Que viva el padel! Perché il P1 di Milano è stato un successo più grande del previsto

Un’edizione da record non poteva che chiudersi con una finale da record. Con una partita, anzi un risultato, mai visto prima nella storia, pur recente, del padel mondiale, soprattutto quello targato Premier Padel. I campionissimi, gli invincibili, la coppia che ha egemonizzato lo sport della pala negli ultimi due anni, che ha fatto dimenticare i numeri da favola dei Galacticos Lebron-Galan, ovvero i numeri uno al mondo, Coello-Tapia, battuti come mai era successo prima loro, proprio da quel Galan che insieme al fido Chingotto ha cercato, il più delle volte vanamente, di incrinare le loro certezze in questa stagione. Nove precedenti nel solo 2025, 7-2 per i numeri uno, sino alla storica finale, poiché appunto da record, dell’edizione milanese del P1, terminata in tre set ma con un parziale che mai prima Coello e Tapia avevano subito, quello del terzo parziale: un 6-0 netto e roboante. Della serie, sono umani anche loro. E si possono battere. Questioni di tifo a parte, certamente un bene per uno sport che in Italia continua ad attirare spettatori ma che ha bisogno, per forza di cose, di alternare più coppie vincenti possibili per non scadere in un monopolio di talento che rafforza la leggenda di una ‘pareja’ mai vista prima, ma allo stesso tempo conduce verso una monotonia che alla lunga non può far bene al movimento. Tapia e Coello sono magnifici, la migliore espressione di quel mix di talento fisicità e mentalità che fanno vincere partite e tornei, ma c’è bisogno di una coppia che sappia tenergli testa per mantenere vivo il pathos di una stagione che alla lunga potrebbe risultare monotona. Quest’anno è successo raramente, per l’appunto due volte su nove nelle sfide dirette prima di Milano, e anche all’Allianz sembrava tutto apparecchiato per l’ennesimo finale vincente dei numeri uno. Soprattutto dopo un primo set dominato, vinto 6-2, durante il quale Galan e Chingotto avevano dato la sensazione di non capire come riuscire a spezzare il solito ritmo forsennato, tutto corse in avanti ad aggredire la rete, che gli avversari stavano imponendo alla gara. Sembravano anche frustrati i ChinGalan, soprattutto Alejandro, costretti nel loro destino di eterni secondi, anche questa volta in un angolo a guardare gli avversari sollevare il trofeo. E, invece, no. Questa volta no. Forse anche perché si giocava in Italia, paese che più di altri porta bene a Galan , sicuramente perché Tapia e Coello sono piano piano spariti dal campo, come se la partita gli fosse scivolata tra le mani, e allo stesso tempo Galan e Chingo hanno cambiato ritmo e capito cosa dovevano fare, aiutati da un pubblico che ha sempre dimostrato in questi giorni di avere tanta voglia di padel e che quindi li ha sostenuti durante il secondo set. Come sia stato possibile che, una volta perso il secondo, Tapia e Coello nel terzo non siano riusciti a conquistare nemmeno un game rientra nella magica imponderabilità dello sport, che sempre tutto conferma e tutto smentisce, e alla fine sarebbe quasi inutile provare a spiegarlo in questa sede. È una questione che rientra nelle pieghe del pensiero, nelle dinamiche del cervello, nei meccanismi di una testa che, forse appesantita dai tanti trionfi stagionali, ha smesso di computare nel modo giusto, li ha traditi per una volta, consegnando alla storia di questo sport una finale il cui epilogo nessuno dei presenti all’Allianz, dopo i primi 30’ minuti, sarebbe stato in grado di prevedere. Nemmeno Panatta, la coppia Fognini-Pennetta o Paulo Dybala , alcune delle eccellenze sportive accorse all’impianto milanese durante la settimana e nel weekend specialmente. Perché in fondo il Premier Padel milanese, quello che forse non avete visto, è stato anche questo, jet-set e celebrità, tanta voglia di vedere e farsi vedere, tutti insieme sotto un palazzetto che non avrà il fascino del Foro Italico, dove si gioca l’edizione romana del Premier Padel, ma certamente contribuisce a creare quel clima di comunità che è alla base anche dello sviluppo non agonistico del padel in Italia. Stare insieme, parlare e capire uno stesso linguaggio , immedesimarsi nei colpi che si vedono in campo, familiarizzare con atleti che il resto del mondo probabilmente non conosce, affermarsi in quanto se stessi, spettatori e giocatori allo stesso tempo. Ma è anche e soprattutto il senso di famiglia che questo sport crea, la semplicità e la disponibilità dei giocatori, che sono stelle senza esserlo o pretendere di esserlo, ragazzi fenomenali in campo ma altrettanto semplici fuori, sempre disponibili a firmare autografi e concedersi per una foto, che puoi trovare seduti in disparte in un angolo a chattare al telefono in attesa, come un adolescente qualsiasi, di ricevere il premio per la finale appena vinta. Ragazzi e ragazze che escono dal campo e stringono la mano a tutti, che si mandano cuori attraverso gli avversari come Augsburger e Di Nenno pochi attimi prima della semifinale, che si concedono per lunghe interviste dopo una sconfitta come successo nel nostro caso con Flavio Abbate, che si scaldano ballando al ritmo delle note del dj, che vanno via arrabbiati dopo una finale persa ma rientrano poco dopo in campo per continuare ad alimentare quel flusso d’amore col pubblico che, in fondo, come scriveva qualcuno, tiene in piedi tutte le cose e dunque anche la vita del padel. Perché, alla fine, è soprattutto per questo, dulcis in fundo, che quella milanese è stata un’edizione da record. Per l’energia che il pubblico ha messo dentro il palazzetto, per la favolosa cornice che ha accompagnato nella loro avventura milanese i più forti giocatori del mondo: 35.500 presenze, più 10% rispetto all’edizione 2024, anche grazie allo spostamento a ottobre di un torneo giunto alla quarta edizione ma giocato per la prima volta non nella settimana di sant’Ambrogio per lungimirante volontà del presidente della Fip Luigi Carraro e splendidamente organizzato da NSA Group. Anticipare per incrementare, quasi come fossimo in campo dove arrivare prima sulla palla significa aumentare le possibilità di vincere lo scambio, alla ricerca di soddisfare una voglia di padel che gli spettatori milanesi hanno confermato vivissima e che giustamente la Federazione vuole continuare ad alimentare. E allora, que viva el padel!

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Que viva el padel! Perché il P1 di Milano è stato un successo più grande del previsto

Michele Mastrogiacomo