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NBA, il cuore di Cleveland non basta: Golden State a un passo dal 16-0

NBA

Dario Vismara

Non bastano gli storici 77 punti della coppia James-Irving: è un 11-0 di parziale negli ultimi tre minuti a regalare il 3-0 nella serie agli Warriors (118-113), trascinati da uno straordinario Kevin Durant

Quando tra vent’anni vi chiederanno di raccontare come hanno fatto i Golden State Warriors a vincere 15 partite consecutive su 15 ai playoff, ricordatevi degli ultimi 2 minuti e 45 secondi della selvaggia, intensissima e bellissima gara-3 di questa serie. Sul campo dell’avversario più ostico di tutta la lega, con uno svantaggio di 6 punti e davanti a due prestazioni mostruose di campioni del calibro di LeBron James e Kyrie Irving, i Golden State Warriors hanno risposto con un 11-0 di parziale senza sbagliare neanche un tiro (3/3 dal campo, 4/4 ai liberi) in attacco e forzando 8 errori agli avversari con una difesa granitica, finendo per vincere 118-113. Un parziale aperto e chiuso da Steph Curry con 4 dei suoi 26 punti di serata, ma propiziato soprattutto da 7 punti in fila di un chirurgico Kevin Durant, glaciale nel mandare a segno la tripla del sorpasso sul 114-113 a 45 secondi dalla fine che ha deciso la partita — e con ogni probabilità anche serie e titolo di MVP di queste Finals. “That’s why they brought me here”, avrebbe detto Paul Pierce: è esattamente per momenti come questi che i Golden State Warriors si sono assicurati i servigi di Durant, che aveva giocato una gara del tutto normale (per i suoi standard) nei primi tre quarti e poi si è scatenato nel finale, segnando 14 dei suoi 31 punti nell’ultima frazione. Se gli Warriors sono rimasti in partita a lungo devono però ringraziare Klay Thompson (incandescente a inizio gara con 16 dei suoi 30 punti nel primo quarto, chiudendo con 11/18 al tiro e 6 delle 16 triple di Golden State) e Steph Curry, che ha giocato una partita di straordinaria completezza aggiungendo 13 rimbalzi (addirittura 5 in attacco!), 6 assist, 2 recuperi e una sola palla persa ai suoi 26 punti per un +11 di plus-minus che non racconta fino in fondo il suo impatto scoraggiante sul morale dei Cleveland Cavaliers. Ancora meglio di lui con +14 ha fatto Draymond Green, che pur convivendo a lungo coi problemi di falli ha chiuso con 8 punti, 8 rimbalzi e 7 assist e la solita presenza difensiva (106.4 punti concessi su 100 possessi con lui in campo, il migliore dei suoi). Tutti elementi che, nonostante le 18 palle perse, hanno portato gli Warriors a vincere piccole battaglie che alla fine si sono rivelate decisive: 44-37 nella lotta a rimbalzo, 16-4 nei punti da seconda opportunità, 24-13 in contropiede. Dettagli che hanno permesso loro di non finire mai sotto i 7 punti di svantaggio, dandosi un’opportunità di vincere nel finale di gara quando, inevitabilmente, la stanchezza di Cleveland è diventata un fattore: è stato lì che Kevin Durant ha infilato il coltello nel cuore dei Cavs, decretando il 3-0 nella serie.

Il cuore di Cleveland

Dal punto di vista dei Cavs, viene da chiedersi cos’altro possono fare per battere questi Golden State Warriors. LeBron James ha mancato la tripla doppia di un assist (39 punti, 11 rimbalzi e 9 passaggi vincenti) solamente perché i suoi compagni — tolto un J.R. Smith da 5/10 per 16 punti — tutti assieme hanno tirato 3/25 da tre punti. La sua prestazione, unita a quella di un Kyrie Irving a tratti irreale da 38 punti e 16/29 al tiro (i loro 77 punti combinati sono un record per una sconfitta nelle Finals), ha tenuto Cleveland avanti a lungo nel secondo tempo, tanto è vero che il Re ha chiuso con un plus-minus di +7 nei 45 minuti e  37 secondi in cui è stato in campo. Considerando che i Cavs han perso di 5, è facile individuare nei 2 minuti e 23 secondi in cui si è “riposato” il momento in cui Cleveland ha perso la partita (10-0 il terribile parziale subito a fine primo quarto, per un Net Rating quasi esilarante: -204.1 punti concessi su 100 possessi). Per questo, James ha veramente poco da doversi rimproverare: il parziale di 11-0 negli ultimi 2:45 di gara sarà uno dei temi di queste Finals, ma attaccare con profitto questi Warriors (116.5 di Offensive Rating con LeBron in campo) richiede uno sforzo fisico e mentale estenuante, e tutto si può dire tranne che James non abbia lasciato tutto in campo. Lo stesso per la verità si può dire, quantomeno a livello di impegno, dei suoi compagni: a parte l’incredibile Irving, che a un certo punto si è lanciato per terra per strappare un rimbalzo dalle mani di Green, anche un veterano come Richard Jefferson ha lasciato tutto in campo forzando due palle contese; perfino Kevin Love ha disputato forse la sua miglior partita difensiva della carriera chiudendo con 13 rimbalzi, 6 rubate, 7 palloni deviati, 4 palle vaganti recuperate e 10 tiri contestati. Il suo tremendo 1/9 al tiro, unito alle brutte percentuale di tutta la panchina (addirittura 3/18 dagli angoli, i tiri normalmente più remunerativi per un attacco) e un Tristan Thompson ancora inesistente nella serie (0 punti e 3 rimbalzi in 23 minuti incolori) hanno finito per condannare i Cavs alla terza sconfitta, che li pone ora in una situazione fin troppo familiare: mai nessuno nella storia dei playoff ha mai rimontato da 0-3 in una serie. Verrebbe da pensare che fino all’anno scorso nessuno aveva mai rimontato da 1-3 nelle Finals, ma questi Golden State Warriors sono un animale totalmente diverso da affrontare rispetto a quelli dello scorso anno. Ed è la presenza di Kevin Durant a renderli tali.