Oltre il caso ginnastica: prevenzione e formazione per i futuri allenatori

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Danilo Freri

Danilo Freri

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Mentre l’indagine sui casi di maltrattamento nella ginnastica prosegue, non si può prescindere ormai da una corretta conoscenza delle problematiche degli atleti, soprattutto nell’età dell’adolescenza. Per creare i futuri allenatori

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L’indagine della procura federale sui maltrattamenti e le umiliazioni subite da ex atlete della ginnastica ritmica prosegue. Ci vorranno alcune settimane per concludere gli accertamenti. Come la Federginnastica, il Coni e lo stesso Ministro dello Sport Abodi hanno evidenziato, errori e comportamenti non adeguati vanno accertati e individuati. Giusto, ma serve di più. Questa è un’occasione per analizzare a fondo i metodi di allenamento, nello sport e non solo nella ginnastica, e il rapporto tra atleti, allenatori e famiglie. Trovare soluzioni, promuovere cambiamenti. Le parole chiave sono soprattutto due: prevenzione e formazione. Per trovare quel confine tra la disciplina richiesta allo sport agonistico e il rispetto della salute degli atleti.

Elena Ghiselli, ex atleta: "La ginnastica mi ha dato tantissimo"

Elena Ghiselli oggi è una nota dermatologa a Novara. Dal 1979 al 1987 è stata nella nazionale di ginnastica artistica. Ha partecipato ad Europei e Mondiali, ha ottenuto una qualificazione olimpica. “Sono entrata in palestra a 7 anni, a 11 ero in Nazionale e ne sono uscita a 19 anni. Allenamenti duri, fatica e bei ricordi. Il bilancio è positivo, la ginnastica mi ha dato tantissimo. Ho avuto come allenatrice Donatella Sacchi. Durissima. Severa. A Novara tutti se la ricordano. Accanto alla cattiveria dell’allenatrice c’è sempre stato però il lato dell’ascolto.” 

Anna Ogliari, psicologa: "Sport deve avere ruolo formativo"

Anche la professoressa Anna Ogliari ha un passato da atleta, dedicato al twirling (sport che ha aspetti simili alla ginnastica artistica e ritmica e che si caratterizza per elementi in cui si fa ruotare il bastone). “Il mio passato è stato ricco dal punto di vista sportivo, soprattutto per il ruolo formativo che lo sport ha avuto sulla mia capacità di persistenza e di progredire nonostante l’ambiente intorno sia molto ostile, una palestra di vita importante.” Una palestra da dove qualcuno, invece, è scappato.

Chi inizia a fare sport ad alto livello nell’età dell’adolescenza vive, forse ancor più amplificate, problematiche che sono già inevitabilmente in essere. Oggi la professoressa Ogliari è psicologa clinica dell’età evolutiva della Università Vita-Salute San Raffaele. “L’adolescenza è un momento della vita molto particolare nella quale assistiamo ad una serie di cambiamenti fisici e mentali che vanno di pari passo.”

Elena Ghiselli

Dott. Mendolicchio: "Conflitto con il cibo è nella nostra società"

Lo conferma anche l’esperienza di Leonardo Mendolicchio, Direttore dell’Unità Operativa Riabilitazione Disturbi Alimentari presso l’Auxologico Piancavallo. “Questa è una problematica nota, purtroppo. Le notizie recenti non sono una novità per chi si occupa di disturbi del comportamento alimentare. I fattori di rischio tornano e ritornano. Soprattutto in una età tra i 12-13 e 14 anni e con allenatori che non hanno gli strumenti per gestire la situazione. Il tutto si inserisce in quel calderone tumultuoso che è l’adolescenza. “Si fa ginnastica in una età adolescenziale, già la percezione di tutto quello che ti sta intorno è un po’ alterata.” – racconta la dottoressa Ghiselli. “Quando una bambina entra in una palestra lo fa per passione, magari ha visto una campionessa in tv e vuole arrivare a quel livello, poi con il tempo c’è una selezione naturale. Bisogna stare attente, concentrate, ci sono una serie di regole fin da piccole. E’ educativo. Ad alti livelli non è pensabile non avere un fisico magro e asciutto perché bisogna sostenere delle prestazioni. Ma non solo, mantenere un certo tipo di peso significa anche salvaguardarsi dagli infortuni”.

Mantenere il peso può non essere facile per una bambina, per una ragazza, per un giovane atleta. Certo, non tutti vanno incontro a disturbi del comportamento alimentare (DCA in sigla). Ma come ci spiega il dottor Mendolicchio, esponiamo i nostri ragazzi a questo rischio in molti modi: “Il conflitto con il cibo è nella nostra società. Citiamo la parola dieta ogni giorno, c’è una narrazione cibo-ossessiva. Spesso è nella famiglia stessa che si fa body-shaming. O nella scuola, da parte dei compagni e dei professori. Dobbiamo essere più risoluti e consapevoli sul tema del cibo, del corpo e del peso. Situazioni di stress estremo come quelli che possono avvenire nella pratica agonistica possono essere poi un fattore precipitante. Non sono mai l’unica causa, sia chiaro – afferma Mendolicchio. 

