La Camera vota all’unanimità: il Governo si impegni a favore di Alex Schwazer

Atletica
Lia Capizzi

Lia Capizzi

Una presa di posizione bipartisan forte, un unicum. Un'ingerenza politica nello sport? La vicenda Schwazer ha travalicato i confini sportivi e rischia di diventare un caso diplomatico. L’obiettivo dei deputati è un Paese che pensa alle garanzie dei suoi atleti. Quando vengono messe in discussione si dovrebbe tacere? Schwazer farà ricorso al Tribunale Svizzero per la sospensione della squalifica: prima di ipotizzare, eventualmente, una partecipazione a Tokyo l'altoatesino deve conquistare in gara il pass olimpico

Alla Camera dei Deputati è stata approvata all'unanimità, alla presenza del Sottosegretario allo Sport Valentina Vezzali presente alla seduta della Commissione Cultura e Sport, la risoluzione in favore di Alex Schwazer. Si tratta di una presa di posizione forte da parte di tutte le forze politiche che chiedono al Governo di adottare iniziative per verificare la possibile partecipazione dell'ex azzurro della marcia alle Olimpiadi di Tokyo, "nel rispetto dell'autonomia dell'ordinamento sportivo", sottolinea il testo. Un documento bipartisan che rappresenta un unicum nella storia, si chiede agli organi sportivi internazionali di prendere in considerazione la sentenza del Tribunale di Bolzano (giustizia ordinaria) dalla quale Schwazer è uscito innocente.

Il 18 febbraio l'archiviazione a Bolzano

Lo scorso 18 febbraio il Gip di Bolzano Walter Pelino aveva disposto l’archiviazione dell’ex azzurro della marcia. Il giudice ha ritenuto che i campioni di urina, prelevati nel controllo antidoping dell’1 gennaio 2016, siano stati alterati allo scopo di farli risultare positivi. Questa la conclusione racchiusa in una ordinanza di 87 pagine dai toni durissimi contro la Wada (Agenzia Mondiale Antidoping) e la World Athletics (Federazione Internazionale di Atletica) ipotizzando nei loro confronti i reati di falso ideologico, frode processuale e diffamazione. “Wada e Iaaf (il nome fino al 2019 dell’attuale World Athletics) operano in maniera totalmente autoreferenziale, non tollerano controlli dall'esterno e sono pronte ad impedirlo al punto da produrre dichiarazioni false e da porre in atto frodi processuali. Una macchina del fango pronta a tutto e che non si fa scrupolo di nulla”. Nell’ordinanza il giudice Pelino analizza con meticolosità le incongruenze della vicenda, l’ostracismo e la scarsa collaborazione del Laboratorio Antidoping di Colonia (considerato una vera eccellenza tra tutti i laboratori accreditati Wada), della stessa Wada e della Federazione Internazionale di Atletica, i punti oscuri e le troppe stranezze, i sospetti di un reale complotto sono stati avvalorati dalle tre perizie affidate ad uno dei più qualificati esperti in materia, il Colonnello Giampietro Lago, comandante dei RIS (Reparto Investigazioni Scientifiche dei Carabinieri) di Parma. 

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La ricostruzione

Per la giustizia sportiva Schwazer resta squalificato fino al 9 agosto del 2024 in virtù degli 8 anni inflittagli dal TAS nell’agosto del 2016, un processo con un dibattimento di 4 ore tenutosi a Rio de Janeiro nella succursale olimpica del Tribunale di Arbitrato dello Sport di Losanna.  Per il 36enne altoatesino scattò la sanzione massima – 8 anni, appunto- perchè considerato recidivo essendo al suo secondo caso di positività. Il primo, ampiamente ammesso (positivo all’eritropoietina) fu quello riscontrato alla vigilia delle Olimpiadi di Londra 2012 con la conseguente squalifica di 3 anni e 9 mesi (e in sede penale patteggiò 8 mesi con pena pecuniaria di seimila euro).  Il 29 aprile del 2016 termina la “prima” squalifica per doping e Schwazer può tornare ad essere una atleta, a scrivere una nuova pagina di quella che avrebbe potuto essere una straordinaria storia di redenzione e che invece si è trasformata in un giallo internazionale. Torniamo per un istante alla primavera del 2016: Schwazer da circa un anno (aprile 2015)  ha deciso di affidarsi a Sandro Donati l’allenatore considerato il paladino della lotta al doping che all’inizio non ne vuole proprio sapere di sporcarsi le mani con uno che ha barato. Alex insiste, vuole dimostrare al mondo che si può vincere senza doping, è precipitato nell’abisso, ha perso i gradi perchè dopo lo scandalo doping si è dovuto dimettere dal gruppo sportivo dei Carabinieri, ha dato fondo ai suoi risparmi per le difese legali, ma è determinato, accetta di trasferirsi a Roma in un albergo a due stelle, di sottoporsi a controlli aggiuntivi ogni venerdì mattina all’Ospedale San Giovanni di Roma, in aggiunta ai controlli ufficiali. Tutto questo per dimostrare a Donati la bontà delle proprie intenzioni. Il rapporto tra i due muta, la diffidenza iniziale del maestro di sport diventa una fiducia granitica nel nuovo allievo. Schwazer torna in gara l’8 maggio 2016, un ritorno con i fuochi d’artificio, domina la 50 Km di marcia di Mondiali a squadre di Roma con un tempo incredibile (3h 39’) e con la gioia di aver conquistato il pass per i Giochi di Rio.  Ma dietro l’angolo c’è la batosta del 22 giugno 2016 quando arriva la comunicazione: l’atleta Schwazer è risultato positivo ad un controllo a sorpresa effettuato il primo gennaio 2016 a Vipiteno, quantità fuori norma di steroidi. Ci risiamo. Ci è ricascato. E’ un imbroglione, è un bipolare, le principali accuse dell’opinione pubblica e del mondo sportivo contro di lui, di fatto è una stangata per tutto lo sport italiano. “Sono innocente, è un complotto, non è vero”, le prime parole che Alex grida a squarciagola, ma sono urla nel vuoto, non gli crede quasi nessuno, solo in pochi continuano a stargli vicino. Dopo quasi cinque anni di battaglia processuale si arriva ai giorni nostri, con i dettagli che tutti oramai conoscono.

