Nel primo episodio della serie di finale, gli Warriors dominano il match 113-91 con Cleveland che resta aggrappata al match soltanto un tempo. Alla sirena sono 38 punti per Kevin Durant e 28 per Steph Curry; ai Cavaliers non bastano i 28 punti, 15 rimbalzi e 8 assist (ma anche 8 palle perse) di LeBron James
L’accostamento è fin troppo semplice da trovare: esattamente come un anno fa, gara-1 tra Golden State Warriors e Cleveland Cavaliers non è mai stata realmente in discussione — anzi, è stata talmente dominata da rendere difficile immaginare uno sviluppo diverso per il resto della serie. La conclusione dello scorso anno però ci ricorda che gara-1 non è necessariamente lo specchio di tutta una serie, o almeno questo è quello che sperano LeBron James e soci dopo la lezione di pallacanestro subita. I campioni della Western Conference infatti non hanno mai realmente rischiato, mettendo la testa avanti nel primo quarto senza mai voltarsi indietro, prendendo 10 punti di vantaggio nel secondo quarto e poi aprendo il terzo con un altro 10-0 di parziale, toccando il +20 e gestendo il resto della partita senza mai concedere uno svantaggio in doppia cifra. Un successo netto — il 13esimo consecutivo di questi playoff, eguagliando i Lakers del 1989 e questi Cavs prima della sconfitta con Boston in gara-3 — che porta le firme dei due protagonisti più attesi, Kevin Durant e Steph Curry. Il primo ha aperto le sue seconde finali in carriera con una straordinaria partita da 38 punti, di cui 20 in un primo tempo in cui ha fatto quello che ha voluto arrivando a schiacciare per ben sei volte nel vuoto della difesa di Cleveland senza perdere neanche un pallone (solo Shaq come lui negli ultimi 30 anni). Il secondo ha chiuso a quota 28 con 10 assist e 6 rimbalzi, con un eccellente prestazione al tiro (11/22 dal campo, 6/11 da tre) e il classico terzo quarto spettacolare da 14 punti per scavare il solco definitivo tra le due squadre, rendendo l’ultima frazione una mera formalità. Gli ultimi due MVP della lega sono stati schierati insieme per la maggior parte della gara e hanno chiuso coi due migliori plus-minus (+20 Curry, +16 KD), trascinando una squadra che non ha avuto nemmeno bisogno di un terzo realizzatore in doppia cifra per avere facilmente ragione dei campioni in carica. Un segnale estremamente preoccupante per gli uomini di Tyronn Lue.
Schiantati contro il muro
Difficile commentare la partita di Cleveland: da una parte le difficoltà difensive, specialmente in transizione e sul lato debole, erano attese e già messe in preventivo, ma certi errori di concentrazione semplicemente non si possono concedere a una squadra del livello di questi Warriors. I padroni di casa sono sembrati decisamente più reattivi sui palloni vaganti, non hanno subito sotto i tabelloni (14 rimbalzi offensivi contro i 15 dei Cavs) e hanno spadroneggiato nel pitturato (56 punti contro i 30 di Cleveland) nonostante una miriade di errori al ferro (27/51 nella restricted area) che nel primo tempo hanno a lungo graziato gli ospiti. È però impossibile pensare di andare a vincere alla Oracle Arena, o anche solo rimanere a contatto, quando si commettono 20 palle perse (la metà delle quali in un tragico secondo quarto) e non si forza nemmeno una palla recuperata. Costringere gli Warriors a perdere palloni è una delle chiavi per batterli, mentre la difesa di Cleveland ha forzato solo 4 turnovers (mai c’era stata così tanta distanza tra due squadre in una partita di finale), permettendo a Golden State di vincere facilmente nonostante le percentuali del tutto normali (42.5% dal campo, 36% da tre). Davanti a numeri del genere, non c’è superstar che tenga: i Big Three di Cleveland hanno chiuso con statistiche di tutto rispetto — 28 punti, 15 rimbalzi e 8 assist per LeBron James, 24 per Kyrie Irving e 15 con 21 rimbalzi di Kevin Love —, ma dopo un primo quarto da 30 punti (complici i due falli di Draymond Green) non sono mai riusciti a mettere tatticamente in difficoltà la difesa di Golden State, segnando solo 61 punti negli ultimi tre quarti. Il resto del supporting cast ha dato ben poco supporto alla causa: tolti James e Irving, gli altri Cavs hanno tirato 11/44 dal campo e 6/21 da tre, schiantandosi ripetutamente contro la difesa degli Warriors che li ha tenuti sotto il 90 di rating offensivo (89.2 punti su 100 possessi) contestando la bellezza di 48 tiri (solo 16 dei quali mandati a segno dai Cavs).
Le carte in mano agli Warriors
Se Curry e Durant si sono presi cura dell’attacco, tutto il resto degli Warriors ha giocato un’eccellente partita difensiva, capitanati da un Draymond Green diabolico (83.3 di rating difensivo con lui in campo) specialmente a inizio terzo quarto e un Klay Thompson a tratti commovente per applicazione e concentrazione nella propria metà campo (1/12 al tiro contro di lui), nonostante l’ennesima brutta serata al tiro di questi playoff (3/16 dal campo, 1/6 nei tiri non contestati). Il fatto che Golden State sia riuscita a vincere così facilmente nonostante i soli 15 punti della coppia Green-Thompson è contemporaneamente una notizia straordinaria per gli Warriors e pessima per i Cavs: tra le due squadre quella che sembra avere più carte da potersi giocare per le partite successive sembrano proprio quelli che hanno già vinto gara-1 di 22 punti, perché possono innanzitutto aspettarsi percentuali ancora migliori e hanno delle strutturazioni di quintetti ancora tutte da esplorare: basti pensare che nel secondo tempo coach Mike Brown non ha nemmeno avuto bisogno di utilizzare di nuovo JaVale McGee (utilissimo col suo contributo dalla panchina da 4 punti, 5 rimbalzi e +8 di plus-minus in soli 5 minuti) o che Curry e Durant hanno potuto riposare insieme, senza modificare la rotazione per fare in modo che uno dei due fosse sempre in campo a sostenere l’attacco (78 di rating offensivo senza Durant, 67.6 senza Curry — anche se con molto garbage time a “falsare” i dati). Sia come sia, LeBron James — che ha perso la settima gara-1 di Finale su otto disputate, di cui tutte e sei quelle giocate in trasferta — avrà molto da sistemare insieme ai suoi compagni: perché è vero che lo scorso anno i Cavs hanno vinto il titolo pur perdendo male le prime due alla Oracle Arena, ma non si può sempre contare sul poter rimontare da 1-3 in una serie di finale. Soprattutto contro una squadra ancora più forte, più sana e più concentrata rispetto a quanto già fosse un anno fa. Serviranno risposte e strutturazioni tattiche da esplorare già a partire da gara-2, perché la distanza da colmare non è poca.