Ogliari: "Lo sport è per tutti, l'agonismo non è detto che sia per tutti"

Lo conferma la professoressa Ogliari: “Quando parliamo di disturbi del comportamento alimentare (DCA) e quindi di rapporto con il cibo e con il corpo, parliamo di malattie molto complesse e multifattoriali. Esistono dei fattori che sono predisponenti, precipitanti e dei fattori che in qualche modo permettono al disturbo di perpetuarsi. Lo sport è solo un piccolo pezzo di tutto questo. Spiega solo una parte delle fatiche dei disturbi del comportamento alimentare. Ci sono sport idealmente più a rischio. Sono quelli che hanno a che vedere con l’immagine del corpo e di se, e quindi con la ricerca di un corpo che sia adatto e adattabile ad una prestazione sportiva fatta in un certo modo. Lo sport è per tutti, l’agonismo non è detto che sia per tutti per cui è necessario pensare in modo diverso alla modalità di allenare, una modalità inclusiva che faccia appassionare i ragazzi allo sport e ai benefici dello sport. Poi da lì ci saranno delle persone più adatte all’agonismo, che può essere ulteriore fonte di crescita e non solo di difficoltà.”

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Gli effetti della pandemia 

Negli ultimi mesi c’è un aumento dei casi di insorgenza di DCA (circa il 30%), è ipotizzabile che sia intervenuto un ulteriore fattore precipitante. Ancora il dottor Mendolicchio: “La pandemia ha avuto certamente un impatto notevole. I ragazzi hanno sofferto molto per il ritiro sociale, l’incertezza delle regole. L’aumento dei casi è significativo. Non si può fare ancora una valutazione per capire se queste persone vengono anche da una pratica sportiva agonistica. In generale, comunque, possiamo valutare un 20-25% di casi nella nostra struttura di persone che hanno anche fatto sport agonistico.” “La ginnastica ad alti livelli rimane uno sport duro – ci ricorda Elena Ghiselli. Ritengo che non si possano allenare tutte le atlete con delle carezze, qualcuna andrà presa in un modo, altre in un altro modo. Un tecnico dovrebbe essere preparato anche dal punto di vista della comunicazione, conoscere quali sono i limiti entro cui stare. E soprattutto cercare di capire quali sono le fragilità di una bambina che può passare poi all’agonistica, in modo da poterla allenare in modo corretto.”

Prevenzione e formazione

“Fare prevenzione vuol dire insegnare ad atleti, genitori e allenatori quali possono essere i segnali che dobbiamo cogliere – conferma Anna Ogliari. “Ogni volta che siamo di fronte a dei dimagrimenti importanti ne risentono cervello, muscoli e tutti gli organi. Andiamo incontro ad un rischio importante nella salute del soggetto e ad una difficoltà a mantenere una prestazione adeguata alle aspettative dell’atleta.

La conoscenza dei disturbi del comportamento alimentare e delle modificazioni della psiche in adolescenza sono da condividere con gli allenatori. Auspico che ci possano essere dei programmi di prevenzione che vengano inseriti nei progetti di formazione dei futuri allenatori.”

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Sport come medicina

Torniamo dal dottor Mendolicchio: “Anoressia e bulimia sono malattie pericolose. Uscirne costa fatica, impegno e denaro. Sottrae risorse psicofisiche a soggetti che potrebbero o dovrebbero dedicarle ad altro e che invece sono in lotta con se stessi. Il periodo medio di cura è intorno ai 5 anni.” Tutto questo non deve farci dimenticare che la pratica sportiva, in generale e anche in casi come questi, può essere la soluzione e non il problema. Ecco come conclude Leonardo Mendolicchio: “Lo sport dovrebbe essere un tentativo riabilitativo, una delle prime medicine. Ho giocato a pallavolo, mi ha insegnato il rispetto delle dinamiche di squadra, il rispetto dell’avversario. Sono contento di aver avuto questa formazione. Mio figlio fa sport, tennis nel suo caso. Dobbiamo mantenere una dimensione di gioco e divertimento e non di performance a tutti i costi. C’è troppa aggressività e prevaricazione in chi fa sport, anche da parte delle loro famiglie.” Proprio le famiglie hanno un ruolo fondamentale. Ed ora sono probabilmente preoccupate per le recenti notizie di cronaca. “Iscriverei serenamente una ragazza in palestra proprio perché è venuto fuori questo problema – dice la dottoressa Ghiselli. Se ne parla, si aggiustano le cose, si capisce dove si è sbagliato, si correggono alcuni insegnamenti, ma la ginnastica rimane uno sport estremamente formativo”. “Ho iscritto mia figlia al mio stesso sport e ho lasciato che continuasse – conferma la professoressa Ogliari. Quindi si, iscriverei mia figlia ad un corso di ginnastica, presterei molta attenzione a quello che accade, come ogni genitore farebbe, cercando di essere parte del processo di crescita di mia figlia".