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NBA, tutti i disastri dei Sacramento Kings

NBA

Dario Vismara

Dichiarazioni incredibili, errori di valutazione, innamoramenti sbagliati, scelte buttate al Draft: lo scambio di DeMarcus Cousins è solo l’ultimo esempio dell’incompetenza di Vlade Divac e Vivek Ranadivé

Non passa giorno senza che qualche nuovo dettaglio renda ancora più assurda la situazione in casa Sacramento Kings. Dopo aver scambiato la propria stella DeMarcus Cousins per un pacchetto di giocatori e scelte al Draft a dir poco controverso, il GM della squadra Vlade Divac si è presentato davanti ai microfoni dei giornalisti e ha ammesso candidamente che accettare l’offerta dei Pelicans era la cosa giusta da fare perché “avevamo ricevuto un’offerta migliore due giorni fa”, e che quindi le offerte sarebbero state sicuramente peggiori tra due giorni, alla deadline del mercato prevista per le ore 21 italiane di giovedì. “Quando si fa uno scambio ovviamente vuoi ricevere il massimo”, ha detto Divac, noto per essere estremamente candido – al limite del naïf – nei suoi commenti. “Questo però era il momento migliore per premere il grilletto sullo scambio, e quella era l’offerta migliore che avevamo. Ma non voglio entrare nei dettagli di tutto il processo che abbiamo dovuto affrontare”.

Niente asta – I dettagli, invece, sono emersi nelle ultime ore e rendono ancora più incredibile la situazione legata ai Kings. Secondo quanto rivelato nel suo podcast da Adrian Wojnarowski di The Vertical (colui che ha dato la notizia dello scambio, nonché giornalista di spicco per tutti gli scambi di mercato), la dirigenza dei Kings era da tempo intenzionata a scambiare Cousins, ma su di lui vigeva il veto del proprietario Vivek Renadive che lo considerava intoccabile, volendo presentare una squadra da playoff nel nuovo Golden1 Center inaugurato a inizio stagione. Una convinzione nel proseguire con “Boogie” che è rimasta tale fino a circa una settimana fa – e da qui si spiegano le parole di Divac sul voler proseguire con lui fino a dargli l’estensione da 209 milioni in estate – ma che è improvvisamente venuta meno per motivi non meglio precisati, ma che hanno dato via al “processo” che ha portato allo scambio di domenica. Le condizioni, a quel punto, si sono però fatte difficili, anche perché i Kings – incomprensibilmente – non hanno voluto far partire un’asta per il proprio giocatore andando a contattare singolarmente le squadre che, secondo le loro valutazioni di tutti i roster della NBA, potevano avere dei giocatori interessanti per le loro idee. In questo modo altre squadre, molto probabilmente in grado di battere lo scarso pacchetto offerto dai Pelicans, non hanno potuto fare le loro offerte perché tagliate fuori dalla “short list” redatta dai Kings. E qui entra in gioco Vivek Ranadivé.

L’innamoramento di Vivek – Secondo quanto rivelato da Baxter Holmes di ESPN, il volubile Vivek è convinto che Buddy Hield abbia il potenziale per diventare come Steph Curry e questa sua valutazione è stata una delle motivazioni principali per chiudere lo scambio proprio con i Pelicans invece che, ad esempio, con i Lakers (arrivati in lotta fino all’ultimo ma “sconfitti” perché non intenzionati a scambiare Brandon Ingram) o ad altre squadre interessate (che hanno visto le loro chiamate andate perse senza ricevere nemmeno una risposta). Un innamoramento che nasce da lontano, visto che nella scorsa estate Renadive è stato l’unico proprietario a essere presente ai provini di Hield prima del Draft, parlandoci privatamente per 15 minuti e – a quanto pare – uscendone perdutamente stregato. Un percorso molto simile a quello che aveva portato i Kings a scegliere Nik Stauskas nel Draft 2014, definito in tempi non sospetti da Vivek come uno che “tira come Steph [Curry] ed è grosso come Klay [Thompson]” – secondo una vecchia ossessione per rendere i suoi Kings come i Golden State Warriors, squadra di cui è stato proprietario di minoranza per qualche tempo. È da notare che Stauskas è stato poi scaricato dopo un solo anno all’interno di uno scambio in cui i Kings hanno ceduto ai Philadelphia 76ers – insieme a un paio di contratti morti per liberare spazio e firmare Rajon Rondo, Marco Belinelli, Caron Butler e Kosta Koufos – la bellezza di una scelta protetta-10 nel 2018 (che diventerà non protetta nel 2019 e appare destinata a essere uno dei migliori asset di tutta la lega) e due diritti per scambiare le scelte nel 2016 e nel 2017. Uno scambio suicida che continuerà a tormentare Sacramento ancora a lungo e che se la gioca testa-a-testa con quello di Cousins per essere il peggiore degli ultimi 10 anni di NBA.

