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NBA: no Durant, no problem! Golden State batte ancora Portland

NBA

I vice campioni NBA dominano il secondo episodio della serie contro i Blazers, nonostante le assenze. Gli ospiti restano in partita soltanto un tempo, prima di essere spazzati via dalla difesa degli Warriors

Clark-Jones-McAdoo-McCaw-Pachulia: questo il quintetto con cui Golden State gioca gli ultimi (inutili) minuti di partita alla Oracle Arena, a cui viene deputato l’annoso compito di portare a zero il cronometro limitando al minimo i danni. Mai come questa volta non poteva esserci notizia migliore per Steve Kerr e tutti i tifosi Warriors, allarmati prima della palla a due dall’assenza a scopo precauzionale di Kevin Durant, alla quale si erano poi aggiunte anche quella di Matt Barnes e Shaun Livingston: “Siamo corti”, aveva chiosato l’allenatore di Golden State pochi istanti prima del match, declinando le richieste dei cronisti: “Ovviamente ho già deciso chi scenderà sul parquet al posto di Durant, ma non vengo certo a dirlo a voi”. Alla fine la scelta è caduta su un convincente Patrick McCaw da 9 punti, 5 rimbalzi e soprattutto +27 di plus/minus in 35 minuti. Sì, un dato di squadra che tende ad andare su ogni volta che condividi la tua permanenza in campo con i vari Curry, Thompson e Green. Soprattutto con il terzo, asceta della tripla doppia e in grado di rinunciare al riconoscimento numerico perché non interessato a mettere punti a referto: la sua partita ancora una volta è un saggio di perfezione difensiva e applicazione unico nel suo genere. Alla sirena sono 12 rimbalzi, 10 assist e soltanto 6 punti, anche perché i numeri sono davvero l’ultima cosa da leggere per valutare le prestazioni del numero 23.

Portland, niente è come la prima volta

Una sfida anomala, in cui a giocare da protagonisti sono i nomi che non ti aspetti. È sorprendente infatti leggere che i migliori marcatori a fine primo tempo sono Maurice Harkless da una parte (15) e JaVale McGee dall’altra, indiscussa chiave in un match in cui gli bastano 13 minuti per segnare 15 punti e sostanzialmente mandare a gambe all’aria il piano partita difensivo di coach Stotts, il quale non ha evidentemente a disposizione un corpo da utilizzare per rendere complicata la vita al lungo degli Warriors. I Blazers quindi provano a riproporre lo stesso copione di gara-1, ma il finale stavolta è più stonato del solito e soprattutto la benzina finisce prima del previsto: la tripla di Evan Turner a meno di quattro minuti dalla fine del primo tempo infatti è l’ultimo lampo degli ospiti, ritornati con quel canestro a un solo punto di distanza e mai più in grado nel corso del match di riavvicinare così tanto i vice campioni NBA. Già, perché Golden State veleggia senza troppo affanno oltre la doppia cifra di margine e quando i Blazers provano ad affidarsi al talento di Lillard e McCollum, il risultato è molto diverso da quello di gara-1: alla sirena sono 12 punti per il primo e 11 per l’altro, che  tirano con un pessimo 9/34 combinato, frutto del lavoro straordinario della difesa degli Warriors. Golden State infatti dopo aver concesso 11 tiri aperti e 43 contestati nel primo episodio al backcourt di Portland, ne ha limitato l’impatto lasciando ai due 33 tiri contestati e uno solo aperto, togliendo sostanzialmente ossigeno a un attacco che non ha altre prese d’aria dalle quali approvvigionarsi. 

La difesa basta e avanza

Così, in una serata in pieno controllo, ci si può anche accontentare di uno Steph Curry spuntato da 19 punti con 6/18 dal campo o di un Klay Thompson da 16 con 6/17. La mira e la precisione possono anche non servire quando sigilli il tuo canestro e concedi il 33.3% al tiro ai tuoi avversari, il 20% dall’arco e soli 12 punti nel terzo e decisivo periodo (mai così pochi per Portland in un’intera frazione quest’anno). Gli Warriors quindi possono tenere in campo i big per soli 30 minuti, portando a casa l’undicesima vittoria consecutiva casalinga contro la squadra dell'Oregon: alla fine il tabellone recita 110-81, la prima sconfitta ai playoff dei Blazers oltre i 25 punti negli ultimi sette anni. La paura per Lillard e compagni è che potrebbe non essere l’ultima in questa stagione.