Lo spagnolo ha vinto la prima semifinale del torneo battendo 6-1, 7-5 un Fognini che ha iniziato troppo nervoso, ma che si è ripreso nel secondo set dando anche l'illusione della grande rimonta. Per l'italiano dieci giorni da sogno e il ritorno sicuro nei primi 30 giocatori del mondo. All'una italiana l'altra semifinale Federer-Kyrgios in diretta esclusiva su Sky Sport 2
Il sogno americano di Fabio Fognini è finito. Il più forte, cioè Rafa Nadal, ha vinto 6-1 7-5 e per l’italiano non si può parlare di occasione persa. Di occasione che lui non si è giocato al massimo però sì, perché contro il maiorchino ha spesso disputato ottime partite (il bilancio era 7-3 Nadal) e perché in questa settimana ha giocato quello che probabilmente è il miglior tennis della sua vita. E Nadal forse il suo peggiore, particolare non secondario. Ma i fenomeni chiudono i tornei in crescita, gli ottimi giocatori si fermano a un certo livello.
All’inizio il nervosismo e la tensione sono da una parte sola, quella italiana. Del resto non potrebbe essere altrimenti: per Nadal è la cinquantanovesima semifinale in un Masters 1000 (la settima a Miami), per Fognini, di un anno più giovane, la seconda. Va detto che Fognini non è in genere uno da partenze a razzo, non lo è stato nemmeno a Miami, ma con Nadal è tensione pura. Il break in favore dello spagnolo arriva già al quarto game: gli è sufficiente tenere la palla profonda e aspettare gli errori dell’azzurro, che sembra il Fognini del resto del torneo soltanto quando azzarda qualche palla corta. Nadal dispone del contratto avversario come vuole e al sesto game con cinque punti di fila ottiene un break che pare mettere sotto terra il morale dell’avversario. Fognini non tiene mentalmente nemmeno negli scambi a velocità di crociera e il 6-1 per Nadal in 25 minuti, con 28 punti contro 12, è francamente incommentabile. Nell’angolo di Fognini (l’allenatore Davin, la sorella Fulvia, Bobo Vieri) l’unica speranza risiede nel passato, visto che in due delle sue tre vittorie negli scontri diretti, a Rio e agli U.S Open, Fognini aveva perso il primo set. Ma non si era in una semifinale così importante, un macigno psicologico che si aggiunge a Nadal e atutto ciò che una semifinale di un Masters 1000 con Nadal rappresenta.
Per spezzare il ritmo dello spagnolo si ricorre al pit-stop in bagno, come ormai fanno in troppi. Di sicuro Fognini rientra in campo con la testa ancora nel match, diversamente non riuscirebbe a riemergere da uno 0-40 al terzo game. La differenza con il Fognini dei precedenti cinque turni di Miami è soprattutto nelle gambe, troppi colpi devono venire corretti di braccio e il vento certo non lo favorisce. Vento che esiste anche per Nadal, beninteso, che però ha un margine di sicurezza maggiore. Sul 2-2 game drammatico, con Nadal che più volte sfiora il break e Fognini che tira fuori il suo miglior tennis soprattutto dalla parte del rovescio. Finalmente anche Nadal deve correre e in un recupero curiosamente perde una scarpa: segno di affanno, di minore cura dei particolari, chissà. Forse solo un caso, come si vedrà. Comunque Fognini va sul 4 a 3 e per la prima volta sfiora il break, sul 40 pari, mettendo addosso a Nadal una pressione nuova. Qui davvero la partita si potrebbe riaprire, anche se Fognini è sui suoi limiti e Nadal all’80%. Non si riapre, anche perché il servizio dello spagnolo viaggia bene: nemmeno una palla break concessa. Sul 5 pari e 30 pari l’episodio definitivo, più che decisivo, con una palla corta di Fognini eseguita alla perfezione. Anzi, quasi alla perfezione: perché il vento la sposta di quel tanto che basta per dare il punto a Nadal, seguito da un doppio fallo dell’italiano. 6-1 7-5 per Nadal che va in finale per la quinta volta in un torneo che non ha mai vinto, mentre a Fognini rimane il ricordo di dieci giorni meravigliosi e l’entusiasmo per la stagione sulla terra europea ormai alle porte. Fognini ha perso per vari motivi, ma fra questi non sembra ci sia l'appagamento: Miami può davvero essere un inizio.