Il ruolo degli agenti – Divac ha parlato anche del ruolo avuto dai procuratori di DMC nello scambio, dicendo di aver imparato a “non fidarsi mai degli agenti”. Pare infatti che diverse offerte siano state bloccate dal fatto che Cousins non avrebbe accettato di estendere o rifirmare con le squadre a cui sarebbe stato scambiato, avendo ormai messo gli occhi sulla super-estensione da 209 milioni (circa 30 in più di qualsiasi offerta da un’altra squadra) che lo avrebbe reso il giocatore più pagato nella storia della lega. Un rischio che i Kings hanno deciso di non correre dopo aver spergiurato di volerlo fare, ma ritrovandosi con l’acqua alla gola e cadendo nel panico, accettando un pacchetto di scarso valore pur di fare lo scambio immediatamente – tanto è vero che non sono nemmeno riusciti a ricevere una scelta non protetta dai Pelicans, di fatto condannandosi a ricevere una scelta di fine lottery o di metà primo giro come scenario migliore.

Cambio di cultura – Divac ha ammesso che la decisione è stata difficile perché “voglio bene a DeMarcus e lo ringrazio per quello che ha fatto nella comunità e per la squadra, gli auguro solo il meglio”, ma lo ha giustificato parlando di un “cambio di cultura” e di un “passo in avanti per migliorare questa organizzazione in futuro”. “Sfortunatamente è stata una cosa che dovevamo fare, ma vogliamo avere una cultura diversa per cercare di vincere le partite”, ha poi aggiunto. Intento lodevole, se non fosse che in squadra ha ancora cittadini non esattamente modello come Darren Collison e Ty Lawson, pur avendo tagliato il contratto di Matt Barnes (che aveva un garantito da 6 milioni anche per il prossimo anno e che quindi peserà sul cap per i prossimi anni) per creare un posto a roster e fare spazio a Hield, Tyreke Evans e Langston Galloway ricevuti da New Orleans. Ora si apre una nuova era per i Kings, che con ogni probabilità terranno le proprie scelte al Draft di quest’anno (se sarà in top-10, anche se i Sixers hanno comunque il diritto a scambiare le scelte nel caso fosse migliore della loro) e del prossimo.

Occhio al futuro – Da queste due scelte in Lottery partirà il nuovo corso dei Kings, anche se negli ultimi 10 anni Sacramento ha una lunghissima storia di selezioni sbagliate: nel 2007 Spencer Hawes, nel 2008 Jason Thompson, nel 2009 Tyreke Evans (invece di Steph Curry), nel 2010 Cousins, nel 2011 Jimmer Fredette (invece di Klay Thompson o Kawhi Leonard), nel 2012 Thomas Robinson (invece di Damian Lillard), nel 2013 Ben McLemore (invece di Kentavious Caldwell-Pope o C.J. McCollum), nel 2014 Stauskas (invece di Dario Saric o Zach LaVine), nel 2015 Willie Cauley-Stein (forse il vero vincitore della trade, anche se dopo di lui sono andati Justise Winslow e Devin Booker…) e nel 2016 sono scesi fino alla 13 per selezionare Giorgios Papagiannis invece di tenere la 8 e prendere Marquese Chriss. Dei precedenti non esattamente incoraggianti per i tifosi dei Kings, che hanno visto salutare tra le lacrime il loro miglior giocatore degli ultimi 10 anni senza avere poi molto per potersi consolare.