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Ora il ricorso in Svizzera

Che senso ha, adesso, questa risoluzione approvata all’unanimità in Commissione Cultura alla Camera dei Deputati? E’ una ingerenza della politica nello sport? Ma come, non abbiamo sempre professato il principio e l’obbligo di autonomia dello sport?  Proprio in quest’ottica erano arrivate nei giorni scorsi le reazioni sdegnate del numero uno dell’atletica mondiale Lord Sebastian Coe, un ammonimento (dai toni quasi minacciosi) rivolto al presidente del Coni Giovanni Malagò e al neo presidente della Fidal Stefano Mei che avevano avuto l’ardire di sottolineare l’assoluzione di Schwazer al Tribunale di Bolzano. “Respingiamo risolutamente qualsiasi tentativo da parte dell’atleta o di qualsiasi individuo associato all’atleta di indebolire o cercare di annullare la sentenza finale del TAS. L’Athletics Integrity Unit e il World Athletics sono assolutamente fedeli alla posizione che hanno assunto. Non voglio che l’Italia stia dalla parte sbagliata della storia. Non voglio che l’atletica leggera italiana, visto lo straordinario contributo che ha dato allo sport, possa essere contaminata. È stato un giudizio basato su quelle che possono essere meglio descritte come teorie di manipolazione inverosimili”. Ecco che qui entra in campo la politica, perché se il capo dell’atletica del globo definisce “teoria inverosimile” il dispositivo della sentenza di un Tribunale italiano, la materia dovrebbe diventare una questione di pertinenza del Ministero della Giustizia. L’intera vicenda ha travalicato qualsiasi confine sportivo, c’è il rischio che diventi un delicato caso diplomatico. C’è poi una scomoda verità, diciamola tutta, nessuna delle parti di questa vicenda ha un passato immacolato. Schwazer è stato un ex dopato ma pure la Federazione Internazionale di Atletica dal 1999 al 2015 ha avuto come Presidente quel Lamine Diack che è stato condannato a 4 anni di carcere, di cui 2 sospesi, colpevole di corruzione, riciclaggio e insabbiamento: insabbiava di proposito i casi di doping, soprattutto di atleti russi, usava l’arma del ricatto, per il suo silenzio intascava onerose mazzette. Non siamo in Inghilterra, dove i tabloid britannici da anni rivolgono a Sebastian Coe la solita domanda: ma lei che era il vicepresidente di Diack possibile che non sapesse nulla? No. Per noi Sebastian Coe resta una leggenda del mezzofondo e un autorevole dirigente sportivo, ne apprezziamo pure la tante iniziative per svecchiare l’atletica e renderla più appetibile per il grande pubblico, ma abbiamo anche, adesso, abbastanza elementi per poter chiedere delucidazioni sul caso Schwazer. I 45 deputati che compongono la Commissione Istruzione Cultura e Sport della Camera hanno presentato, e approvato all’unanimità, un documento che non vuole commissariare la giustizia sportiva. L’obiettivo dichiarato è quello di rappresentare un Paese che pensa alle garanzie dei suoi atleti. Nel momento in cui le garanzie vengono messe in discussione, cosa si dovrebbe fare, forse tacere? Non si tratta nemmeno di “far disputare le Olimpiadi a Schwazer”, questa stessa frase di qualche deputato è di per sé una imprecisione. Perché ancor prima di partecipare, eventualmente, ai Giochi di Tokyo, il 36enne altoatesino dovrebbe ottenere obbligatoriamente la qualificazione olimpica sul campo. Il ricorso d’urgenza che il team legale presenterà a breve al Tribunale Federale Svizzero (contro la squalifica del TAS) conterrà proprio la richiesta di una sospensiva della squalifica, Schwazer ha bisogno di tornare a gareggiare per poter conseguire il tempo limite e conquistare il pass olimpico. Il tempo scarseggia, mancano tre mesi a Tokyo, l’appello di Alex si basa proprio sulla necessità di arrivare ad una decisione entro una determinata data, altrimenti sarebbe troppo tardi per potersi qualificare. Al Tribunale Federale Svizzero, quindi, la prossima parola.