccogliere in nazionale dall'altra, una carriera ancora tutta da scrivere con il suo stile e la sua personalità. Mattia Boninfante ha il tono di voce di chi è consapevole del suo talento e delle sua potenzialità; allo stesso modo, sa bene che per un atleta di questo livello serve tempo per maturare, imparare e affinare le proprio abilità. Nella scorsa stagione Civitanova ha vinto la Coppa Italia, perdendo solo in finale sia nei playoff scudetto sia nella Challenge Cup: non male per un gruppo che ha solo iniziato a scavare sulla superificie delle proprie potenzialità e ha preso alla sprovvista il mondo del volley italiano. In 'cabina di regia' proprio Boninfante, che nonostante i 21 anni ha già diviso il campo con dei grandissimi campioni, come Bruno e Juantorena. Eppure, nonostante oggi sia un avversario , i consigli di Dante sono sempre preziosi: perché va bene non essere chiamato solo 'figlio d'arte', ma un papà rimane sempre tale. Ci si avvicina all'inizio della Champions League: esordio contro Montepellier il 9 dicembre, girone tosto con Leuven e Varsavia. Per te sarà una prima volta in carriera. Come la vedi? "Il girone è difficile, senza dubbio. Montpellier è squadra di buon livello e i polacchi sono 'quelli da battere'. Ogni partita ci sarà da lottare, passando solo le prime due il margine di errore si riduce al minimo. Incastrare le partite durante la settimana, tra una competizione e l'altra, non sarà facile, soprattutto quando ci sarà da andare in trasferta" Nello spogliatoio che sensazioni ci sono? Avete messo il mirino su alcune avversarie, magari in vista della prossima fase. "Siamo consapevoli di poter fare bene. Chiaramente a parole non si ottiene nulla, dovremo dimostrare tutto in campo. La Champions è la competizione per club più bella che ci sia, ma anche la più tosta: le squadre forti non mancano, Perugia e Trento, le altre italiane, per prime; poi ci sono quelle polacche, come il Lublin, che ha vinto l'ultimo campionato e che abbiamo già trovato in Challenge Cup, e quelle turche, che negli ultimi anni stanno crescendo tanto. L'asticella è alta, le partite difficili non mancano" Sei arrivato nel 2024 alla Lube, una società che ha vinto la Champions pochi anni fa, nel 2019. Hai un ricordo di quella squadra? "Me la ricordo bene, avevo 15 anni. Penso sia stata una delle più forti di tutti i tempi. Nella mia stagione a Modena ho avuto anche la fortuna di giocare con tre elementi di quel roster: Bruno, Juantorena e Stankovic. Mi hanno parlato di quella stagione, di quel percorso, di come avevano vinto. La Lube è un club che merita di giocare la Champions League, di lottare per partite importanti. È 'giusto' fare parte di questa competizione" L'anno scorso avete fatto una stagione ben oltre alle aspettative, vincendo la Coppa Italia. A che altezza avete messo l'asticella per questa? "In tanti hanno detto che siamo stati una sorpresa. Ci sta. A parte pochi elementi della squadra, in tanti avevano tutto da dimostrare. Me compreso. Il livello del campionato è ancora più alto, penso a squadre come Verona e Piacenza che stanno facendo meglio della scorsa stagione: la classifica nelle prime posizioni è molto corta. Abbiamo voglia di confermarci, come prima cosa. Puntando magari a fare ancora meglio, da atleta bisogna cercare sempre di non accontentarsi" La rosa della Lube è formata sia da giocatori di esperienza sia da giocatori giovani, come te, Bottolo, Nikolov: i compagni della prossima 'generazione'. Senti di avere in mano il futuro di questo club? "Siamo in una bella posizione, perché siamo un gruppo che può già dire la sua in questo momento ma che soprattutto può costruire per il futuro. Abbiamo molti margini di crescita. In questa fase qualche passo falso è contemplato, pecchiamo ancora nella gestione di qualche situazione. Errori di gioventù. Tra qualche anno sapremo cavarcela meglio, fa parte di un normale processo di crescita. Alla domanda rispondo di sì, perché con questo gruppo abbiamo tante stagioni davanti" Nel 2025 hai anche esordito in prima squadra in nazionale. Giochi nello stesso ruolo di un campione come Simone Giannelli, che tipo di giocatore sei rispetto a lui? Cosa puoi imparare? "Siamo diversi. Soprattutto da un punto di vista fisico, perché lui ha almeno 10 centrimetri in più. Per un palleggiatore è un dettaglio che può fare la differenza, certe situazioni di gioco non potrò mai gestirle come fa lui a causa dell'altezza. A entrambi piace il gioco dal centro della rete, primo tempo e 'pipe', sul lato della distribuzione di gioco mi rivedo in alcune cose. La cosa che posso imparare da lui senza ombra di dubbio è la gestione della squadra, la leadership. Però io sono Mattia, non penso sia giusto né utile cercare di essere un'altra persona: vorrei restare comunque me stesso, sia nel gioco sia nella personalità" Nella terzultima giornata hai giocato contro tuo papà, che effetto fa? "È una sensazione strana. Anche se è stata la terza volta da avversari. Non ci ho ancora fatto l'abitudine. Siamo anche stati 'compagni' per due stagioni, quando mi allenava a Prata. Sa come gioco, io so come prepara le partite: è una sfida nella sfida, entrambi sappiamo di dover fare qualcosa in più del solito per trovare la soluzione vincente. Al di là del risultato rimane un bel momento, per noi e per tutta la famiglia, che si ritrova alla partita" Quanto è stato naturale crescendo avvicinarsi al volley vedendolo durante la sua carriera? "Papà non mi ha mai obbligato a fare pallavolo, anzi. Da bambino giocavo a calcio. Fin da piccolo, tre/quattro anni, andavo alle sue partite, e terminata la sfida restavo in palestra a giocare con il pallone da volley. La scelta di cambiare sport è stata solo mia: vedendolo giocare per tanti anni ha influito, senza dubbio, ma mai in maniera diretta" Segue le tue partite? "Entrambi seguiamo quelle dell'altro. Dopo le partite ci chiamiamo e ci confrontiamo, ci scambiamo delle opinioni. Lo facciamo per migliorarci e perché ci piace tantissimo questo sport: è sia un modo per stare in contatto sia un modo per coltivare la passione fortissima che abbiamo entrambi per il volley" Crescendo volevi diventare come lui o avevi un altro modello? "Dico la verità, il mio riferimento è sempre stato Bruno . Sono stati anche compagni di squadra a Modena. Crescendo mi è sempre piaciuto come giocatore, infatti quando l'ho confidato a mio papà l'ha presa sul ridere . Quando gli ho detto che sarei andato a Modena anche per quel motivo ci abbiamo scherzato su. Non ho mai preso papà come riferimento, semplicemente perché non volevo che diventassimo giocatori simili e che partissero i paragoni"

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Simone Dagani